Due amici: recensione dell’opera prima di Louis Garrel
La recensione dell'opera prima di Louis Garrel, Due amici (2015), distribuita sulla scia del successo de L'uomo fedele. Nel cast, oltre a Garrel anche l'ex compagna Golshifteh Farahani
In sala dal 4 luglio 2019, Due amici, opera prima di Louis Garrel liberamente ispirata a Les caprices de Marianne di Alfred de Musset, è uno studio su precarietà e ineluttabile esclusività dell’amore.
Mona (Golshifteh Farahani) è una giovane donna senza passato e, forse, senza futuro. Di lei non sappiamo da dove viene né cosa ha fatto per meritarsi di vivere in un regime di semilibertà: di giorno serve torte al limone e panini in un bar di Gare du Nord; di notte torna in carcere. Di lei, bellissima e tutta presa dai suoi problemi, si innamora Clément (Vincent Macaigne), un uomo ai margini della società, candido, stralunato e romantico. Ostinatosi, non senza una certa goffaggine, a vincere la ritrosia della sua amata che lo rifiuta e sembra preoccupata solo di non perdere il treno dopo il lavoro, chiede consiglio all’intimo amico e sodale Abel (Louis Garrel), un parcheggiatore con velleità di scrittore e una relazione disimpegnata con una ragazzina che fa ancora il liceo. Questo ultimo spinge l’amico a ‘forzare’ la situazione, impedendo a Mona di prendere il treno che deve riportarla in prigione (ma i due amici questo non lo sanno). Le conseguenze del gesto non riguarderanno solo il destino di lei, ma anche l’amicizia fra i due uomini e un sentimento che somiglia molto all’amore.
Due Amici di Garrel, un film del 2015, nelle sale italiane dal 4 luglio 2019
Due amici, opera prima del 2015 di Louis Garrel che segue un precedente esperimento (un mediometraggio del 2011 dal titolo La règle de trois con gli stessi tre attori), viene oggi distribuita nelle sale italiane sull’onda del successo di pubblico e critica dell‘Uomo Fedele, opera seconda che Garrel dirige e interpreta, utilizzando per il suo personaggio lo stesso nome del personaggio interpretato nei Due amici, Abel. Come in questo suo secondo film, anche nel primo Garrel scelse come protagonista femminile la sua compagna di allora, l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, con cui ha diviso la vita quattro anni prima di sposare Laetitia Casta. Nel film, che ha sancito la loro comunione artistica, ma concluso il loro amore, lei, vitalissima e ardente, s’innamora dell’amico sbagliato, ossia l’Abel garrelliano, superficiale, passivo, egoista e, nondimeno, tremendamente affascinante. All’altro, il bruttino sentimentale e dolcissimo, restano solo baci di consolazione e accudimento, come quelli che si riservano a un bambino malato.
Il film è ispirato a una commedia ‘tragica’ di Alfred de Musset
Benché il film, ispirato alla pièce di Alfred de Musset Les caprices de Marianne, possa sembrare un’operetta lieve sul cliché del triangolo amoroso che storicamente ossessiona soprattutto i francesi, è, in verità, uno studio profondo sull’amore (l’amore erotico e l’amore amicale) condotto da una prospettiva rigorosamente maschile. Quello che i due amici, uniti da un legame simbiotico, insieme scoprono non è solo che l’amore non può essere calcolo, ma anche che l’amore non può mai essere triangolare.
C’è un’esclusività crudele in tutti gli amori: quello amicale come quello erotico. La questione che si pone, il dilemma che lacera e rovescia la condizione di quiete precedente all’irruzione della donna, non è mai chi ama o dovrebbe amare lei, ma chi preferisce o dovrebbe preferire lui, se il rapporto di amore (identico nelle dinamiche e nelle meccaniche a quello erotico, pur senza eros) con l’amico o quello con la donna ora scoperta come oggetto di desiderio amoroso. In ogni caso, qualunque scelta si faccia, non vi è spazio per l’elemento dispari. L’amore ha una natura non solo precaria, questo già si sapeva: Louis Garrel ci dice anche, e soprattutto, che l’amore ha una natura ineluttabilmente duale ed escludente senza possibilità di sfumature intermedie. È un dentro o fuori. È un aut aut che non risparmia neanche l’amicizia, e non la colloca in un campionato a parte.
Due Amici di Garrel, uno studio profondo sull’amore, quello amicale come quello erotico
Tormentati ma senza melodramma, ironici nell’angoscia sempre sublimata in una nonchalance nel vivere tutta francese, i due protagonisti maschili fanno esperienza – uno, attraverso l’ideale; l’altro, attraverso il carnale – dell’alterità femminile che allontana dall’amico e specchio, dall’alter ego che riflette e compensa per quel che non si è. Lei, sensuale e veramente bisognosa, sa dare all’ora e al qui una consistenza corporea mentre i due, cerebrali e inetti più per scelta che per reale sventura, si perdono nei loro labirinti visionari e nei loro patemi da maschi che non sanno cosa vogliono. Louis Garrel, regista ‘poetante’, costruisce un piccolo film che non è, poi, così piccolo, ma è ugualmente antico e contemporaneo, testimone della stagione della Nouvelle Vague e futurista nell’intonazione e nell’immagine dalla colorazione spesso violenta e sanguigna, un film che, attraverso la sottrazione e nel disgusto per l’eccesso, celebra la vita e i suoi intrecci imprevisti in una Parigi eternamente dimessa e maestosa, luogo della confusione e della rivelazione per eccellenza.