Echo, Il Delfino: recensione del film Disney+
Nella profondità degli oceani ogni elemento contribuisce all'equilibrio del reef. Echo e i suoi amici ci guidano alla scoperta di questo affascinante mondo.
L’immensità degli oceani tinge di blu la piattaforma Disney+ e lo fa seguendo nel grande mare il delfino di tre anni Echo, ancora dipendente dalla mamma Kumu per la sua sopravvivenza ma pronto ad emanciparsi e a tuffarsi, letteralmente, nell’età adulta. Echo è infatti il protagonista del documentario targato DisneyNature destinato ai più piccoli Echo, Il Delfino, che approda sulla piattaforma per bambini e ragazzi in occasione del Mese della Terra, insieme, tra gli altri, a La Famiglia di Elefanti: entrambi saranno disponibili da domani, 3 aprile.
Echo conduce lo spettatore alla scoperta dell’ecosistema marino immortalato da riprese mozzafiato
Diretto da Keith Scholey – che è anche produttore, insieme ad Alastair Fothergill e Roy Conli, della pellicola – il film dal taglio documentaristico raccoglie in sé elementi che attingono alle opere monumentali della BBC sul mondo della natura ma anche a classici di più antica memoria come Flipper o il più recente Alla ricerca di Nemo. Rispetto a quest’ultimo, però – e forse questa è la vera forza della pellicola -, in Echo, Il Delfino, l’antropomorfizzazione delle creature marine è molto meno marcata. In primo luogo, gli animali non parlano e l’unica voce presente, oltre ai versi delle diverse specie che abitano il mare, è quella narrante di Natalie Portman – Cristiana Capotondi nella versione italiana -, che accompagna l’occhio dello spettatore descrivendo l’inarrestabile flusso della vita sott’acqua. Ma ai delfini e compagni non manca solo la parola: tolti alcuni momenti come “gli abbracci” tra i delfini, le specie marine sono ritratte in modo molto realistico, inclusi gli aspetti più crudi della lotta per la sopravvivenza. Niente di cruento, Echo, Il Delfino è pur sempre un film Disney, ma anche nella pellicola di Keith Scholey i predatori restano predatori e le prede restano prede, senza sconti in nome di una versione più empatica e umanizzata degli animali.
Laggiù, dove ognuno ha un ruolo preciso per mantenere in salute la barriera corallina, nemmeno gli squali fanno più paura
La casa di Echo è l’Oceano Pacifico, una casa sterminata piena di colori e meraviglie ma anche di pericoli, dai quali il delfino sembra irresistibilmente attratto e dai quali mamma Kumu cerca di proteggerlo. Echo è un delfino affettuoso, che ama molto la sua famiglia e non esita a manifestarlo. Ma non è il solo: nel creare contatti fisici tra loro i delfini sono molto simili agli umani e hanno anche “amici” che preferiscono ad altri, spiega la voce narrante. Mentre Kumo è intenta ad insegnare al cucciolo come procacciarsi il cibo e come comportarsi all’interno della comunità, la vita dei fondali scorre sotto gli occhi dello spettatore, che si imbatte in quello che Portman/Capotondi presentano come un vero e proprio carnevale di colori sgargianti e simmetrie ipnotiche: miracoli della natura che non hanno bisogno di alcun tocco disneyano per sembrare più incredibili di quanto già non siano. Tra coralli, pesci pagliaccio, squali tigre, balene, orche, tartarughe marine, pesci pulitori, seppie e quant’altro il mare ha una regola, che vige chiaramente anche in superficie: tutti, nessuno escluso, hanno un ruolo per mantenere viva e in salute la barriera corallina. Inclusi, ad esempio, i temibili squali, i cattivi del cinema e delle favole, una specie che nell’immaginario collettivo è associata all’aggressività al punto che il solo muso dell’animale basta a incutere timore.
Eppure – ed è bello che il film, anche se destinato all’infanzia, lo sottolinei – gli squali non sono diversi da altre specie: fanno solo la loro parte, che il caso ha voluto fosse quella dei predatori, all’interno del reef. Come spiega la voce narrante, “anche se è difficile da credere anche i delfini ricoprono lo stesso ruolo nella barriera corallina”. Delfini che, per quanto siano protagonisti del film, talvolta sembrano esserne soltanto il filo conduttore, per narrare un intero mondo sommerso documentato da DisneyNature da complesse riprese sottomarine delle quali viene offerto qualche scorcio nei titoli di coda. “Il loro mondo è in nostro mondo”, conclude la voce narrante sul finire del film mentre le telecamere ci riportano in superficie e la comunità di delfini gioca tra la schiuma delle onde intorno agli atolli, ricongiungendosi con la terra e chiudendo il cerchio.