Ed Wood: recensione del film di Tim Burton
Ed Wood di Tim Burton, con Johnny Depp e Martin Landau, è l'affettuosa, malinconica e divertente biografia di Edward D.Wood, il "peggior regista della storia del cinema".
Quando nel 1994 realizzò Ed Wood Tim Burton, reduce dai successi dei due Batman e di Edward mani di forbice, era probabilmente nel periodo più florido della sua carriera. Che fosse in un incredibile stato di forma e d’ispirazione è dimostrato anche da questo bio-pic dedicato alla mitica figura del “peggior regista della storia del cinema” – Edward D.Wood Junior, poi entrato nella storia con il nome di Ed Wood. Con questo film, che esprime tutta la poetica dark dell’autore pur rimanendo nel recinto dell’opera biografica, Burton costruisce un ulteriore tassello, estremamente malinconico e allo stesso tempo estremamente divertente, del suo omaggio a quei freak che vivono ai margini della mentalità, delle regole e delle concezioni più comuni e diffuse. Tematica in questo caso rafforzata dal fatto che vengono affrontate le zone d’ombra più oscure e marginali della dorata Mecca del Cinema, nelle quali le illusioni rimangono tali.
Ed Wood: la trama del film ispirato alla vita e alla carriera del “peggior regista di tutti i tempi”
Ed Wood (interpretato da un Johnny Depp anche egli al massimo della forma) è uno squattrinato e poco talentuoso aspirante regista sbarcato a Hollywood. Che il suo talento non sia sopraffino è chiaro fin da subito, quando va in scena lo spezzone di una sua piece teatrale. ll protagonista, inoltre, ha l’abitudine di vestirsi da donna, pur essendo assolutamente eterosessuale. Questa sua passione è il pretesto che gli apre il mondo del cinema; si propone infatti ad uno scalcinato produttore di B-movie per girare un film ispirato alla storia vera di un ragazzo che ha cambiato sesso. Per fare leva sul produttore, sfrutta la sua amicizia con il divo Bela Lugosi (Martin Landau, bravissimo), lo storico Dracula caduto in disgrazia e vittima dell’indigenza e della morfina.
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Il film, Glen or Glenda, viene girato in maniera raffazzonata, con immagini di repertorio usate un po’ a caso, con effetti speciali ben oltre l’artigianato e con la sceneggiatura che è puro pretesto. Sarà un disastro, che però non piega il protagonista, un fiume in piena di idee senza un quattrino per produrle. Accanto a lui e al fidato amico Bela Lugosi si affiancheranno nel corso del film una serie di personaggi stravaganti, infelici, incapaci e vittime di un successo solo immaginato e mai sfiorato: un wrestler più grosso che fisicato, la dark lady “Vampira”, un indovino un po’ cialtrone, un direttore della fotografia daltonico, un impresario omosessuale e una ragazza appena arrivata in città.
Ed proverà in ogni modo di trovare i soldi per girare i suoi film, compreso il farsi produrre dalla Chiesa Battista locale (è il caso del celebre Plan 9 from Outer Space), e ogni volta i risultati saranno pessimi. Nel frattempo, la fondamentale figura di Bela Lugosi, la sua decadenza materiale e interiore, rendeno esplicito il sottofondo più tragico e amaro che caratterizza tra le righe anche i lati e i personaggi più paradossali e immediatamente divertenti della vicenda.
Ed Wood: una malinconica e divertente elegia degli sconfitti
Ed Wood non è quindi solo un omaggio affettuoso che Burton rivolge a uno dei protagonisti simbolo di quel cinema, perlopiù horror e fantastico, che tanto impatto ha avuto nella sua formazione e nel suo immaginario; un tipo di cinema di serie c, omaggiato anche dal successivo Mars Attack, caratterizzato da un approccio genuino e appassionato che, come la rivalutazione successiva in un certo senso dimostra, mette in secondo piano i più che evidenti limiti. Ed Wood è anche in qualche modo un malinconico e partecipato “onore delle armi” per chi è stato sconfitto dai propri sogni e dalle proprie utopie (Ed), dal cinismo e dalla memoria ballerina del mondo del cinema e dalla vacuità della fama (Bela Lugosi) e dalla distanza che separa talento e passione (un po’ tutti, da Ed in giù ed escluso, almeno in parte, Lugosi); oltre ad essere anche una sentita elegia di chi considera la sua marginalità, la sua stravaganza e i suoi scarti dal senso comune punti di forza, nonostante anche questo porti ad un’inevitabile sconfitta.
Ricco di sequenze divertenti e di battute brillanti che sottolineano l’improvvisazione con cui quei film venivano girati e l’arte di arrangiarsi che ne era alla base, Ed Wood è quindi nella sostanza un film amaro, talvolta torvo e in certi momenti quasi dichiaratamente funebre. è la rappresentazione di un gruppo di sconfitti che non vogliono arrendersi a questa consapevolezza, un ritratto più profondo di quanto appaia immediatamente dell’altra faccia di Hollywood, quella in cui sognare può essere pericoloso e in cui gli incubi in cartapesta realizzati da Ed sono solo la rielaborazione più giocosa di incubi e fallimenti quotidiani.
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Il protagonista, visto con affetto e partecipazione pur senza eccessive esaltazioni, è in qualche modo la vittima di un perverso e beffardo ribaltamento dell’American dream, di cui tra le righe viene sottolineata la pericolosità; il protagonista infatti non si arrende e non rinuncia al proprio sogno, non ottenendo nulla in vita, ma acquistando fama e gloria postume e per i motivi opposti a quelli che stimolavano la sua tenacia e il suo orgoglio. Burton, affiancato da un cast in splendida forma in cui il vivace Depp e lo straordinario Landau sono solo i capofila, racconta questo stratificato omaggio/elegia con un’incredibile cura formale. Splendido è il bianco e nero che riecheggia l’estetica del cinema degli anni cinquanta, mentre il talento visivo e la fantasia visionaria del regista, ancora tenute a bada, conquistano e rimangono assolutamente funzionali alla storia raccontata e alle tematiche che la caratterizzano.