El campeón: recensione del film Netflix
La recensione del remake spagnolo che Carlos Therón ha realizzato dello sport-drama Il campione di Leonardo D'Agostini. Dal 12 luglio 2024 su Netflix.
In mancanza di idee, l’industria dell’audiovisivo nostrana e i suoi esponenti sono andati in più di un’occasione a pescarne oltre confine, portando sullo schermo remake di film prodotti da cinematografie straniere, principalmente da quella spagnola e francese. Rare, invece, sono le volte in cui è accaduto il contrario, con plot di pellicole made in Italy che sono stati oggetto di rifacimenti all’estero. Perfetti sconosciuti è uno di questi, con i suoi venticinque adattamenti realizzati alle diverse latitudine che hanno proiettato l’opera di Paolo Genovese nel Guinness dei primati come il film con più remake in assoluto nella storia del cinema. Dal 12 luglio 2024 un’altra storia che ha avuto i suoi natali nel Belpaese è approdata su Netflix, ossia El campeón, la pellicola che Carlos Therón ha tratto da Il campione di Leonardo D’Agostini.
A conti fatti Il campione nella sua interezza resta un gradino sopra rispetto al suo remake spagnolo
La storia, come nella matrice originale, segue l’intemperanza di un giovane calciatore tutto genio e sregolatezza, la cui carriera è minacciata dal suo comportamento indisciplinato dentro e fuori dal rettangolo di gioco. Nella versione iberica il protagonista prende il nome di Diego, maglia numero 7, fenomeno in campo ma aggressivo contro gli avversari e, a volte, contro i compagni. Insomma, il solito ragazzino viziato, borioso e arrogante, scombussolato dai milioni e dalla vittoria. Bisogna trovare una soluzione, bisogna educarlo, accudirlo e accompagnarlo verso il successo. Il Club, allora, ingaggia Alex, professore di psicologia che di calcio non sa nulla, ma che scoprirà la dislessia del ragazzo, inizialmente restio nel prendere lezioni. Tra i due, ca va sans dire, nascerà un’inaspettata amicizia. La struttura architettonica del racconto quindi è rimasta più o meno simile a quella del film del 2019, salvo qualche cambio fisiologico di natura drammaturgica che ha trasportato i protagonisti e l’azione da Roma a Madrid. Dalla compagine giallorossa si è passati quindi a quella dell’Atletico, mentre i personaggi interpretati da Andrea Carpenzano e Stefano Accorsi sono stati presi in carico dal rapper Swit Eme e Dani Rovira. In entrambi i casi, le modifiche apportate in fase di riscrittura dagli sceneggiatori Joan Gual e Joaquín Oristrell e le scelte di casting non hanno alterato il DNA nativo e di riflesso non hanno spostato gli equilibri in maniera sostanziale. C’è da dire però che a conti fatti la versione tricolore nella sua interezza resta un gradino sopra, con il duo italiano di interpreti che a nostro avviso funziona meglio rispetto a quello formato dai colleghi spagnoli, con quest’ultimi che offrono comunque delle buone performance.
Le scene di calcio giocato di El campeón lasciano a desiderare e ricordano quelle di un videogame
Il risultato viene da sé e una copia conforme nella quale si assiste nuovamente a dinamiche classiche di scontro/incontro tra due figure agli antipodi che darà vita a una storia di formazione, di maturazione e di crescita, ma anche di amicizia, talento e consapevolezza rispetto alle proprie capacità umane e professionali. Il tutto osservato tramite la lente del calcio ed enfatizzato dal connubio sempre (o quasi) vincente tra cinema e sport, con il carico annesso di temi, stilemi e archetipi del filone di riferimento. Fortuna loro e nostra, El campeón così come il suo predecessore non ha fatto di questo carico una zavorra e nemmeno ha trasformato gli ingredienti tipici in un minestrone insipido. Da questo punto di vista il film del regista di Salamanca, che tra piccolo e grande schermo non ha fin qui mai brillato particolarmente, ha fatto tesoro del lavoro precedente di D’Agostini e delle sue compagne di scrittura Giulia Louise Steigerwalt e Antonella Lattanzi. Therón e i suoi collaboratori hanno quindi potuto contare su delle buone basi drammaturgiche. Dove invece il cineasta spagnolo ha perso terreno è nella messa in quadro. Quando la macchina da presa si sposta infatti sul campo o sugli spalti dello stadio, le scene di calcio giocato presentano dei grandissimi limiti tecnici con un utilizzo del green screen davvero pessimo che lascia davvero a desiderare, tanto da arrivare a far rimpiangere addirittura le sequenze videoludiche viste in Goal!. In tal senso, quelle de Il campione sono decisamente più credibili.
El campeón: valutazione e conclusione
Lo spagnolo Carlos Therón realizza il remake de Il campione di Leonardo D’Agostini, spostando l’azione dalla Capitale e dalla squadra giallorossa a Madrid e all’Atletico. La sostanza non cambia, con la struttura narrativa che viene replicata in maniera più o meno fedele. Il ché garantisce al rifacimento una buona base per riportare sullo schermo in salsa iberica la storia originale e il romanzo di formazione letto attraverso la lente del calcio. Cambiano anche gli interpreti, con Swit Eme e Dani Rovira che sostituiscono i colleghi Andrea Carpenzano e Stefano Accorsi senza farli rimpiangere più di tanto. Dove invece El campeón lascia molto a desiderare è nelle scene di calcio giocato, con un utilizzo pessimo del green screen che dà vita ad azioni che somigliano a quelle di un videogame come già accaduto a suo tempo in Goal!. Chi è alla ricerca di uno sport-movie calcistico deve dunque astenersi dalla visione.