El ladrón de perros (Ladro di cani): recensione del film di Vinko Tomičić
Ruba dalla realtà per traslare la refurtiva in un sogno d’adozione. La vicenda raccontata nel film El ladrón de perros (Ladro di cani), la seconda opera del regista cileno Vinko Tomičić Salinas, ci ha colpito per l’atteggiamento solenne del suo protagonista Martin: un ragazzino di tredici anni che va alla ricerca della figura paterna, che viene bullizzato dai compagni di scuola mentre sbarca il lunario facendo il lustrascarpe nelle strade di La Paz. Un film coraggioso sull’assenza genitoriale e sulla passione, un lavoro le cui immagini rievocano il Neorealismo italiano e la “Nouvelle Vague” (Martin beve latte, è un po’ il “ragazzo selvaggio” di Vinko Tomičić ed ogni azione di Novoa diviene motivo di apprendimento, con la rispettiva ricompensa). Il film drammatico, già presentato al Tribeca Film Festival a New York e al Giffoni Film Festival, arriva al cinema dal 29 settembre 2024.
El ladrón de perros (Ladro di cani): nella trama c’è un figlio di nessuno, cresciuto nella povertà a La Paz, in cerca dell’abbraccio del padre
Per riprodurre la realtà la cinepresa segue il protagonista nel long take ma anche con inquadrature dall’alto, pochi dialoghi e sfondi vivaci- nelle tonalità di rosso e verde (immagini che sembrano quasi pubblicità natalizie e rinviano all’annuncio creato nel film, per trovare il cane smarrito). In una delle scene iniziali vediamo il personaggio principale ripreso in campo lungo con uno zoom-out che lo mostra sempre più minuto fra la gente; lo sguardo del regista è rivolto verso l’azione di Martin (Franklin Aro Huasco) che cammina tanto per raggiungere il punto in cui lavora duramente, tanto per suonare in una banda, o mentre trascorrere i pomeriggi negli sfasciacarrozze – sdraiato a prendere il sole sui resti delle automobili. Un giorno decide di rubare il pastore tedesco del signor Novoa (Alfredo Castro), un suo cliente che si fa lucidare le scarpe. Martin crede che Novoa possa essere suo padre, perché la madre del ragazzo aveva lavorato in passato nella sartoria dell’uomo. Il giovane orfano “aiuta” Novoa a ritrovare il cane, servendosi di quest’opportunità per trascorrere del tempo con lui. Intanto non riceve cure da nessuno (a esclusione di Gladys che è un’amica della madre morta, una figura purtroppo marginale).
Un film coraggioso sull’assenza genitoriale e sulla passione
Martin è uno dei ‘sciuscià’ boliviani che lucidano scarpe indossando dei passamontagna per nascondere la propria identità in un film che indaga le risposte di un giovane alle prese non solo con una società permeata da pregiudizi e stereotipi, indisponibile-assente, ma anche con un sogno e col destino. El ladrón de perros (Ladro di cani) colpisce non tanto per la questione del realismo – attinge al cinema neorealista ma anche a pellicole più recenti – o per la presentazione di una città come La Paz povera e ineffabile, ma soprattutto per l’accenno al più interessante tema delle adozioni complesse (ad esempio la problematica delle adozione di bimbi in età avanzata) e per le tematiche del Cinema Novo brasiliano come la frantumazione dei valori e la crisi di identità del singolo.
El ladrón de perros (Ladro di cani): valutazione e conclusione
Il discepolo chiede al maestro se i sogni si realizzano, il secondo risponde che tale circostanza alle volte si verifica. Ci toccano la recitazione austera drammatica essenziale di Castro e del magnifico esordiente Franklin Aro Huasco; analogamente, la sensibilità di Vinko Tomičić, il racconto – in un preciso registro – di una storia di sopravvivenza e di speranza. In sintesi El ladrón de perros (Ladro di cani) è un’opera sull’assenza genitoriale tout court, sull’orfanilità. Il regista è riuscito a rappresentare, com’era nel suo intento, fino a che punto qualcuno può spingersi per dominare un vortice insopportabile – per capovolgere la situazione se ne ha la possibilità, anche se sa che la sconfitta è la cosa più vicina che lo aspetta (“tentare qualcosa d’impossibile richiede passione, e sono questi soggetti, le persone capaci di far questo che muovono il mondo”, ha dichiarato). A volte i sogni si realizzano e alle volte no, ma è abbagliante la verità scolpita sul volto di questo ragazzino, stupisce il fatto che Martin per tutta la durata del film “non trovi abbastanza coraggio” per abbandonarsi al pianto.