El páramo – Terrore invisibile: recensione dell’horror Netflix
Netflix sceglie il giorno dell’Epifania 2022 per rilasciare l’horror diretto da David Casademunt, in cui una creatura terrificante mette a dura prova il legame che unisce una madre e un figlio nella Spagna martoriata dalla guerra del XIX° Secolo.
L’Epifania tutte le feste si porta via, ma non interrompe le uscite settimanali di Netflix, che ha scelto il 6 gennaio 2022 per il rilascio di El páramo – Terrore invisibile, il cui titolo toglie immediatamente qualsiasi dubbio sul genere al quale la pellicola in questione appartiene, ossia l’horror. L’esordio dietro la macchina da presa di David Casademunt, presentata in anteprima all’ultima edizione del Festival di Sitges, riavvolge le lancette dell’orologio per riportarci nella Spagna del XIX° secolo, segnata da guerre, orrori, sangue e violenza. Per allontanarsi dalla società civile e portare avanti un’esistenza pacifica, una famiglia decide di andare a vivere in un ranch isolato situato su un altopiano, dove non c’è di fatto alcuna presenza oltre la loro. Tutto sembra scorrere con serenità, una creatura misteriosa e terrificante comincia a infestare la zona, sconvolgendo gli equilibri faticosamente raggiunti da Lucía e dal figlio undicenne Diego, nel frattempo rimasti soli in balia dell’entità a causa della scomparsa dell’uomo di casa, che non ha fatto più ritorno dopo essere partito in cerca di aiuto.
Al centro di El páramo – Terrore invisibile le disavventure di una famiglia alle prese con una creature che si ciba delle paure umane
La leggenda vuole che la creatura sia una bestia che, una volta vista, finisce per impadronirsi delle persone, nutrendosi delle loro debolezze fino ad annientarle. Il ché lascia intuire che è su quelle emozioni e su come i protagonisti proveranno a fronteggiarle che si giocherà una battaglia al contempo fisica e mentale. Il legame forte tra la madre e il figlio, interpretati con molta credibilità da Inma Cuesta e dal promettente Asier Flores, verrà messo a dura prova da un mostro che si insinua velocemente nelle teste, provocando incubi ad occhi aperti sempre più terrificanti. In tal senso, El páramo affronta le paure degli esseri umani con antagonisti spesso invisibili nati a loro volta dalla mente dei protagonisti stessi. A quel punto la soglia tra reale, immaginifico e onirico si azzera totalmente, impedendo tanto ai personaggi quanto agli spettatori di capire quando si è passati da una sfera a un’altra. Questo è senza dubbio il punto di forza del film firmato dal regista blaugrana, un horror metafisico che punta principalmente sulla componente psicologica, piuttosto che sui meccanismi classici del jumpscare. La scrittura e la messa in quadro, infatti, giocano sulle atmosfere, sull’alternanza buio e luce, ma anche su quella tra le distese senza fine dell’altopiano e gli spazi ridotti della casa, che alimentano nei diretti interessanti e nel fruitore malessere, ansia e insofferenza.
In El páramo – Terrore invisibile l’orrore è filtrato attraverso gli occhi e la prospettiva di un bambino
Per perseguire raggiungere tale obiettivo, Casademunt chiama in causa quello che per certi versi assomiglia al classico boogeyman, rievocando quel gioiellino che è il Babadook di Jennifer Kent, incentrato anch’esso sul rapporto tra una madre e il proprio figlio, o il folgorante Under the Shadow dell’iraniano Babak Anvari. El páramo non conquista le stesse vette, ma riesce comunque a ottenere buoni risultati grazie all’efficace costruzione della tensione che latente scorre lungo le vene e le arterie della narrazione per poi deflagrare sullo schermo con una serie di scene di forte impatto: dal tentativo di suicidio all’incubo di Diego con la bambina, passando per la tempesta. Il tutto filtrato e visto attraverso gli occhi e la prospettiva del più piccolo di casa, che aumenta in maniera esponenziale il livello di coinvolgimento del fruitore nei confronti degli eventi che si susseguono.
In El páramo – Terrore invisibile il boogeyman si fonde con l’horror psicologico e con quello Folk
E come se non bastasse l’autore decide di giocarsi un’altra carta, questa decisamente più furba rispetto alla precedente, così da cavalcare l’onda del momento, vale a dire del ritorno prepotente del Folk Horror, un filone tornato in auge di recente grazie a Robert Eggers e ad Ari Aster. Anche in El páramo si gioca la carta del folklore e dei racconti popolari come fonte dalla quale attingere e far sgorgare orrore e terrore. Pure in questo caso gli esiti non sono gli stessi offerti dai colleghi statunitensi con opere come The Witch e Midsommar, ma il tenersi a galla facendo leva sull’incontro tra i ricordi personali che il regista di Barcellona ha vissuto da adolescente e le leggende tramandate in Spagna, consente al film di trovare una propria strada, non priva però di qualche ostacolo lungo il cammino. Ostacoli che riguardano soprattutto la ripetitività di alcune situazioni, che accumulano minuti e fanno fare qualche giro a vuoto di troppo al racconto. A differenza della regia che non presenta sbavature, poiché sicura tanto nella direzione degli attori quanto nel confezionamento delle scene (vedi quella delle tende stese), frutto di un approccio decisamente maturo per un esordiente. Per gustare la recitazione consigliamo caldamente la versione originale, perché quella italiana è davvero inascoltabile.