Elena lo sa: recensione del dramma poliziesco Netflix sull’Alzheimer
Un film toccante e complesso sulla malattia e la maternità, un film di donne con performance potenti e una regia livida, abile.
Elena lo sa è un film politico, religioso, complesso. Uno dei titoli Netflix più interessanti del catalogo di novembre, disponibile a partire dal 24 novemebre 2023, pellicola impegnata nel tratteggiare profili psicologici ma anche possibilità dello stumento macchina da presa per creare una cinemaotografia diversa, sperimentale. Un titolo coraggioso, trasposizione di un libro altrettanto tortuoso e profondo, che affonda le sue unghie in una critica sociale senza pietà, dipinto di una società che aborrisce il diverso, il malato.
Il titolo adattato dalla regista Anahí Bernerie è l’omonimo romanzo di Claudia Piñeiro, capolavoro della letteratura ispanica vincitore del Book Prize nel 2002. Una storia che interseca con abilità il dramma familiare, il poliziesco, lo studio psicologico e la narrazione visiva di una malattia degenerativa. La Bernerie fa scuola su come portare la pagina scritta sullo schermo, raccontando una storia difficile e dolorosa con sobria intensità, lasciando nello spettatore una dura malinconia.
Elena lo sa è una trasposizione abile e dolorosa, una commistione di generi che li disrugge per creare una nuova forma
Elena lo sa è un doloroso, acuto ritratto della società contemporanea, un racconto di malattia psicofisica, di alterità ed emarginazione, di istituzioni inutili che – scevre del loro significato simbolico – restano nude e vuote. La protagonista del film è la 65 Elena, una donna allo stadio terminale di una malattia degerativa terribile, invalidante dal punto di vista fisico, emotivo, psicologico: il morbo di Parkinson. Ma Elena, interpretata da una splendida e cupa Mercedes Morán, nonostante sia costretta dalla sua condizione a camminare con l’aiuto di un bastone, a capo chinato, incapace di incontrare lo sguardo dei suoi interlocutori, si trascina nella sua quotidianità e tra la folla con ostinata determinazione. La sua andatura trascinata è al contempo ostinata, dura come la sua personalità difficile, una corazza di anaffettività che nasconde il buio psicologico.
La pellicola, con la sua fotografia livida, severa, usa il pretesto di una indagine personalissima per scavare nella malattia e nel passato di questa figura femminile atipica, amorale. L’esistenza di Elena viene sconvolta dalla morte di sua figlia Rita Alonso (Érica Rivas), ritrovata senza vita con dei segni sul collo. La polizia apre e chiude il caso con velocità fulminea, bollandolo come suicidio. Ma Elena lo sa, Elena conosce sua figlia – che le fa anche da badante – e non l’avrebbe mai abbadonata. Qualcuno l’ha uccisa e lei scoprirà chi.
Lentamente, mentre Elena arranca per le vie di Buenos Aires e si scontra con la totale indifferenza delle autorità, si delinea la scelta narrativa ed artistica della regista. L’indagine impossibile della protagonista, alla ricerca disperata di una verità irraggiungibile, è un pretesto per studiare da vicino le complessità della sua malattia. Un viaggio nella difficoltà motoria e psichica che si muove nello spazio e nel tempo, ricostruendo la disfunzionalità di un rapporto madre-figlia, ricomponendo un puzzle inaspettato che potrebbe infine rivelare sia la verità sul delitto che offrire una risposta al dilemma di una esistenza spazzata, dolorosa. Elena è senza figlia, senza aiuto e senza Dio, ha perso la fiducia nella politica e nelle istituzioni di ogni genere, il peso della sua vita è tutto sulle sue spalle piegate, che la costringono a guardare a terra, ritracciando i passi del suo cammino passato ma impedendole di incontrare lo sguardo altrui. La donna è segnata, una pària riconoscibile per la sua trasandatezza, l’incuria dei suoi capelli stinti e del suo abbigliamento sciatto oltre che per l’andatura pericolante. Elena impone la sua presenza invisa alla società, guardando ostinatamente a terra, in avanti, dritta per la sua strada. La stessa esistenza della donna è un atto di sfida, un gesto di ribellione nei confronti dell’altro che vorrebbe solo vederla sparire, sparire nella sua malata manifesta.
La regia di Berneri si affida alla naturalezza, alla fusione totale con il punto di vista delle sue protagoniste: si ripiega come il collo e la schiena di Elena, incurvata dal peso della sua esistenza. L’artista ha spiegato in modo intelligente, così come lo ha girato, il suo approccio al film: “Per me, era fondamentale concentrarmi in primis sul legame madre-figlia, qualcosa in cui tutti possono identificarsi”, ha spiegato. Da lì, il femminile viene declinato in altri temi, toccati anche solo di sfuggita. Vediamo sfiorare l’eutanasia, l’aborto, il suicidio. E la Berneri spiega: “A catena, sono poi venuti tutti gli altri temi, già presenti nel romanzo di partenza: occorreva semplicemente trattarli senza enfatizzazione o senza dare l’idea che contenessero dei messaggi da inculcare. Ed è così che si parla anche di scelte, sulla maternità o sulla volontà di vivere, mentre si soffre di una malattia. Ma anche di un’intera generazione di donne che, per affermarsi, hanno dovuto necessariamente diventare forti e spesso disprezzare le altre donne che non trovano o non hanno la loro stessa forza”.
Il libro è portato sullo schermo con eleganza ed intensità, facendo scuola di trasposizione ma anche di regia.
Elena lo sa: conclusione e valutazione
Elena lo sa è una pellicola potente ed emozionante, un finto poliziesco che usa il giallo per raccontare il dolore di una malattia invalidante per il fisico e lo spirito. La splendida Mercedes Morán porta letteralmente il peso dell’intero film sulle sue spalle, arrancando e lottando contro la fisicità menomata e violenta di Elena, vestendosi del suo costume di malata di Parkinson come fosse una seconda pelle.
I temi toccati sono importanti, essenziali, pungenti come gli abili dialoghi riadattati dalla sceneggiatrice Gabriela Larralde. Una pellicola cupa, un limbo umido e sordo scandito dal rumore della pioggia battente e dal rumore delle pillole ingurgitate dalla protagonista (suo unico sollievo dalla sofferenza della malattia), Elena lo sa è scomodo e bellissimo.