Enaiat, l’incredibile storia: recensione del film teatrale di Patrizia Schiavo
L'opera, adattamento del libro Nel mare ci sono i coccodrilli, racconta la storia vera di Enaiatollah Akbari, con tatto, delicatezza, spingendo ad una genuina e intensa riflessione
L’arte spesso non è solamente pura e semplice estetica o intrattenimento ma anche impegno sociale e politico. Non necessariamente il mondo culturale deve prestarsi a riflessioni attuali e moderne sui più svariati argomenti sociali e non, però quando lo fa, è sempre interessante scoprire non solo come è stato trattato l’argomento ma ovviamente anche qual è il mezzo di riferimento. Nel caso di Enaiat, l’incredibile storia, lungometraggio diretto da Patrizia Schiavo ed adattamento del libro Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, il medium filmico si va ad ibridare con il teatro, creando un connubio estremamente affascinante.
L’opera, che trovate disponibile a pagamento a questo link, sul sito di CNT Compagnia Nuovo Teatro (che ha lavorato alla creazione di Enaiat), è un piccola perla, uno di quei film che sfruttano l’artigianalità e i pochi mezzi a disposizione in modo saggio ed efficace, lavorando, in chiave perfettamente teatrale, sulla suggestione delle parole ed evocando con semplicità location esotiche, con soluzioni ingegnose. Al centro del lungometraggio vi è l’avventuroso viaggio reale che ha dovuto affrontare Enaiatollah Akbari, dal suo paese, l’Afghanistan fino in Italia che diventa quindi un pretesto per trattare argomenti tristemente attuali quali la discriminazione politica e religiosa, ma anche l’immigrazione. Ed è il risultato è commovente e toccante, ma andiamo con ordine.
Enaiat, l’incredibile storia: l’astrazione della parola e il valore delle radici culturali
Il piccolo Enaiatollah Akbari, di etnia hazara, vive in un piccolo paesino dell’Afghanistan. Dopo la morte di suo padre durante un assalto di alcuni banditi, la sua vita scivola nell’inferno più nero: la dominazione dei talebani si fa sempre più forte ed è costretto a scappare con la madre fuori dal paese. Giunti in Pakistan, la donna lascia il proprio figlio per tornare dalla sua famiglia e per proteggerlo: inizia quindi una folle e stupefacente Odissea per il ragazzino che infine, dopo ben 8 anni di pellegrinaggio, arriva in Italia, accolto calorosamente dal nostro paese.
Enaiat, l’incredibile storia è un racconto incredibile e senza fiato, capace però di mostrare la propria forza senza necessariamente dover coinvolgere orpelli estetici e tecnici. Ecco che quindi la potenza della parola subisce quasi un processo di astrazione che, se vogliamo, gli dà ancora più valore effettivo, proprio in virtù di “mancanze cinematografiche”. Tale termine non è casuale, in quanto la stessa regista, durante la presentazione del lungometraggio, ha espresso con orgoglio la radice teatrale del progetto, dove l’arte dell’arrangio, dell’improvvisazione e della semplicità sfidano qualsiasi ingente budget hollywoodiano.
Di conseguenza, la dimensione filmica si limita solamente alle inquadrature registiche montate effettivamente come un lungometraggio vero e proprio e in effetti il contenuto non ha praticamente nulla di cinematografico e nemmeno lo vuole avere: è quindi un teatro più incasellato e limitato nell’ottica a pellicola, ma che riesce ad esplorare ogni caratteristica tipica del medium di riferimento. Ciò che emerge fortemente, inoltre, grazie ad una sceneggiatura ed una regia così snelli, è il profondo senso di appartenenza culturale.
Grazie allo sdoppiamento tra Enaiatollah personaggio ed io narrante, infatti, Patrizia Schiavo riesce perfettamente da un lato a mostrare in prima persona le dure vicende che ha dovuto subire il piccolo, dall’altra, con l’escamotage del narratore onnisciente, il film parla al pubblico in maniera diretta e senza filtri, sottolineando in particolar modo le radici etniche del protagonista, utili non solo a comprendere al meglio la sua cultura, ma anche la complessità intrinseca del suo paese natale. I passaggi tra le due realtà differenti appaiono in ogni caso fluidi e per nulla macchinosi, confermando ancora una volta l’egregio lavoro di adattamento non solo del libro, ma anche di questa particolare proposta teatrale-cinematografica.
Enaiat, l’incredibile storia: il potere del teatro
Se quindi, dal punto di vista narrativo e registico Enaiat, l’incredibile storia trova una sua dimensione peculiare, ma affascinante, adottando strategie brillanti senza dover per nulla strafare. Anche lo studio delle location è mirabile e questo è tutto merito della compagnia dietro il progetto, Teatrocittà e di Persico Film, che hanno lavorato duramente per dare l’illusione di essere di fronte a dei set veri e propri. Tra salti su treni in corsa, i rumori di città affollate, zattere in mare aperto vi è tanta varietà con davvero pochi strumenti a disposizione.
Infatti, tutti i luoghi rappresentati all’interno della realizzazione fanno parte di teatri di posa, reinventati con ingegno per l’occasione per simulare movimento, spostamenti, sparatorie, dinamismo e anche tante emozioni. L’aspetto straordinario è che, nonostante non appaia mai un posto definito da dettagli specifici ed elementi caratterizzanti, gli ambienti spogli prendono vita grazie alle luci di scena, dalla musica, dai suoni di accompagnamento e dalle parole dei personaggi. Una filosofia che è stata ugualmente applicata anche per quanto riguarda gli interpreti.
Molti di essi, infatti, interpretano più ruoli mentre altri, in piena filosofia teatrale, sono volutamente fuori dai canoni anagrafici effettivi. Ciò traspare in particolar modo con il protagonista, un piccolo ragazzino che viene interpretato da Antonio De Stefano, sopra i 30 anni e anche se c’è molta differenza d’età, il tutto non appare per nulla forzato, anzi: il potere del teatro, è proprio il caso di dirlo. La bravura dell’artista è innegabile e prorompente così come anche le performance dei comprimari Eugenio Marinelli, Paolo Madonna, Jacopo Mauriello e la stessa Patrizia Schiavo. È evidente che il gruppo ha costruito un legame forte, non solo professionale, ma anche umano e i risultati ci sono tutti.
Sul fronte tematico, è indubbia la volontà di costruire e veicolare un messaggio di respiro internazionale e attuale, privo però di qualsivoglia critica brutale e aggressiva. Il film combatte le discriminazioni, le ingiustizie e la violenza con un alfabeto di pace e serenità, cercando e perseguendo solo giustizia, fuori da ogni contatto politico vero e proprio. Quello che traspare, alla fine, è un contenuto profondamente toccante e commovente che è caratterizzato da una delicatezza rara che è davvero difficile da riscontare in opere d’intrattenimento perché è pregno di quella purezza genuina così tanto agognata ma che non è così semplice da rappresentare.
Enaiat, l’incredibile storia è un’opera atipica che ha gran cuore e un coraggio da vendere: portare infatti avanti un progetto con così tanta passione e dedizione, veicolando, alle scuole al pubblico, un messaggio attuale e urgente con una ricercatezza e una sensibilità da manuale, non è da tutti. Patrizia Schiavo, grazie alla dimensione teatrale del film, non solo configura su schermo un linguaggio diretto ed efficace, ma riesce anche ad esprimere al meglio il potere della narrazione e della parola. Un titolo che parla alle emozioni e ai sentimenti, che ci presenta un racconto incredibile di rinascita, dopo un bieco viaggio all’insegna della violenza e della discriminazione.