End Game: recensione del documentario originale Netflix
La nostra recensione di End Game, documentario originale Netflix incentrato sul tema della fine della vita e sul migliore modo con cui approcciarla
End Game è un documentario originale Netflix del 2018 diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, già vincitori complessivamente di un Oscar per la categoria nel 1990 con Common Threads: Stories from the Quilt. Il documentario è incentrato sul tema del fine vita, e nello specifico sul lavoro svolto dal Dr. BJ Miller e dal suo staff con il Zen Hospice Project, un innovativo approccio ai malati terminali effettuato all’interno di una struttura medica nella Baia di San Francisco.
End Game: l’accettazione della malattia e della morte nel nuovo documentario Netflix
End Game si confronta con quello che è un vero e proprio nervo scoperto per chi ha perso persone care a causa di una malattia incurabile, ovvero il lento ma inesorabile cammino di un malato verso la fine delle proprie sofferenze. La morte aleggia costantemente sul documentario, come l’ultima stazione del lungo e doloroso viaggio dei malati terminali, che le telecamere di Rob Epstein e Jeffrey Friedman riprendono con discrezione e rispetto, ma riuscendo a fare percepire allo spettatore la sensazione di vuoto, rassegnazione e ineluttabilità che accompagna l’eterogeneo gruppo di protagonisti. Nei volti scavati e sconfitti di Mitra, Pat, Bruce, Kym e Thekla scorgiamo tutto il dolore di chi deve staccarsi anzitempo dalla vita e dai propri cari, ma anche qualcosa di più dolce e appagante, che rappresenta il cuore di End Game e dell’intero Zen Hospice Project, ovvero l’accettazione.
Difficile trovare un raggio di luce o almeno un piccolo motivo per andare avanti quando ogni giorno diventa un passo determinante verso la fine dei propri giorni, ma grazie al lavoro di BJ Miller e della sua troupe la malattia viene analizzata con umanità ed empatia insieme ai pazienti, in modo da prepararli nel migliore dei modi alla scelta del momento giusto in cui sospendere le cure palliative, abbracciare per un’ultima volta i propri cari e intraprendere l’ultima tappa del proprio percorso esistenziale.
End Game: un documentario doloroso ma necessario
Spesso su queste pagine ci siamo trovati a criticare film (anche della stessa Netflix) per l’eccessiva durata, spesso infausta per la profondità e per il ritmo della narrazione. Il principale difetto di End Game è invece l’esatto opposto. I circa 40 minuti di girato appaiono come una coperta troppo corta per fare in modo che lo spettatore entri in empatia con i protagonisti e con le loro vite. A differenza di altri documentari incentrati sul tema della morte, come il lacerante The Bridge – Il ponte dei suicidi, proprio nel momento in cui stiamo per affezionarci ai pazienti e al loro percorso, viene a mancare il background necessario a creare un vero e proprio legame con loro. Avremmo voluto conoscere di più sulla loro vita, il loro lavoro, le loro credenze, in modo da avere un quadro più chiaro e intimo delle persone che abbiamo seguito nel corso del loro ultimo viaggio.
Nonostante il pregevole lavoro di sintesi fatto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, a emergere sono soprattutto l’iraniana Mitra, con il suo seguito di parenti in bilico fra fiducia nell’equipe e vana speranza di un miracolo, e lo stesso dottore BJ Miller, che, anche grazie a un’esperienza che lo ha costretto a pesanti limitazioni delle funzionalità delle gambe e di un braccio, entra nel cuore di spettatori e pazienti con il suo particolare approccio alla morte, a metà fra scienza e filosofia zen. Un modo di agire e di pensare da cui imparare e prendere esempio, fulcro di un documentario necessario ma estremamente doloroso da digerire, soprattutto per coloro che stanno vivendo o hanno vissuto la malattia terminale di un proprio caro.
End Game: un viaggio ai confini della vita e della sopportazione
End Game è un breve ma doloroso viaggio ai confini della vita e della sopportazione, dove l’amore per i propri cari e l’attaccamento alla vita si fondono indissolubilmente con la resa nei confronti dell’inevitabile e con la necessità di accettare il più serenamente possibile la conclusione dei nostri giorni. Con una narrazione sobria e rigorosa, totalmente documentaristica e priva di svolazzi autoriali, Rob Epstein e Jeffrey Friedman mettono in scena un documentario di grande umanità e inevitabile malinconia, che avrebbe meritato minutaggio e fondi più ampi.
Gli sguardi dei malati, le lacrime dei parenti e le misurate parole di conforto dei dottori ci si incollano addosso e ci colpiscono nel profondo, mettendoci davanti alla nostra sostanziale inutilità di fronte a quello che è uno dei passaggi più importanti della vita, ovvero la sua conclusione.
End Game è disponibile su Netflix dal 4 maggio.