Eterno visionario: recensione del film di Michele Placido su Pirandello, da Roma FF19
Eterno visionario mostra qualche sbavatura. Cosa aspettarci esattamente dal film di Michele Placido su Luigi Pirandello?
Luigi Pirandello secondo Michele Placido: il risultato è Eterno visionario, un film molto onirico, con cui il regista ci provoca al Festival del cinema di Roma. Siamo ad Amburgo nel dicembre del 1934: lo scrittore e drammaturgo è in partenza per ritirare il Nobel per la letteratura. Ma nessuno dei suoi figli è con lui, né tantomeno la sua musa ispiratrice, Marta Abba. C’è solo Saul Colin (interpretato da Placido), suo agente letterario, con cui Pirandello si confida. E da lì comincia un racconto a ritroso, che alterna scene presenti con il passato, volte ad esplorare il lato più intimo del celebre autore italiano. Ispirandosi alla biografia di Matteo Collura dal titolo Il gioco delle parti, Placido porta sullo schermo un biopic molto ambizioso, in cui l’animo passionale di Luigi Pirandello ha la meglio sulla sua arte.
Eterno visionario: il racconto di un innovatore troppo avanti per la sua epoca
La prima rappresentazione teatrale di Sei personaggi in cerca d’autore fu un fallimento e provocò un certo scalpore. Il pubblico non era pronto a ciò che giudicò come scandalo. I personaggi cercavano una vita propria e chiedevano allo scrittore di portarli sulla scena. Il tono drammatico/grottesco della vicenda trova ampio spazio in Eterno visionario, che tenta di raccontare la maschera pirandelliana attraverso lo stesso Luigi Pirandello, un visionario non compreso per la sua epoca, che ha vissuto trionfi, contestazioni ma anche scandali. Dall’interpretazione di Fabrizio Bentivoglio emerge una figura passionale, fin troppo attaccata alla sua arte, tanto da dimenticarsi della sua stessa famiglia. Il dramma vissuto dentro le mura domestiche, con la moglie malata di mente Antonietta Portulano (interpretata magnificamente da Valeria Bruni Tedeschi) e i tre figli che cercano indipendenza dal focolare domestico, ispirano le opere di Pirandello. Sarà però Marta Abba (Federica Luna Vincenti) ad accendere ancora di più l’animo dello scrittore.
Con la giovane attrice, Pirandello vive un amore assoluto che tuttavia non si concretizza mai. Marta si mette a disposizione dello scrittore e diventa protagonista scenica delle sue opere: da Nostra Dea (che suscita di nuovo scalpore per il bacio tra due donne, ma stavolta il pubblico ne apprezza la linea comica) a Diana e la Tuda.
Eterno visionario ma fino a un certo punto: perché il biopic di Placido è “spento”
Con Eterno visionario, Michele Placido costruisce un biopic molto lineare che non riesce a catturare a pieno la visione del genio innovatore di Luigi Pirandello. Viene il dubbio se si tratti di un film sul drammaturgo, se si voglia raccontare Marta Abbia o il loro rapporto. Il film descrive Pirandello come un uomo che ha dedicato interamente la sua vita al teatro, mettendo i figli – specialmente con Lietta, il cui legame si spezza nel momento in cui lei lascia la casa per sposarsi all’estero – e la famiglia in un angolo: ciò occupa la maggior parte della narrazione, lasciando poco spazio al perché Luigi Pirandello è stato uno degli autori più importanti della letteratura italiana. Manca un maggior approfondimento sul “teatro dello specchio”, quello che rappresentava la vita vera, nuda e cruda, senza l’ipocrisia sociale. Placido preferisce creare un film ambizioso che gioca molto sulle atmosfere oniriche, sulle allusioni (specie nei Sei personaggi in cerca d’autore), provocando il pubblico di allora, ma fino a un certo punto.
Eterno visionario: valutazione e conclusione
Da Eterno visionario emerge una figura “spenta” di Luigi Pirandello. Il regista Michele Placido preferisce dare ampio spazio al drammaturgo intimo e ai suoi tormenti dentro le mura domestiche – dal rapporto con la moglie, ai figli e con la sua musa Marta – piuttosto di spiegare la magia e il genio dietro l’innovazione pirandelliana nel teatro. Il risultato è un racconto da telenovela, in cui il celebre autore Premio Nobel (nonostante il carisma e l’impegno di Bentivoglio) ne esce senza particolari meriti e anche con qualche sbavatura (Pirandello era siciliano, e si nota invece un accento lombardo). Si premia l’interpretazione di Valeria Bruni Tedeschi, che fa suo e prende di petto il ruolo di Antonietta Portulano, rubando la scena a tutti. Protagonista incluso.