Everly: recensione del film con Salma Hayek

Salma Hayek per Joe Lynch diventa un'eroina da action movie, disposta a tutto per salvare la sua famiglia e per sfuggire alla terribile realtà in cui è costretta a vivere da anni.

Non lasciatevi ingannare dall’altisonante cognome del regista dietro la macchina da presa: Joe Lynch non ha nulla a che fare con il David autore dell’universo di Twin Peaks. Non solo per una questione di parentela, ma anche di tipologia di messinscena e filosofia cinematografica. Joe Lynch è un autore muscolare totalmente votato all’action, con una predilezione per le derive orrorifiche. Una carriera che avrebbe potuto esplodere con Wrong Turn 2 (2007) e con Knights of the Badassdom (2012), e invece no: le potenzialità del cinema di Lynch sono rimaste al palo delle mere intenzioni, impantanate in produzioni di serie B e imbrigliate in sceneggiature sciatte e sconclusionate.
La protagonista Salma Hayek, invece, è proprio lei. La sua presenza in Everly potrebbe stupire, ma a ben guardare è una perfetta conseguenza: dopo Le belve (2012) di Oliver Stone, l’attrice messicana è entrata nella fase calante della sua carriera, quella in cui alla volontà di dare una svolta alla propria filmografia non corrisponde una adeguata scelta di ruoli e personaggi. Ed Everly, purtroppo, non fa eccezione.

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Everly: dalle parti del rape & revenge

Se per Rape & Revenge intendiamo un sottogenere formato da passaggi ben identificabili quali l’umiliazione di una ragazza da parte di una banda, la sua inaspettata sopravvivenza e infine la sua spietata vendetta, non c’è dubbio che Everly possa appartenere al suddetto filone. La storia è quella di una prostituta (forse un’agente dell’FBI sotto copertura?) rinchiusa in un bordello di lusso che – dapprima intenzionata a porre fine alla sua vita – decide di massacrare i suoi stupratori e i suoi malfattori, eliminandoli uno ad uno in un bagno di sangue.
In un momento storico in cui (cinematograficamente parlando) l’emancipazione femminile passa attraverso il gender swap (lo slittamento di genere da maschile a femminile di un intero franchise, come accaduto ad esempio con Ghostbusters e con Ocean’s 8) e attraverso l’horror femminista (che ribalta l’irrealistica convenzione del “sesso debole” assegnando alle protagoniste donne ruoli centrali e risolutivi, e potremmo citare The Witch e Raw), Everly cerca di cavalcare l’onda flirtando anche con altre suggestioni. Il kammerspiel, ad esempio, perché tutta la vicenda si svolge all’interno di un appartamento sotto assedio; e lo yakuza film, perché buona parte dei nemici è costituita da sicari appartenenti alla mafia cinese/giapponese.

Everly: pulp, torture porn… e horror vacui

Everly Cinematographe.itQuello che avrebbe potuto essere oggettivamente il punto forte di un’operazione come Everly, ovvero il fatto di essere quasi in toto ambientato in una stanza d’albergo, diventa tuttavia il limite principale di un prodotto che fatica ad arrivare ad un minutaggio decoroso. A risentirne è tutta la struttura del film, a partire dall’interpretazione di Salma Hayek, inadatta a ricoprire un ruolo così plasticamente d’azione e assolutamente non pronta a sostenere le sequenze di stasi e calma apparente in cui dovrebbero emergere le sue capacità recitative.

Fatichiamo a credere al tratteggio di un personaggio che ha sopportato per quattro anni soprusi di ogni genere e che poi si rivela essere una killer spietata a proprio agio con mitragliatrici, bombe a mano e squartamenti, e lo scetticismo aumenta con l’ingresso in scena di poliziotti corrotti e scagnozzi armati, escort munite di katane e loschi figuri dediti al sadismo. Terrorizzati dall’horror vacui, Joe Lynch e lo sceneggiatore Yale Hannon non ci fanno mancare nulla, saccheggiando smaccatamente il pulp di Tarantino, il torture porn di Takashi Miike e lo spargimento eroico di sangue del cinema di Hong Kong. Ma il risultato è opposto a quello desiderato: Everly è un’opera scialba, senz’anima, che omaggia troppo le virtù altrui senza costruire caratteristiche proprie.

Everly: cuore di mamma

Everly Cinematographe.itNel momento in cui Everly passa da preda a predatrice, lo fa spinta da un motivo preciso: non si tratta di salvare se stessa, quanto di mettere al riparo prima di tutto sua madre e sua figlia, che non vede da quando è stata sequestrata, diventando una schiava del sesso. Anche in questo caso script e regia potrebbero sfruttare meglio l’ingresso in scena dei due corpi estranei, ignari di tutto quello che sta accadendo. La nonna e la bambina, quando arrivano nell’albergo e raggiungono Everly, non sanno nulla, e vanno incontro ad una progressiva presa di coscienza.

I due personaggi sono la perfetta sintesi dei problemi che affliggono Everly: sono mere funzioni narrative, perché per movimentare un po’ la storia vengono introdotte come elemento estemporaneo di rottura di cui all’occorrenza sbarazzarsi; ma al contempo sono fondamentali, in quanto motore principale dell’azione e della forza di volontà che porta Everly a vivere e a combattere. In questa confusione e in questa incoerenza Everly trova la sua forma compiuta, mostrando appieno la propria mancanza di coraggio e di stile. Avrebbe potuto essere una pellicola d’azione a suo modo innovativa, nonostante i difetti (le premesse c’erano); è invece una copia conforme di un genere stimato e sicuramente studiato, che ci si accontenta di emulare pedissequamente.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 1.5

1.8