Fairytale – Una fiaba: recensione del film di Aleksandr Sokurov
Fairytale - Una Fiaba, al cinema dal 22 dicembre 2022, è sperimentazione, lavoro sull'immagine e riflessione sulla Storia. Regia di Aleksandr Sokurov.
In mani meno capaci di quelle di Aleksandr Sokurov, vale a dire, nelle mani del 98% dei registi mondiali, un’operazione come quella di Fairytale – Una fiaba, in sala in Italia dal 22 dicembre 2022 per Academy Two, avrebbe finito per risolversi in un fiacco esercizio di stile, formalmente goffo e tematicamente impreciso; in una parola, pretenzioso. Resistendo alla tentazione di dare un nome troppo preciso alle cose, si può dire del film che ha un’identità sperimentale, una matrice concettuale molto chiara, un’estetica provocatoria e spiazzante.
Quanto al cast, Mussolini-Hitler-Churchill-Stalin (ma non solo). Sono e non sono loro. Come sia stato possibile integrarli nel corpo della storia è una faccenda interessante. Altrove, vale la pena di ripetere, il prodigio tecnico avrebbe finito per mangiarsi tutto il resto. Fairytale – Una fiaba, passato al Torino Film Festival e prima a Locarno, non è un film facile, né necessariamente compiuto in ogni suo aspetto. Ma la sua forza va ben oltre lo stimolo superficiale, comunque non trascurabile, di una provocazione ben assestata. Per certe cose, serve un maestro.
Fairytale – Una fiaba è l’incrocio di suggestioni pittoriche e materiali di repertorio
Si muovono tra le rovine di un mondo caduto, la casa dell’umanesimo e della cultura, ci racconta Aleksandr Sokurov. È uno strano limbo, un’anticamera del trascendente in cui si raccolgono le anime di quattro grandi, la grandezza non è sempre un comlimento, in attesa del giudizio, definitivo e inappellabile, di Dio. Fairytale – Una fiaba, coerentemente con l’impostazione e il senso della vita e del cinema del suo autore, coniuga la riflessione storica all’intervento sulla forma e le possibilità espressive del mezzo.
Graficamente modellato sulle suggestioni pittoriche di una tradizione europea (occidentale) che per tanta parte è anche italiana, il film si serve del corpo e dell’immagine pubblica di Hitler, Mussolini, Stalin e Churchill senza ricorrere all’uso di deepfake o intelligenza artificiale, come precisa una spiazzante comunicazione in apertura. Come è stato possibile, allora, far camminare, parlare, vivere, se di vita si può parlare date le circostanze, i personaggi? La risposta è, per così dire, novecentesca.
Un lavoro certosino di recupero e assemblaggio di materiali di repertorio durato due anni, due anni di lavoro pressoché ininterrotto. Perché bisognava scovare, nascosti tra le pieghe dell’evento pubblico, quegli istanti preziosi e rivelatori in cui l’immagine ufficiale del leader lasciava spazio alla manifestazione, incontrollata e inevitabile, del suo vero carattere. Effettuati i “ritagli”, gli spezzoni video sono stati sovrapposti sui fondali della scena e sincronizzati sui dialoghi, scritti per l’occasione. Aleksandr Sokurov esercita un controllo totalizzante su Fairytale – Una fiaba. Scrive, dirige, immagina. Cosa immagina, è importante stabilirlo. Qualcosa a metà strada tra la riflessione sulla Storia e l’analisi intima.
In equilibrio tra la vita e la morte, tra ideologia e verità intima
La Storia, per Aleksandr Sokurov, è un incubo popolato di fantasmi, deformato dalle possibilità innovatrici di un racconto cinematografico capace di coniugare, con apparente disinvoltura, sensibilità poetica, afflato sperimentale e contenuto politico. Qui, con Fairytale – Una fiaba, l’idea fissa è di stare in equilibrio tra due estremi. Tra la vita e la morte, che i personaggi non son più vivi ma in fondo non si può neanche definirli davvero morti perché la loro è una condizione in via di definizione, non chiarita. Forse il peso dei peccati pregressi ne condiziona la stasi.
In equilibrio, anche, tra ideologia, pensiero ufficiale, immagine pubblica e intimità. Hitler, Churchill, Mussolini e Stalin vagano senza meta nel limbo dell’attesa riflettendo, rimuginando, stanchi e confusi, incapaci di mettere a fuoco la responsabilità morale in riferimento alle loro azioni e non più capaci di trovare riparo nelle semplificazioni dell’ideologia. Aleksandr Sokurov sceglie la via chapliniana, almeno a livello delle intenzioni, perché inchioda i suoi eroi neri servendosi di armi improprie ma pericolose come il sarcasmo e l’umorismo, qui venati di dolore, di sgomento. Fine dell’analogia.
Buffi e sinistri, inadeguati anche perché incapaci di stabilire una comunicazione reciproca. Non c’è dialogo, ma solo accenni confusi e involontariamente umoristici, l’ideologia slabbrata, le fragilità caratteriali. Aleksandr Sokurov afferma, con Fairytale – Una fiaba, di non voler essere giudice, giuria e carnefice, ma neanche difensore. Tecnicamente gira un film impressionante, a maggior ragione perché non cerca il sostegno della modernità (deepfake etc.). Concettualmente resta coerente con il suo percorso, perché inserisce l’operazione nel solco di una visione d’autore che della ricerca formale e della solidità dei contenuti (Arca russa, Francofonia) ha sempre fatto i suoi capisaldi. Un film non facile, politicamente frammentato e questo al di là delle intenzioni dell’autore. Ma vivo, perché diverso. A suo modo, nuovo.