Federer: Gli ultimi dodici giorni – recensione del documentario Prime Video

La chiusura della carriera del leggendario tennista svizzero in un docufilm intimo ed emozionante diretto dalla coppia Kapadia-Sabia, disponibile su Prime Video dal 20 giugno 2024.

Inutile stare qui a sciorinare numeri, statistiche, palmares e piazzamenti nel ranking. Sarebbe un esercizio sterile e riduttivo per riassumere la straordinaria carriera ventennale di uno dei migliori tennisti di tutti i tempi, nonché uno dei più grandi sportivi di sempre. È di Roger Federer che stiamo parlando, il cui cammino agonistico è iniziato nel lontano 2 aprile 1999 in quel di Neuchatel durante un incontro di Coppa Davis vinto in quattro set contro l’azzurro Davide Sanguinetti. Lo scorrere delle lancette è però inesorabile e non risparmia mai nessuno. Dove c’è un inizio, c’è dunque e inevitabilmente una fine e anche per il pluridecorato tennista svizzero quel momento è arrivato, giocando il suo ultimo match ufficiale in singolare a Wimbledon 2021, per la precisione nei quarti di finale contro il polacco Hubert Hurkacz. Ma ha deciso di appendere la racchetta al chiodo ufficialmente nel settembre 2022, quando è tornato in campo per un doppio di Laver Cup con il suo grande rivale e amico Rafael Nadal. Quello è stato un evento davvero emozionante per tutti gli appassionati di tennis, con lo sport che ha detto addio ad uno dei suoi più protagonisti. Ed è proprio con le immagini di quella partita, con le parole da lui pronunciate e le tante lacrime versate al termine, che si chiude il documentario che i registi Asif Kapadia e Joe Sabia hanno dedicato al tennista di Basilea dal titolo Federer: Gli ultimi dodici giorni, disponibile su Prime Video dal 20 giugno 2024.

In Federer: Gli ultimi dodici giorni la dimensione pubblica e privata, sportiva e umana, viaggiano in parallelo lungo i binari della narrazione per poi intersecarsi

Federer Gli ultimi dodici giorni cinematographe.it

Il titolo del docufilm è già di per sé una chiara lettera d’intenti rispetto a quello che gli autori hanno voluto e deciso di portare sullo schermo, ossia l’epilogo di un percorso sportivo e al contempo il giro di boa di un’esistenza pronta a passare a una nuova fase. Dimensione pubblica e privata, sportiva e umana, viaggiano dunque in parallelo lungo i binari della narrazione per poi intersecarsi e convergere nel corpus di quello che non è un biopic, bensì un capitolo breve che ne è parte integrante oltre che un nodo cruciale. Nei dodici giorni che scandiscono come un countdown l’arco narrativo della timeline, la macchina da presa pedina Federer nel quotidiano tra momenti in famiglia, preparazione atletica in palestra, appuntamenti stampa e promozionali che precedono l’ultimo match. Il tutto una volta raccolto si riversa in Federer: Gli ultimi dodici giorni, la cui architettura deriva dalla somma e dal montaggio di più ingredienti che danno forma e sostanza a un prodotto audiovisivo classico nella confezione quanto nel modo in cui vengono veicolati i contenuti. Motivo per cui non c’è da aspettarsi nulla di particolare sul piano tecnico, con l’attenzione dello spettatore che può di fatto andarsi a focalizzare sulla componente verbale dell’opera.   

Un ritratto che consente allo spettatore di scoprire tutto ciò che c’è dietro il campione, a cominciare dalle emozioni e dai sentimenti

Federer: Gli ultimi dodici giorni cinematographe.it

Costruito attraverso sessioni multiple di interviste al protagonista in cui racconta e si racconta, riprese durante una serie di impegni precedenti al grande evento e l’innesto degli immancabili materiali di repertorio ai quali spetta il compito di mescolare il passato alla linea del presente, il documentario segue gli ultimi passi nello sport professionistico di Federer. Alla sua voce si unisce un coro greco di familiari (tra cui i genitori e la moglie nonché madre dei loro quattro figli, l’ex-giocatrice di tennis svizzera – di origine slovacca – Miroslava Vavrinec, detta Mirka), membri del suo staff e storici rivali nonché intimi amici come Rafael Nadal, Novak Djokovic e Andy Murray. Il risultato è un ritratto che focalizza l’attenzione più sul lato umano che su quello sportivo, il ché consente allo spettatore che per anni ne ha apprezzato e ammirato le gesta sul campo da gioco di scoprire anche tutto ciò che c’è dietro il campione, a cominciare dalle emozioni e dai sentimenti. Per dipingerlo, il regista premio Oscar Asif Kapadia e il co-regista Joe Sabia cambiano quello che è il modus operandi solitamente utilizzato dal primo, affiancando anche riprese realizzate ad hoc all’utilizzo dei repertori, che nei lavori precedenti come Senna, Amy o Diego Maradona hanno rappresentato la sola e unica fonte per alimentare la narrazione. I due autori riescono a fare comunicare bene l’inedito e il pre-esistente, aiutati sul filo emotivo dalle avvolgenti musiche di Dario Marianelli.         

Federer: Gli ultimi dodici giorni – conclusione e valutazione

Federer: Gli ultimi dodici giorni cinematographe.it

Il regista premio Oscar Asif Kapadia e il co-regista Joe Sabia firmano un documentario classico nella confezione che segue gli ultimi passi nel mondo del tennis professionistico di una delle leggende del tennis, lo svizzero Roger Federer. Lo fanno dipingendo sullo schermo un ritratto umano prima ancora che sportivo, nel quale sono le emozioni del campione il motore portante della narrazione più che le gesta sul campo da gioco. Con la forma del backstage, gli autori costruiscono tra sessioni di interviste e l’osservazione del quotidiano pubblico e privato del protagonista un breve capitolo di un biopic, che assomiglia molto a l’epilogo spartiacque tra ciò che è stato e ciò che sarà. Il tutto accompagnato dalle musiche avvolgenti di Dario Marianelli, le cui note consentono all’opera di toccare con ancora più facilità le corde del cuore. Preparate i fazzoletti perché nel finale vi serviranno a tamponare le lacrime.   

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.5