Fellinopolis: recensione del film di Silvia Giulietti con Lina Wertmüller
Un mondo a parte, una città da creare e ricreare, Fellinopolis è una città immaginaria che respira sulle spalle dei giganti, animata dalle donne e da personaggi singolari.
“Dirgli buongiorno, era già importante“. Così Liana Orfei introduce il suo lunghissimo rapporto con Federico Fellini, un legame che si è consolidato nel tempo con l’intera famiglia Orfei e con il circo, grande protagonista del mondo felliniano. Per il centenario del regista, “Re dei Re“, attore e sceneggiatore fra i più grandi della storia del cinema, Silvia Giulietti ha riesumato gli archivi di Ferruccio Castronuovo, l’unico ammesso sui set del regista, componendo ad arte una testimonianza che non poteva rimanere inascoltata. Conservati per più di quarant’anni in Cineteca Nazionale, quei film “nascosti” voluti da Fellini risorgono, mostrando l’artigiano al lavoro nel Teatro 5 di Cinecittà. Attraverso i racconti dei suoi più fedeli collaboratori, dalla regista Lina Wertmüller allo scenografo Dante Ferretti, dalla segretaria di edizione Norma Giacchero al compositore Nicola Piovani, Fellinopolis racconta la persona di Federico Fellini dietro e dentro la macchina da presa, svelando le invenzioni e le “bugie” del regista.
Sempre a suo agio – con rispetto e devozione – tra i grandi del cinema, Silvia Giulietti è nata sotto la buona stella del set cinematografico, in particolare fu quello de La città delle donne ad ospitarla per la prima volta. Il desiderio di ricomporre tutto ciò che non si era mai detto, né visto del regista ha coinvolto la regista in un percorso che dal 2007 ha trovato la sua luce quasi quindici anni dopo, oltre gli ostacoli di natura economica e produttiva. Fellinopolis è in sala dal 10 giugno.
Fellinopolis: “E se ci perdiamo di nuovo?” “Speriamo“
Fellinopolis è uno sguardo proibito “attraverso il buco della serratura”, una sbirciata immersiva nel processo creativo del Maestro al lavoro, che si compone progressivamente quasi fosse un mosaico di anime belle, presenti e strette attorno alla figura di quel demiurgo che avrebbe voluto avere i volti di tutti e assistere all’incarnazione di persone impalpabili. Gli Special/Backstage di Ferruccio Castronuovo girati sui set de Il Casanova (1976), La città delle donne (1980), E la nave va (1983), Ginger e Fred (1986) ritraggono fedelmente l’Arca di Noé che era il teatro di Fellini, un mondo fascinoso governato dal soprannaturale e subcosciente. Le anime del regista, quelle coinvolte nei suoi virus creativi, esistevano plasmate da un copione invisibile e fluido, costruite nel seno della sua peculiare, stravagante lente, capace di definire le precise traiettorie di un volto.
In Fellinopolis Nicola Piovani racconta del giorno in cui lui e il regista sbagliarono strada dopo una cena condivisa, quando all’impasse Fellini reagì con la speranza di perdersi ancora, e ancora. L’aneddoto del compositore effonde e rivela l’anima di Fellini, il Sogno, l’improvvisazione, la seduzione dell’incognita: la purezza nell’abbandonarsi al corso degli eventi e sopravvivere cullati dall’immaginazione.
Difensore del margine inesprimibile, e del tutto avverso alla programmazione, di Fellini – nel Verbo di chi lo conosceva davvero – traspare il rigore, l’attenzione al dettaglio, il valore costitutivo della parola in ogni sua sfumatura. Perché se ogni sfumatura avvera una diversa accezione, allora è un dovere, oltre che un privilegio, servirsi dell’intera gamma del tangibile.
“Un film che si è svolto all’insaputa di me, e ora è finito“
Federico Fellini era una fragranza, un profumo inebriante capace di attrarre a sé, senza sforzo, folle adoranti di volti. L’opera documentaria di Silvia Giulietti, attraverso la lente di Ferruccio Castronuovo, dipinge Fellini come Re Mida, un cavalier gentile, rigoroso e attento che amava le sue donne. L’epilogo di Fellinopolis, costruito su un accattivante intermezzo animato, è forse la spia più coerente e carnale di Fellini: se la grafica è una punteggiatura, i personaggi di questa punteggiatura sono l’armonica realtà edificata dal regista e dalla sua troupe, che al momento di separarsi lo saluta sostenendo la sua bara con due seni prorompenti nell’azzurro della volta celeste.
Il film di Silvia Giulietti è al cinema dal 10 giugno 2021 con Officine Ubu.