FFF17 – Floyd Norman: Una vita nell’animazione: recensione
Chi c'è dietro alla creazione di capolavori come La carica dei 101, La spada nella roccia, Robin Hood, Toy Story 2? Ecco la storia di Floyd Norman raccontata da Michael Fiore ed Erik Sharkey.
Floyd Norman: Una vita nell’animazione è il documentario di Michael Fiore ed Erik Sharkey sulla vita e sulla carriera di Floyd Norman, primo animatore di colore della storia della Disney. Il film è stato presentato fuori concorso al Future Film Festival ed è attualmente disponibile su Netflix.
Floyd Norman: Una vita nell’animazione è il ritratto di un uomo disperatamente e irrimediabilmente innamorato del proprio lavoro
Il nome di Floyd Norman è sconosciuto ai più, ma questo signore classe 1935 ha collaborato alla realizzazione di alcune delle più celebri opere d’animazione degli ultimi 60 anni, fra cui La carica dei 101, La spada nella roccia, Il libro della giungla, Robin Hood, Toy Story 2 e Monsters & Co. Una sorta di Forrest Gump dell’animazione, disegnatore, scrittore e, per sua stessa ammissione, irriducibile piantagrane. Attraverso immagini di repertorio e interviste, il documentario Floyd Norman: Una vita nell’animazione racconta aneddoti e retroscena sulla carriera di un’artista entrato alla Disney in punta di piedi, fra lo squallido scetticismo generale dovuto al colore della sua pelle, uscito diverse volte per divergenze più o meno gravi, ma poi sempre ritornato, fino a essere introdotto nella ristretta cerchia delle Disney Legends, una sorta di Hall of Fame della casa di Topolino.
Floyd Norman: Una vita nell’animazione ci restituisce il ritratto di un uomo disperatamente e irrimediabilmente innamorato del proprio lavoro, da cui nel corso del tempo non sono riusciti a separarlo il razzismo, i fallimenti, le due mogli e nemmeno l’età. Un artista di incommensurabile talento e di invidiabile ironia, che nel corso degli anni ha trasformato la sua stessa vita in una realtà animata, attraversando per lavoro tutti i campi dell’animazione (dagli storyboard ai layout, senza dimenticare la scrittura) e utilizzando l’arte anche per comunicare i suoi sentimenti, come la simpatia verso i colleghi o il rancore verso i superiori, rei di averlo trattato in maniera inadeguata e di averlo messo troppo spesso alla porta.
Floyd Norman: Una vita nell’animazione è anche un’interessante indagine sul cinismo e l’imperante ingratitudine degli Studios
In mezzo ai vari contributi di amici, colleghi e personalità più o meno celebri, fra le quali spiccano Whoopi Goldberg e Scarlett Johansson (protagonista di uno speciale messaggio d’auguri per il compleanno di Floyd), a rimanere maggiormente impressi sono i commenti delle due mogli del protagonista, che con i loro sguardi comunicano la gioia, gli inevitabili scontri e la serena rassegnazione nello stare accanto a un uomo incapace di staccare completamente dal proprio lavoro, coincidente anche con la sua più grande passione. A scaldare maggiormente il cuore durante Floyd Norman: Una vita nell’animazione infatti non è la pur sentita questione razziale, ma l’infelice trattamento riservato a Floyd dalla Disney, che al compimento dei suoi 65 anni (età pensionabile negli USA) non ha esitato a liberarsi di lui come di un elettrodomestico rotto o sorpassato.
Floyd Norman non è certamente tipo da lasciarsi abbattere, e ha continuato a frequentare gli studi Disney anche dopo la fine del suo rapporto di lavoro con l’azienda, forte anche della sua grandissima popolarità fra i dipendenti. Pur pensionato, Floyd ha potuto togliersi ulteriori soddisfazioni come consulente, portando così avanti anche in età avanzata la sua irreprimibile passione e la sua inimitabile carriera.
Floyd Norman: Una vita nell’animazione si rivela un lodevole lavoro da parte di Michael Fiore ed Erik Sharkey, che grazie a un montaggio ben calibrato riescono a intrattenere per tutta la sua durata anche i non addetti ai lavori. Un documentario intelligente e approfondito, divertente e divertito omaggio a un fuoriclasse del cinema di animazione e al tempo stesso interessante indagine sul cinismo e l’imperante ingratitudine di un ambiente decisamente più negativo e malsano di come viene solitamente dipinto.