Fly Me to the Moon – Le due facce della luna: recensione del film di Greg Berlanti

Sospesa tra cinema classico e New Hollywood, la quarta prova da regista di Greg Berlanti si rivela sorprendentemente una delle migliori commedie della Hollywood recente. Scarlett Johansson e Channing Tatum sono strepitosi, ma Woody Harrelson... In sala da giovedì 11 luglio

Appena dopo il meraviglioso The Fall Guy di David Leitch, la Hollywood dei blockbuster ci ripropone un’idea di cinema che anziché riferirsi al presente, come molta cinematografia recente invece sta tentando di fare, torna indietro, compiendo una vera e propria operazione nostalgia, sospesa tra cinema classico e New Hollywood, guardando dunque ad Howard Hawks, Ernst Lubitsch, George Stevens e Billy Wilder. È il caso di Fly Me to the Moon, quarta prova da regista di Greg Berlanti, autore tra gli altri di Tre all’improvviso e Tuo, Simon. A dar vita a questa rom-com dai toni brillanti, fortemente umoristici eppure malinconici è un cast piuttosto stellare, che vede coinvolti nomi come Scarlett Johansson, Channing Tatum, Woody Harrelson e Ray Romano. Abilmente scritto da Keenan Flynn, Rose Gilroy e Bill Kirstein, Fly Me to the Moon è in uscita nelle sale cinematografiche italiane a partire da giovedì 11 luglio, distribuito da Eagle Pictures.

Fly Me to the Moon – Le due facce della luna: recensione del film di Greg Berlanti

Quando tutt’intorno è falso, tranne l’amore, o… sul volto romantico di First Man

Ancor prima di Fly Me to the Moon, First Man. Corre l’anno 2003, la Warner Bros. acquista immediatamente i diritti cinematografici della biografia First Man: The Life of Neil A. Armstrong, ancor prima che quest’ultima vada in stampa o quasi, per farne successivamente un film di grande successo, prodotto e diretto da Clint Eastwood. Come noto, il progetto non va in porto, i diritti vengono acquistati più e più volte, passando di major in major, fino al 2018 quando nelle sale cinematografiche internazionali viene distribuito First Man, il quarto ed attesissimo film del Damien Chazelle di La La Land e Babylon.

I toni del film di Chazelle sorprendono un po’ tutti. First Man non corrisponde più ad un’idea di cinema estremamente accessibile, confortante e pacificatoria, al contrario, è un melodramma piuttosto cupo, intenso, se non addirittura tragico, supportato da una grande prova di Ryan Gosling, ad oggi inaspettatamente sottovalutata. La volontà di Chazelle non è quella di lasciarsi abbagliare dalla magia e dall’innovazione che la storia della NASA di certo porta con sé, piuttosto quella di attenersi ai fatti di cronaca più drammatici e dolorosi, tanto legati alla notizia della morte dell’equipaggio di Apollo 1, quanto al tormentato vissuto dei piloti NASA del periodo.

A distanza di sei anni, Greg Berlanti, proprio ripartendo da quei traumi e da quelle dolorose colpe mai realmente assente, dirige un film fuori dal tempo e per questa ragione inevitabilmente interessante e amabile, capace di allargare lo sguardo, abbracciando i toni della leggerezza, del romanticismo e dell’umorismo sregolato di una certa americanità, senza tuttavia nascondere il dramma. Infatti il Cole Davis di Channing Tatum (la sua è una prova interpretativa chiaramente citazionista, sospesa tra l’Humphrey Bogart di Casablanca e il Gregory Peck di L’ultima spiaggia) porta con sé i segni di quanto accaduto durante il test dell’Apollo 1, non riuscendo più a dimenticarli. Le ferite fanno così male da non voler ancora riconoscere la felicità, né tantomeno l’amore, fino all’arrivo alla NASA della bella e misteriosa Kelly Jones, maga della pubblicità e del furto, interpretata da Scarlett Johansson.

In una prima parte che sembra rifarsi allo straordinario dittico di Top Gun diretto da Tony Scott e Joseph Kosinski, Berlanti forte di una sceneggiatura capace di raccontare al tempo stesso luci ed ombre della NASA, tra umorismo incessante e rare ma profonde osservazioni drammatiche, esplora malinconicamente uno spaccato americano destinato a non ripetersi mai più, dal gusto fortemente vintage e dalle grandi atmosfere. Per poi mutare nella seconda parte, quella più romantica, che tra equivoci, leggerezza e colpi di scena, sembra chiamare in causa il cinema di Billy Wilder, omaggiandolo con grande maturità.

La riflessione condotta da Berlanti, Flynn, Gilroy e Kirstein è chiara, “Quando tutt’intorno è falso, poiché crollano le identità e così anche le verità, a salvarsi quasi sempre è l’amore, di qui in poi il volto romantico di First Man”.

Fly Me to the Moon: Valutazione e conclusione

Se di Greg Berlanti raramente avevamo sentito parlare, è cosa certa che dalla distribuzione nelle sale cinematografiche internazionali della sua quarta prova da regista, tutto questo cambierà. Fly Me to the Moon è un film destinato a cambiare ogni logica all’interno del panorama delle rom-com hollywoodiane d’oggi. Il passo lento, nostalgico e malinconico, tipico di quel cinema precedentemente detto – a cavallo tra classico e New Hollywood – può essere ancora una volta la chiave di un rinnovamento prossimo a svelarsi, lo dimostra The Fall Guy, lo conferma Fly Me to the Moon.

Non una favola romantica, piuttosto una dolce commedia sugli equivoci, gli errori del passato e la capacità, o meglio, volontà di lasciarsi alle spalle tutto ciò che è doloroso, poiché irrimediabile, guardando invece all’amore e alla felicità che improvvisamente possono manifestarsi, tanto all’interno di un hangar blindato della NASA, quanto all’interno di un diner qualsiasi, nel corso di una notte stellata e silenziosa.

Se poi il seducente ed esilarante gioco a due tra Scarlett Johansson e Channing Tatum non fosse abbastanza per incuriosirvi, va detto e sottolineato che Woody Harrelson ancora una volta si dimostra capace di segnare la storia e la riuscita di un film, perfino a partire da un ruolo estremamente ridotto, come quello del meraviglioso ed enigmatico Moe Berkus.

“Gli alieni esistono davvero?”

“Camminano tra noi”

Politica, piloti in viaggio verso la luna, gatti e femminilità. Moe Berkus è davvero un Men in black sotto copertura? Scopritelo e lasciatevi conquistare da quel volo in notturna che fin da ora, entra a pieno titolo tra i più grandi momenti della commedia hollywoodiana recente.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8