Fractured: recensione del thriller Netflix
La recensione di Fractured, film Netflix del 2019 di Brad Anderson, tratto da una sceneggiatura di Alan B. McElroy, con Sam Worthington e Lily Rabe.
Cosa succede se una donna e sua figlia scompaiono misteriosamente durante una visita in ospedale? Cosa accade se un uomo denuncia la loro scomparsa e non viene creduto da nessuno? A queste domande tenta di rispondere il nuovo film di Brad Anderson, Fractured, thriller tratto da una sceneggiatura di Alan B. McElroy, interpretato da Sam Worthington, Lily Rabe, Stephen Tobolowsky, Adjoa Andoh e Lucy Capri.
Netflix scommette ancora una volta su un thriller psicologico dopo Nell’erba alta, thriller claustrofobico di Vincenzo Natali, Durante la tormenta di Oriol Paulo o Il sequestro di Stella di Thomas Sieben. Brad Anderson è un regista molto interessante che si è distinto per film come L’uomo senza sonno, Transsiberian e Beirut; questa volta ci propone una storia intrigante ma che possiede un carattere prevedibile, che sopraggiunge durante il terzo atto.
Fractured: il nuovo thriller psicologico Netflix
La famiglia Monroe, composta da Ray, Joanne e Peri, è in viaggio per celebrare il Ringraziamento. Mentre sono in macchina Ray discute con sua moglie Joanne, con la quale sembra avere alcuni problemi coniugali. Peri, durante una sosta in una stazione di servizio, inciampa e cade in un crepaccio di cemento, dove si rompe il braccio nonostante lo sforzo di Ray, che cerca di attutirle la caduta.
I tre si dirigono nell’ospedale più vicino dopo un lungo viaggio: mentre sono in ospedale, Joanne accompagna la bambina a fare una TAC e Ray finisce per addormentarsi all’ingresso dell’ospedale a causa della fatica accumulata. Quando si sveglia nessuno dell’ospedale ricorda di aver visto la sua famiglia; Ray, notando che non esistono prove evidenti che attestino che siano mai entrati, comincia a dubitare della sincerità dell’ospedale e a credere che i suoi familiari sono vittime di una sinistra cospirazione.
Fractured ricorda il film Flightplan con Jodie Foster – in cui la protagonista doveva dimostrare l’esistenza della figlia Julia – e anche un gran numero di thriller come La signora scompare o Shutter Island; a volte si piega sotto l’enorme peso comparativo. Fractured cuce la propria storia partendo da un tessuto annodato al sistema sanitario americano, che apre un piccolo squarcio sulle coperture assicurative (negli Stati Uniti se non hai un’assicurazione sanitaria non puoi ammalarti). Una curiosa piega narrativa che aiuta lo spettatore a comprendere lo stato di malessere che prova il protagonista fin dall’inizio.
Fractured gioca costantemente con le nostre percezioni
L’idea è di farci percepire l’ospedale come labirinto piegato dalla burocrazia che in questo caso è sinonimo di menzogna, di dissimulazione, un ospedale tentacolare con i suoi corridoi bianchi poco illuminati, in cui ogni stanza cela un segreto all’interno, gli ascensori sono messi sotto chiave. Ciò che prova il protagonista in quel luogo tetro e asfittico è un enorme, crescente disperazione.
Worthington offre una performance efficacemente irrequieta, facendoci provare empatia per la difficile situazione del suo personaggio e allo stesso tempo fornendo suggerimenti sul fatto che Ray, un alcolizzato in fase di guarigione, potrebbe non essere un uomo completamente affidabile. Fractured gioca costantemente con le nostre percezioni, mostrando il punto di vista di Ray e lasciando intendere che i dipendenti dell’ospedale, che continuano a scambiarsi sguardi sospetti, potrebbero davvero essere parte di una cospirazione.
La tensione e la suspense sono autentiche, percepibili e inizialmente sembrano porre le basi di un thriller particolarmente audace, ma durante il terzo atto il risultato diventa prevedibile; lo stile delle scene finisce con l’essere inerte, anemico. Il film alla fine ci logora anche con i suoi capovolgimenti costanti, fino alla fine, arrivando a svilire anche il colpo di scena finale che cade sotto il peso della sua prevedibile esposizione.