Francesca Cabrini: recensione del biopic con Cristiana Dell’Anna

L'incredibile storia vera di Madre Cabrini, la santa degli emigranti, è il soggetto del biopic di Alejandro Monteverde con Cristiana Dell'Anna. Francesca Cabrini arriva al cinema dal 13 al 15 ottobre 2024.

Una vita così moderna, per attitudine e sensibilità, non poteva lasciare il cinema indifferente. Che infatti ha risposto, con il più tradizionale e affidabile dei trattamenti, il biopic. Viene da chiedersi perché sia occorso tanto tempo, considerando il secolo e oltre dalla morte della protagonista (1917), ma forse era inevitabile. Tematicamente, il film parla al mondo di oggi con spudorata e sconcertante limpidezza. Francesca Cabrini arriva nelle sale italiane il 13, 14 e 15 ottobre 2024 per Dominus Production. La regia è di Alejandro Monteverde (Sound of Freedom – Il canto della libertà) e il cast è l’intreccio di talento italiano e non, coerentemente con la natura sdoppiata, cosmopolita e girovaga di Madre Cabrini, santa dal 1946 e dal 1950 Patrona degli emigranti. La sua vita è un mix curioso di emancipazione femminile, solidarietà, spirito caritatevole, spregiudicatezza, infallibile istinto imprenditoriale e ambizione sfrenata. Con Cristiana Dell’Anna, Romana Maggiora Vergano, Giancarlo Giannini, John Lithgow, David Morse.

Francesca Cabrini: storia di una piccola, grande rivoluzione

Francesca Cabrini; cinematographe.it

Storia di una donna in un mondo di uomini. L’abc di Francesca Cabrini è una dinamica sociale trasversale a tempi e società differenti, filtrata da un’analisi (che è anche una denuncia) in perfetta sintonia con sensibilità e discorsi contemporanei. Storia di una donna in un mondo di uomini, ma è solo il punto di partenza. Il focus è su quello che succede dopo: come la donna, con audacia, ostinazione e fede incrollabile nel senso di una missione, riesca a ottenere il più impensabile dei risultati. Il mondo di uomini in cui si muove Francesca Cabrini (Cristana Dell’Anna) è la Chiesa, la rigida gerarchia, il patriarcato. Il dna di un potere millenario scoraggia qualsiasi ambizione e proposta fuori dagli schemi; Francesca non se ne cura. Va a Roma a implorare l’aiuto e il permesso di Papa Leone XIII (Giancarlo Giannini) e, se necessario, a pestare i piedi. Il sogno della protagonista, nata e cresciuta in Lombardia, è di creare un ordine missionario di sole donne che presieda al soccorso degli emarginati grazie al lavoro incessante di ospedali, orfanotrofi, ricoveri di varia natura.

Il Papa è uomo, ovviamente in là con gli anni, avrebbe tutte le ragioni per trincerarsi dietro un atteggiamento maschilista-reazionario e stroncare le ambizioni della giovane donna (anche molto malata). Invece intravede qualcosa, si fida del suo istinto e accetta la proposta. Le dà carta bianca, con una sola, stringente, indicazione. La base operativa per l’ordine missionario non dovrà essere la Cina, come Madre Cabrini sperava, ma New York, la suburra yankee di Five Points – quella di Gangs of New York, per intenderci – con tutte le difficoltà culturali e logistiche del caso. La regia di Alejandro Monteverde, sostenuta dalla lucida sceneggiatura di Rod Barr, cerca l’universale nel particolare. Francesca Cabrini è la storia della vita di una donna fuori dell’ordinario, raccontata concentrandosi su un tempo molto breve ma decisivo: i primi mesi del soggiorno newyorchese, nel 1889.

C’è il sostegno prima timido poi convinto dei locali, come quello che arriva dalla prostituta italiana Vittoria (Romana Maggiora Vergano). C’è l’ambivalenza di rapporti con la Chiesa americana, il tira e molla con l’arcivescovo (David Morse). C’è la guerra aperta, l’ostilità razzista delle istituzioni contrarie a qualsiasi progetto di integrazione della minoranza di emarginati italiani, la feroce opposizione del sindaco bianco e protestante (John Lithgow). C’è l’ambizione, il sogno imperiale (impero di carità, parole sue, ma di impero si tratta) di Francesca, c’è la salute cagionevole e la modernità del suo sguardo. E c’è la coerenza che viene dall’intensa e convincente prova di una delle più dotate e sottovalutate attrici italiane contemporanee, Cristana Dell’Anna.

L’incredibile ricchezza di sfumature di una donna fuori del comune, che rappresenta tutte le donne

Francesca Cabrini cinematographe.it recensione

In due modi il film aiuta Cristiana Dell’Anna a insinuarsi tra le pieghe di un carattere, di una femminilità, insieme universali e fuori dal comune. Il resto ce lo mette un talento multiforme e testardo, il controllo del mestiere di un’attrice italiana per geni e internazionale per apprendistato. Il pubblico sa poco o nulla del personaggio e tanto le basta per lavorare libera dal peso di un’immagine pubblica e universalmente riconosciuta che avrebbe altrimenti vincolato, occupato, soffocato ogni spazio di creatività e libertà interpretativa. Nessuna idea preconcetta, niente tabù da sfatare; solo le infinite possibilità offerte dalla biografia di Francesca Cabrini – missionaria, leader, imprenditrice, presenza mediatica – e il foglio bianco, il talento di un’attrice. Cattura la ricchezza di sfumature di una donna che, nelle sue aspirazioni e negli ostacoli che incontra, esprime l’ombra e il carattere di ogni donna.

Francesca Cabrini racconta di come ogni donna trovi la strada anche quando tutto è contrario. Incidentalmente, è anche la storia del tipo di mondo che desideriamo per noi stessi e gli altri – il feroce sentimento anti italiano del film è l’amaro controcampo dell’attualità ribaltata, in cui gli italiani, non più oppressi, opprimono – e nel mezzo c’è la personalità straordinaria e sfaccettata della protagonista. Alejandro Monteverde non tira le conclusioni quando potrebbe ma ha il coraggio di “fare a pezzi” l’intimità di Madre Cabrini mostrandone l’incredibile complessità; rivoluzionaria e custode dell’ordine stabilito, pionera per attitudine imprenditoriale e sensibilità mediatica, politica consumata (a sua insaputa) e instancabile attivista. Spinta in egual misura da una generosità e un’ambizione importanti.

La qualità della messa in scena è figlia di un cinema che oggi si pratica poco; prestigioso nella fattura, elegante nella costruzione dell’immagine, per niente timido con gli effetti, attento al ruolo, al peso e alla tracce lasciate dall’attore sulla superficie (e il cuore) del racconto. Vale soprattutto per la grazia, l’intensità emotiva e la credibilità portate in dote da Romana Maggiora Vergano, non protagonista sulla breccia che merita, a questo punto, un film di spessore e tutto per lei. Film al femminile, ma vanno tenute nella giusta considerazione le caratterizzazioni – più limitate nel minutaggio ma comunque fondamentali – di Giancarlo Giannini, David Morse e del mefistofelico (meritava più finezza in sede di scrittura) John Lithgow. Cede, il film, sul piano del trattamento dei sentimenti e delle emozioni, per un eccesso di retorica e un’enfasi non necessaria. Esasperano i contenuti di una biografia per immagini che, per spirito di contraddizione, meritava di veder bilanciata la sua insindancabile modernità e potenza, con soluzioni e approcci all’insegna di una maggiore sobrietà.

Francesca Cabrini: valutazione e conclusione

Francesca Cabrini cinematographe.it recensione

Alejandro Monteverde forza un po’ la mano di Francesca Cabrini, vestendo le parole e le azioni della protagonista di una modernità a tratti eccessiva rispetto al messaggio, comunque radicale e forte, di Madre Cabrini. L’istinto del film è di spiegare il mondo presente chiedendo aiuto al passato, usando la tranquillizzante cornice del film in costume, della ricostruzione storica, per far arrivare il messaggio con l’incisività giusta. Gli eccessi retorici – non mancano – sono bilanciati, non perfettamente ma in modo non trascurabile, dalla ricchezza della messa in scena e dal lavoro degli attori. A cominciare dal carisma e dalla verità emotiva, dall’attenzione a cogliere le tante sfumature nel carattere della protagonista, di Cristiana Dell’Anna.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.6