Free solo – sfida estrema: recensione del doc Premio Oscar
Free Solo, il documentario Premio Oscar nel 2019 e disponibile su Disney+, è un'esperienza oltre i limiti del possibile e dall'approccio registico davvero elettrizzante.
Free solo è una tipologia di arrampicata che oltrepassa i confini dell’estremo, è conosciuta anche come “scalata solitaria senza assicurazione”. Nel film del 2018, diretto da Jimmy Chin ed Elizabeth Chai Vasarhelyi, conosciamo Alex Honnold: un ragazzo che si è sempre spinto in avanti e ha elevato lo sport di scalata senza corde, imbragatura e protezioni. All’età di 32 anni, in data 3 Giugno 2017, decide di affrontare un’impresa decisamente folle, risalendo in free solo la parete di El Capitan, in California: compiere un percorso di 900 metri in 3 ore e 56 minuti rappresenta una sfida impegnativa, mai pensata prima. Il titolo, realizzato da National Geographic in esclusiva su Disney+ dal 24 Marzo, si concentra sulla totale dedizione al lavoro e ai nervi saldi di uno scalatore senza paura.
Free solo – sfida estrema: la tensione si avverte per tutta la durata
Free solo – sfida estrema ha capito perfettamente come tenerci sul filo del rasoio: dopo una presentazione ben costruita nei riguardi del protagonista Alex Honnold, un ragazzo che ha voluto seguire le orme di un padre avventuriero, il documentario spinge lo spettatore a valutare i rischi della salita da compiere su El Capitan. Ci troviamo di fronte ad un monolite granitico nel quale la sua parete verticale, denominata Nose , costituisce una delle più importanti sfide di alpinismo estremo al mondo. Alex sembra avere tutto sotto controllo, ripetendo il percorso più di 50 volte con le dovute protezioni, ma si sente un peso non indifferente che inizia a premere sulle nostre spalle.
L’imponente e impetuoso massiccio si erge come principale antagonista da affrontare, sapendo benissimo che dovrà essere scalato in free solo. L’attesa è parte integrante di una tensione costante ottimamente integrata nel girato; siamo costretti a stare dalla parte di Alex, in un processo di liberazione della mente e dello spirito inusuale. Non si tratta di un carattere scomposto o indomato, ma di un ragazzo deciso a superarsi e ad abbattere i suoi demoni interiori. La sua voglia di procedere fino in fondo per condurci all’atto finale è un elemento efficace per rafforzare la narrazione proposta, con l’aggiunta di una co-protagonista estranea a queste pericolose imprese: la sua fidanzata Sanni McCandless. Lei svolge il ruolo di estensione razionale di una mente che oltrepassa i limiti del possibile, impreziosendo il grado di immedesimazione acquisito all’interno delle vicende.
Gli ultimi 20 minuti sono difficili da sopportare
Jimmy Chin e Elizabeth Chai Vasarhelyi non si tirano indietro di fronte a questa enorme e difficoltosa sfida: organizzano tutto nei minimi dettagli, dal posizionamento delle cineprese durante la scalata alle fasce orarie indicate per valorizzare ogni gesto dell’alpinista. Seguiamo anche i retroscena dal punto di vista dei cameramen e della troupe incaricata di filmare l’impossibile. Questa terza prospettiva, oltre a quella di Alex e Sanni, è molto importante ai fini dell’economia della trama; si insinuano dubbi e preoccupazioni nella mente libera di Alex, mentre è fortemente intenzionato a realizzare il suo più bramato sogno.
Nulla può essere un ostacolo per il determinato protagonista di Free Solo, e dovremo fare i conti con una terza e conclusiva parte insostenibile, in termini di situazioni tese e altamente rischiose. La resa visiva gioca un ruolo di assoluto rilievo nella scalata del secolo, con ampie panoramiche e riprese ravvicinate di un individuo in lotta contro l’inconcepibile. Le delicate mosse effettuate e gli appoggi apparentemente instabili costituiscono dei tasselli di un ingranaggio finemente studiato, in un contesto in cui ogni addetto alle riprese non ha il coraggio di seguire ciò che sono chiamati a filmare. Sotto ai nostri occhi si svolge un’epocale salto della fede, una reale rappresentazione dello scontro fra Davide e Golia. Non si può fare a meno di sapere come si concluderà l’arco narrativo, e al contempo ci ritroveremo a sudare freddo di fronte al più esteso contenuto ricco di tensione degli ultimi anni.