Friendzone: recensione del film Netflix di Charles Van Tieghem
Fra stereotipi e clichè a favore di commedia romantica, Friendzone si accontenta di sfruttare il termine per una storia di metamorfosi, senza tentare capire di più sul maschio contemporaneo eternamente amico delle donne. Dal 29 settembre su Netflix.
Coniato per la prima volta in un episodio di Friends nel 1994, in cui Ross viene definito dall’amico Joey come un eterno “sindaco di Friend zone”, il termine che dà il titolo al film francese disponibile su Netflix dal 29 settembre, nella cultura di massa viene usato per descrivere una situazione di amicizia e affinità tra due persone, una delle quali ha un interesse romantico o sessuale non corrisposto dall’altra.
Uno stallo privo di tensione erotica, esente da ambiguità, e forgiato su segnali mal interpretatati o, addirittura, rifiutati. Sebbene la friend zone sia abitualmente applicata a qualsiasi tipo di coppia e di orientamento sessuale, è molto spesso il maschio a ricevere il sonoro “no” dalla controparte femminile, sollevando diverse criticità sulla capacità dei primi a concepire un possibile legame con il genere opposto all’infuori di quello fisico/sentimentale.
Friendzone: cambio look e cuore a pezzi
Infermiere pediatrico, estremamente accomodante e cortese fino a risultare impacciato, al protagonista Thibault (Mickaël Lumière) lo sceneggiatore Stanislas Carré de Malberg e il regista Charles Van Tieghem affidano il compito d’incarnare lo stereotipo moderno del maschio in crisi, infatuato della bella Rose (Eva Danino) durante l’addio al nubilato di una delle tre migliori amiche (Fadily Camara, Constance Arnould e Manon Azem), e qualche settimana dopo riuscito con incredulità e gioia a rivederla per una serie di appuntamenti. Giusto il tempo di illudersi di poter andare oltre l’amicizia, Thibault capisce di essere in piena friendzone, e si lascia aiutare dalle amiche per rimettere in discussione la sua capacità di conquiste, in una sorta di make-over guidato da esperte per mostrarsi da Rose con occhi nuovi.
Osare per la conquista sentimentale, non per quella del pubblico
Rom-com contemporanea iscritta su alcuni passaggi prevedibili, Friendzone mostra con leggerezza la metamorfosi necessaria alla concretizzazione sensuale (e sessuale) di un giovane parigino dal carattere d’altri tempi, fra lezioni di ballo e nuovo look, imparando da zero a flirtare nei locali ed oltrepassare lo steccato che lo confina da sempre come eterno migliore amico. Eppure, seguendo la realizzazione del suo protagonista, il film sceglie di non indagare più di tanto, di non materializzare la storia in propositi sociali e riflessivi sulla tipologia di uomo richiesta oggi dalle donne, e viceversa, la crisi maschile del non saper soddisfare gli altrettanti canoni. Con Friendzone infatti si tenta di proporre una versione opposta al maschio iper virile e abile alla seduzione: Thibault è gentile e accondiscendente, forse demodé, di certo bisognoso ad una trasformazione per essere validato.
Regalando una visione spensierata e allineata a molte altre proposte già in piattaforma, Friendzone non si fa istantanea sulla generazione odierna del maschio trentenne, o della sottile linea fra amicizia e amore, ma si delinea in superfice come una storia piuttosto banale, infarcita di qualche cliché tipico della commedia romantica. Un esordio, quello di Van Tieghem, non proprio brillante, scritto per intrattenere un pubblico desideroso di svago certo, ma forse interessato a capire qualcosa di più su un una “zona” sentimentale che va oltre il mero termine anglosassone.