Fuga da Villa Arzilla: recensione del film di Christophe Duthuron
Dal 27 agosto on demand con Cloud 9 Film, la commedia di Christophe Duthuron è ispirata alla BD belga di Wilfrid Lupano e Paul Cauuet.
Al cinema dal 27 agosto, Fuga da Villa Arzilla è una gradevolissima commedia francese, che sferza con dolcezza ma decisione qualche colpo all’ipocrisia della Sinistra Sessantottina europea e celebra, alla fine, la possibilità di redenzione e l’importanza dei sentimenti. Diretta da Christophe Duthuron, è ispirata a una BD belga, Les Vieux Fourneaux che – difatti – è il titolo originale anche del film. Se ne percepisce il tono nostalgico, elegante e caustico del fumetto francese, dalla tradizione solidissima di grandi narrazioni private e di interrogazione sincera sui valori della cosiddetta Sinistra.
Fuga da Villa Arzilla – ecco il trailer della commedia francese
Interpretata da tre attori storici – Pierre Richard, Roland Giraud e Eddy Mitchell – e ben diretta dal relativamente giovane Duthuron (più attivo in teatro e in TV che sul grande schermo), Fuga da Villa Arzilla si rivela una visione piacevole, che conferma la qualità media della commedia francese degli ultimi anni, quasi sempre garanzia di ironia e grazia, portata in Italia da distribuzioni minori, ma tenaci e appassionate.
Fuga da Villa Arzilla: tre amici e un funerale
I tre protagonisti di Fuga da Villa Arzilla si ritrovano, come spesso succede, dopo anni e per un’occasione affatto piacevole. Pierrot (Richard), Antoine (Giraud) e Émile (Mitchell) dopo aver fatto militanza insieme nei sindacati e, in generale, come opposizione all’opprimente sistema capitalista, hanno preso strade diverse: Pierrot è rimasto a combattere “i padroni” nella capitale francese, Émile, dopo tante peregrinazioni, sta invecchiando solo in un ospizio, mentre Antoine si ritrova suo malgrado a dare l’ultimo saluto all’amata moglie, Lucette. Suo bastone della vecchiaia e entusiasta sostenitrice della vitalità ormai perduta della nonna, è la nipote Sophie (Alice Pol), incinta di qualche mese e perennemente al verde.
È proprio in occasione del funerale di Lucette che la storia prende piede. Pur grato ai suoi amici che gli sono andati in soccorso in un momento così tragico, Antoine è fissato su un unico dettaglio: la scoperta di un tradimento – avvenuto ormai anni or sono – dell’amata Lucette proprio con il padrone della fabbrica che tanto contestava, Garan-Servier (Henri Guybet). Senza più nulla a trattenerlo, e probabilmente per elaborare in maniera alternativa il suo lutto, Antoine decide di partire per vendicarsi, lasciando la campagna di Tarn per la Toscana. Allarmati, nipote e compagni di lotte lo inseguono per dissuaderlo.
I giovani, i vecchi e il conflitto
Al di là della trama farsesca, che vede segreti di famiglia (e di paese) essere svelati dopo tanti anni, benedizioni della sorte e momenti goliardici tra vecchi amici, un aspetto interessante di Fuga da Villa Arzilla è il confronto conflittuale tra nuove e vecchie generazioni. Senza che se ne faccia il tema portante del film, questo punto è al centro di una scena-chiave in cui la giovane protagonista Sophie, da essere un personaggio di mero supporto, “mette in riga” i suoi nuovi, attempati amici, distruggendo un po’ di certezze che spesso alimentano una certa arroganza da parte degli anziani ancorati al ricordo dei “bei tempi andati”. Proprio questi tempi, così inutilmente rimpianti, sono alla base dei problemi odierni, che devono essere affrontati e – possibilmente – risolti dalle nuove generazioni, impoverite, in un ambiente degradato e in una società sfibrata proprio dall’azione invasiva e egoista dei “vecchi”. Uno sfogo, certo, che non implica chissà quale analisi politica, ma che ben rappresenta l’esasperazione dei cosiddetti “millenials” verso chi fa della lamentela, del rimprovero e della nostalgia delle medaglie d’onore.
A questo punto il personaggio di Sophie prende in mano la situazione: pretende risposte, risolve conflitti, fa vuotare il sacco a suo nonno e ai suoi compagni di viaggio, destrutturando il mito del “vecchio compagno tutto d’un pezzo” e imponendo loro di fare i conti con la realtà. Operazione forse non piacevole, ma senza dubbio molto più dignitosa.
Fuga da Villa Arzilla, in conclusione
Il tono malinconico della commedia è edulcorato dalla caratterizzazione prorompente dei personaggi, tutti perfettamente delineati e distinti. I tre amici, in particolare, rappresentano tre diverse sfumature umane: quella romantica, quella pragmatica e quella combattiva. Tutte e tre, dato il passare degli anni, sono diventate un po’ delle maschere, che Antoine, Émile e Pierrot dovranno imparare a levarsi. Arriva un momento, infatti, in cui i personaggi devono fare i conti con la rilettura del proprio passato e la destrutturazione della propria mitologia. Come le marionette costruite da Lucette, si sono fatti dirigere più dall’idea di un personaggio che da emozioni autentiche e hanno messo in scena delle vite teatrali. Ma, ora che il sipario sta per calare, cosa rimane?
Nonostante la profondità dell’analisi della vita, della politica, del rapporto tra generazioni, Fuga da Villa Arzilla è – come suggerisce il titolo – un film leggero, retto da un ritmo comico mai volgare ma efficace. Duthuron non cerca la risata facile, neanche quella aperta: vuole far sorridere e riflettere – e questo gli riesce benissimo.