Furious – Gli ultimi guerrieri: recensione del film russo
Furious, film russo basato su una storia vera, narra di un'eroica battaglia tra un esiguo gruppo di guerrieri russi e un'infinta orda di soldati mongoli.
Ispirato a una storia vera, Furious, film del 2017 andato in onda in Italia su Sky il 23 aprile 2020, racconta le gesta del valoroso guerriero Evpatii Kolovrat. Soldato misterioso e coraggioso, qui interpretato da Ilya Malakov, guidò un piccolo distaccamento di diciassette guerrieri che, per vendetta e libertà, cercano di fermare l’inarrestabile avanzata di un’orda di mongoli che si muovono verso l’Europa. Il film di Dzhanik Fayziev e Ivan Shurkhovetskiy è un’esaltazione epica e a volte patinata di un momento storico ignoto, di un uomo e dei suoi soldati pronti a una guerra contro un esercito che li supera di decine di migliaia di uomini. Ricordando vagamente la tecnica utilizzata nel film 300 – L’alba di un impero di Zack Snyder e Noam Murro.
Furious – Gli ultimi guerrieri: un film epico e patriottico in difesa della libertà di un popolo che non verrà dimenticato
Scene spettacolari di battaglie leggendarie, di un guerriero fuori dal normale capace di combattere simultaneamente con due spade e di uscire unico vincitore contro decine di uomini. Un personaggio eroico e umano che, come lui stesso dichiara, “non voglio nulla da voi, morirò da uomo libero“. Il classico stereotipo del soldato valoroso, dell’eroe dalle capacità straordinarie al quale viene data una caratterizzazione umana per non renderlo soprannaturale. E ciò che lo contraddistingue in questo caso è una malattia simile alla narcolessia: si addormenta improvvisamente e quando si risveglia la sua mente è ferma a 13 anni prima, potrebbe non ricordare nulla degli ultimi avvenimenti. Uno fragilità che provoca non pochi problemi. Evpatii Kolovrat è un uomo che non si ferma davanti a nulla, un soldato senza paura, un guerriero invincibile.
Furious – Gli ultimi guerrieri è un film che volutamente non punta sul contenuto, ma è carico di scene straordinarie dal punto di vista tecnico. Ambientazioni meravigliose, lunghe distese di paesaggi ricoperti di neve, illuminate dai raggi lontani di un sole non abbastanza caldo da scogliere i ghiacci, l’inizio di una primavera che tarda ad arrivare, con i rami degli alberi che si colorano di rosso e arancione. Abiti dei russi ricamati con cura, con un’attenzione particolare al bianco, al rosso e al grigio, e il trucco dell’orda dei mongoli curato nei minimi dettagli, con un’esplosione dell’oro e del blu. Qualche artificio registico eccessivo, come l’uso del rallenty che tenta di caricare momenti della storia già estremi di per sé.
Un equilibrio che rischia di crollare in una storia che fa delle sequenze di guerra gli unici momenti intensi dell’intera narrazione
Cerimonie che celebrano la nascita, visi sorridenti e gioiosi in un’anima di festa, uomini che combattono per diletto e donne che ridono tra loro innamorate del principe, in un’atmosfera vivace, tutti pronti a divertirsi, prima che il presagio di un’orda di migliaia di soldati mongoli non arrivi a distruggere qualsiasi desiderio e speranza. Furious raggiunge l’apice nelle scene di combattimento che occupano la maggior parte del film e che, minuto dopo minuto, si arricchiscono di strategia, sinuosità e colpi di scena. Un gruppo di 24 uomini che tiene testa, con tattiche formidabili, a un’orda di migliaia di soldati, coprendoli di ridicolo, lasciandoli esterrefatti. La furia di un popolo presentato in modo selvaggio e caricaturale si abbatte sulla popolazione russa più inerme e indifesa, per una lotta dove non si tratta di territorio, religione o conquista, ma solo di affermata supremazia.
La rappresentazione di un momento storico leggendario, un’esaltazione del coraggio e della forza di un gruppo eroico, da ammirare con stupore anche da parte dei loro stessi avversari. L’intento di Furious – Gli ultimi guerrieri è la mera messa in scena di una battaglia non abbastanza nota che doveva essere raccontata. Nonostante le scene che funzionino di più siano quelle di combattimento, dove una regia e una fotografia impeccabili riescono a rendere l’azione viva e piena di ritmo, i momenti di pace e tranquillità non mancano e completano la narrazione, raccontando la cultura russa e mostrando uno spaccato di vita quotidiana di un villaggio del 13º secolo. Mentre il popolo mongolo viene visto come barbaro, violento e senza umanità, insensibile e anche terribilmente superstizioso, in un’insensata distinzione tra bene e male.