Roma FF10 – Game Therapy: recensione

In un panorama cinematografico che subisce sempre più le contaminazioni di altre forme d’arte come i videoclip o i fumetti, non stupisce l’arrivo in sala di una pellicola interpretata quasi esclusivamente da giovani e celebri youtuber, fra cui Favij, Federico Clapis, Leonardo Decarli e Zoda. Game Therapy nasce dalla coraggiosa e ambiziosa idea di caricare un intero film, per giunta di un genere da sempre ostico per il cinema italiano come quello della fantascienza, sulle spalle di ragazzi che fino a questo momento sono stati registi di loro stessi in video ironici e divertenti seguiti da milioni di follower.

Game Therapy dimostra che, fortunatamente, per fare cinema di qualità e di intrattenimento occorrono ancora doti artistiche e umane reali

Purtroppo la pellicola non è stata realizzata con un solido progetto cinematografico alle spalle, ma solo ed esclusivamente per sfruttare la popolarità di questi youtuber nel mondo degli adolescenti, portando all’inevitabile conseguenza di un’opera senza né capo né coda, che mescola in maniera maldestra e grossolana temi come la realtà virtuale, il mondo dei videogames e i tipici turbamenti dei teenager.

I protagonisti della storia sono due ragazzi con la comune passione per i videogames e con l’identico problema di una scarsa attitudine alla vita sociale, che li porta ad isolarsi e a preferire la realtà virtuale al mondo vero e proprio, con conseguente preoccupazione e tentativi di recupero da parte dei rispettivi genitori. I due trovano in un easter egg di un videogame le coordinate per raggiungere uno scantinato, all’interno del quale è disposta un’avveniristica console di gioco dentro cui è possibile trasportare la propria coscienza, in modo da vivere un videogioco come se fosse vita reale. L’avventura virtuale e il rapporto dei ragazzi saranno però messi a dura prova dall’interesse da parte della bella Danika per Giovanni (Federico Clapis), che si troverà a dover scegliere fra l’amore e il tempo da dedicare all’amico, interpretato da Favij.


Il film con Favij, Federico Clapis, Leonardo Decarli e Zoda presentato a RomaFF10

Il film di Ryan Travis fallisce sotto tutti i punti di vista. La trama, che ha alcuni punti di contatto con quella del sottovalutato Nirvana di Gabriele Salvatores, è quanto di più banale e forzato si possa vedere sul tema della realtà virtuale, mentre le spiegazioni su ciò che accade all’interno del gioco si rivelano a più riprese involontariamente comiche. Nel vano tentativo di conquistare il favore del pubblico dei videogiocatori vengono inserite goffamente sequenze che citano platealmente alcuni dei maggiori successi videoludici degli ultimi anni, fra cui Assassin’s Creed, GTA e Uncharted, ma è davvero troppo poco, considerando anche il fatto che i gamers incalliti vengono offensivamente dipinti come soggetti ai limiti dell’autismo e bisognosi di cure psichiatriche. Fra voragini di sceneggiatura, cliché sul mondo dell’informatica e la recitazione a tratti imbarazzante dei protagonisti il film si discosta dal tema fantascientifico per dare spazio a una storia d’amore fondamentalmente inutile, basata sul meccanismo ormai trito e ritrito della tormentata bella della classe che si innamora quasi inspiegabilmente dello sfigato di turno, per poi rivelarsi più fragile e insicura del previsto. Vengono inoltre inseriti nella trama spunti accennati ma mai approfonditi, come il difficile rapporto fra fratelli, il bullismo e l’omosessualità della madre di uno dei protagonisti, che enfatizzano la superficialità e l’incoerenza del soggetto.

Il film con Favij, Federico Clapis, Leonardo Decarli e Zoda presentato a RomaFF10

Dopo aver visto buoni segnali di ripresa del cinema di genere italiano con Suburra e Lo chiamavano Jeeg Robot, spiace vedere vanificata malamente l’opportunità di fare qualcosa di diverso dal solito da un film che riesce a scontentare tutti, e che sarà probabilmente dimenticato con grande facilità anche dagli stessi ragazzini che hanno affollato la presentazione del film alla Festa del Cinema di Roma in cerca di un autografo o un selfie con i propri beniamini. Un’occasione sprecata anche per questi giovani fenomeni del web, a cui va riconosciuta un’indubbia capacità naturale nel bucare lo schermo, ma che necessitano ancora di esperienza e studi approfonditi di recitazione, oltre a un progetto serio alle spalle che vada oltre alla mera voglia di fare cassa con i personaggi più in voga del momento.

Game Therapy dimostra che, fortunatamente, per fare cinema di qualità e di intrattenimento occorrono ancora doti artistiche e umane reali e che i milioni di follower e condivisioni non bastano a creare un attore. Mentre non ci sentiamo di infierire su ragazzi catapultati troppo in fretta in un contesto più grande di loro, bocciamo senza appello un progetto di una banalità disarmante anche per adolescenti senza pretese autoriali, che speriamo non abbia il seguito che il finale del film lascia purtroppo presagire.

Regia - 2.2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2.2
Recitazione - 2
Sonoro - 2.2
Emozione - 1

1.8