GEN_: recensione del documentario di Gianluca Matarrese

Scritto assieme a Donatella Della Ratta e presentato al Sundance Film Festival, il documentario fotografa il rapporto e le dinamiche tra il dottor Maurizio Bini e i suoi pazienti

Genetica, genealogia, genere, genoma, genitali, genesi, genitori, gente, generazione, genocidio, gentile, genotipo, gene, genetliaco, gender, genitrice. Tutto parte dalla semplice radice Gen_, titolo e punto di partenza del nuovo documentario diretto da Gianluca Matarrese e scritto da lui insieme a Donatella Della Ratta. Il film racconta e ritrae le attività di Maurizio Bini, direttore dell’unità di sterilità e crioconservazione dell’ospedale Niguarda di Milano.
Gen_ come “dare vita”, Gen_ come “generare”, Gen_ come il genio da cui scaturisce un film quasi interamente girato all’interno della clinica del dottore, dove ci si occupa contemporaneamente di fertilità e affermazione di genere. L’idea nasce da Donatella Della Ratta – studiosa, performer e curatrice specializzata in media, tecnologia e culture arabe – che, dopo aver scoperto Bini e il suo encomiabile lavoro, ha proposto il progetto all’amico Matarrese, regista che negli ultimi cinque anni ha diretto ben nove film arrivati ad importanti festival internazionali. Presentata questa al Sundance Film Festival come unica opera italiana in concorso, la pellicola, coprodotta da Francia, Italia e Svizzera (Bellota Films, Stemal Entertainment ed Elefant Films), arriva in sala il 27 marzo, distribuita da Barz and Hippo.

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GEN_ere, GEN_ etica

Gen_ cinematographe.it

La natura apre e la natura chiude, in quella fuga dalla realtà che vuole l’uomo a contatto con gli elementi più primordiali del reale per, staccare da quella incessante trasformazione vitale che ne regola le abitudini. Al centro l’ospedale Niguarda ed una clinica alquanto sui generis, al centro il dottor Maurizio Bini, esperto in materia di fertilità e di transizione, il quale obiettivo è proprio quello di modulare e modellare vite tramite percorsi eticamente controversi ed oggi molto discussi, sempre sul bordo della legalità, sempre con un occhio d’interesse maggiore volto al benessere del paziente e non al rispetto di norme politiche arretrate e conservatrici, nemiche della libertà e del benessere individuale.

In ordine sparso si susseguono personaggi che sono persone, storie che sono vite, un racconto che altro non è che il racconto della realtà; con il protagonista pronto alla pensione, pronto ad appendere gli strumenti al chiodo e a dedicarsi ai suoi miceti, dopo circa 40 anni di onorato servizio all’interno del sistema sanitario pubblico lombardo. Il suo ufficio diventa uno spazio di confronto, di apertura, uno spazio all’interno del quale viene invitato lo spettatore per assistere al processo di avvicinamento, dal conoscimento all’idea di intervenire, dalle cure alle loro conseguenze. I percorsi di genitori con problemi dissimili che tentano la strada della fecondazione assistita, incontra quelli di persone intente a conciliare finalmente il proprio corpo con la propria identità di genere.

Nuova vita

Gen_ Maurizio Bini cinematographe.it

“La ghianda è già quercia, ma se la mangi non sei responsabile della deforestazione.”
Si esprime così il professor Bini in merito alla vita e, in questo caso specifico, in merito all’embrione, lo stesso attorno a cui oggi si animano i più accesi dibattiti etici su cosa sia o non sia l’esistenza, su cosa possiamo definire vivo e cosa lo è soltanto in prospettiva. Ed è proprio attorno al concetto di vita e alla sua considerazione che si avvolge, per poi svolgersi, il filo che unisce le due aree di interesse del dottore e della sua clinica: trasformare l’esistenza, donandole una nuova vita, una vita degna di essere trovata, degna di essere vera.
Ci sono genitori in lotta con la natura, impossibilitati a generare una propria prole, che intraprendono percorsi per rispondere a quell’esigenza intrinseca che spesso li rende più consapevoli e pronti a svolgere il ruolo genitoriale rispetto a coppie più fortunate. Accanto a loro individui smarriti, alla ricerca della propria identità, di quell’identità che sentono profondamente ma che per troppo tempo hanno nascosto, taciuto, preferendo conformarsi, evitando di sfidare le leggi non scritte di una società ancora troppo retrograda per accettare, senza resistenze, una libera espressione della propria sessualità e della propria identità di genere.
Un inno alla vita che è, più di ogni altra cosa, un inno alla trasformazione, al cambiamento, alla rinascita. Un documentario che non punta i riflettori sul privato, sulle vite dei pazienti, ma piuttosto sul loro percorso con Bini: sui dialoghi che intessono il loro rapporto, sulle paure e le speranze, sui dubbi e sulle ambizioni.

Gen_: valutazione e conclusione

Le 120 ore di girato raccolte da Matarrese sono state setacciate con grande cura e trovano con arguzia un loro focus, una loro cifra. Abbondano i primi piani, abbondano le inquadrature incastonate tra i libri e i documenti dello studio del professor Bini, con la telecamera lasciata lì, come se la si volesse dimenticare, come se non volesse essere un’intrusa all’interno del racconto, ma solo una testimone, posta a documentare, a fotografare un momento, o meglio l’evolversi di un momento. I due autori rimangono il più discreti possibile, riducono la troupe all’osso (con il regista anche in veste di direttore della fotografia, ruolo in cui forse lascia qualcosa a desiderare, a differenza di una regia non scontata e molto interessante) e lasciano spazio alle parole, ai dialoghi che animano quella stanza, in cui il dramma è tutto ma in cui non se ne avverte mai la pesantezza, l’oppressione, neanche quando si stacca su quei rari momenti di silenzio, in cui fuoriesce la natura a ricordarci la vita nella sua forma più pura – con l’unica nota di demerito legata alla musica di Davide Giorgio (in arte Cantautoma), che sembra correre su un binario differente, più leggero e all’apparenza meno consapevole.
GEN_ è un film sulla trasformazione che diventa affermazione, un film sulla vita nuova che diventa vita, un film sulla nuova forma, sul corpo, che mostra molti volti e molte cicatrici, facendosi esso stesso corpo, curato dagli autori che ne sono i medici. Etica o no, un’opera necessaria per comprendere le necessità di alcune minoranze, utile a cogliere la mutevolezza della normalità.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4.5

3.8