Giù la testa: recensione e spiegazione del film di Sergio Leone

Tre anni dopo il suo congedo dal cinema western con C’era una volta il West, Sergio Leone continua la sua ideale trilogia del tempo nel 1971 con Giù la testa, trasportandoci questa volta nel pieno della rivoluzione messicana, guidata da Pancho Villa ed Emiliano Zapata con lo scopo di rovesciare la dittatura del Generale Porfirio Díaz. Il regista italiano in un primo momento voleva cedere la regia del film a un altro straordinario cineasta come Sam Peckinpah, in modo da dedicarsi a tempo pieno al più ambizioso progetto della sua vita, ovvero quel C’era una volta in America che vedrà finalmente la luce solo nel 1984. Sergio Leone fu poi spinto ad accettare la regia di Giù la testa dall’insistenza dei protagonisti Rod Steiger e James Coburn, che si impuntarono per avere il regista italiano, limitando anche considerevolmente le proprie pretese economiche per averlo.

Da segnalare la presenza nel cast di altri grandi attori come Romolo Valli, Rik Battaglia e David Warbeck, oltre all’immancabile accompagnamento musicale di Ennio Morricone, su cui spicca il brano Sean Sean, fra i migliori mai realizzati dal leggendario compositore italiano.
Giù la testa

Io so quello che dico, ci sono cresciuto in mezzo alle rivoluzioni. Quelli che leggono i libri vanno da quelli che non leggono i libri, i poveracci, e gli dicono: “Qui ci vuole un cambiamento!” e la povera gente fa il cambiamento. E poi i più furbi di quelli che leggono i libri si siedono intorno a un tavolo, e parlano, parlano, e mangiano. Parlano e mangiano. E intanto che fine ha fatto la povera gente? Tutti morti! Ecco la tua rivoluzione! Per favore, non parlarmi più di rivoluzione. E porca troia, lo sai che succede dopo? Niente… tutto torna come prima!

La rivoluzione messicana è il teatro dell’incontro fra il peone Juan Miranda (Rod Steiger) e l’irlandese John Mallory (James Coburn). Juan è un bandito cinico, disilluso e in cerca esclusivamente del proprio tornaconto personale, mentre John è un idealista e un fervido sostenitore della rivoluzione, per cui vuole operare e mettere in campo tutte le proprie conoscenza in ambito dinamitardo. John e Juan vedono l’uno nell’altro una possibilità per raggiungere i propri scopi: il messicano può realizzare il proprio sogni di derubare la Banca di Mesa Verde, attaccabile con le armi di John, mentre per l’irlandese l’obiettivo è quello di infiltrarsi all’interno della rivoluzione. Nonostante le ampie e apparentemente inconciliabili divergenze, fra i due si instaura così un rapporto di rispetto e amicizia, che li porterà a riconsiderare le loro vite e i propri ideali.

Giù la testa: un’amara e tagliente riflessione sulla nostra civiltà

Giù la testa

Impossibile scindere Giù la testa dal periodo storico di cui è figlio, fatto di rivoluzioni, contrasti sociali, utopie e ideali. Sergio Leone mette in scena quello che a conti fatti è il suo film più politico, mostrando senza artifici e retorica le due facce della medaglia della rivoluzione, quella più appassionata e convinta e quella più disincantata e rassegnata. John e Juan (non a caso, stesso nome in due lingue diverse) diventano così i protagonisti di un’amara e tagliente riflessione sulla nostra civiltà, da sempre divisa fra la conservazione e il conseguente sfruttamento dello status quo e l’illusoria convinzione di poter davvero cambiare con ardore ed eroismo le fondamenta della società. Nel mettere in luce pregi e difetti dei due lati della rivoluzione, Leone non risparmia inoltre dure e pungenti critiche all’elitarismo e al razzismo, soprattutto nelle sequenze in cui il rozzo Juan viene deriso e disprezzato dalla nobiltà locale.

La maturazione narrativa di Sergio Leone, già evidente in C’era una volta il West, trova una conferma in Giù la testa, in cui il regista intraprende un cammino di riconnessione con l’attualità e il realismo, che lo porterà a dare vita a un viaggio in circa 40 anni di storia americana nel suo successivo e conclusivo lavoro C’era una volta in America. Non si pensi però di trovarsi davanti a un pomposo pamphlet storico e politico. Per Leone il cinema è prima di tutto spettacolo e intrattenimento, quindi il regista italiano non rinuncia al suo inconfondibile stile narrativo e visivo, fatto di epici duelli e tanta dinamite, sorretto dai temi portanti dell’amicizia e di un passato che inevitabilmente torna a presentare il proprio conto, e impreziosito da una mordace e verace ironia, che condisce ogni dialogo e ogni risvolto della trama.

Dopo aver celebrato la fine dell’epoca western con C’era una volta il West, Sergio Leone chiude idealmente con Giù la testa anche quella del Sessantotto

Benché sia spesso ingiustamente considerato un oggetto a se stante all’interno della filmografia di Sergio LeoneGiù la testa è una delle pellicole in cui il leggendario cineasta italiano dà maggiormente voce alla propria indole artistica, descrivendo con corrosiva lucidità i meccanismi alla base di classismo, sopraffazione e ribellione. Fra inganni, tradimenti e torture si dipana una trama che offre meno slanci epici rispetto ai precedenti film del regista, ma in cui ogni tassello va comunque al proprio posto in maniera calzante e convincente, nonostante l’imponente durata di 151 minuti. La storia di Juan e John intrattiene, emoziona e fa riflettere su come spesso la vita ci costringa a combattere per guerre non nostre e a dividerci in inesistenti schieramenti, arrecando danni a noi stessi e agli altri.

Dopo aver celebrato la fine dell’epoca western con C’era una volta il West, Sergio Leone chiude idealmente con Giù la testa anche quella del Sessantotto, lasciandoci appagati ma anche un po’ incerti e smarriti, con un malinconico “E adesso io?”, esplicativo non solo del senso del film, ma anche del disagio esistenziale di un’intera generazione. Rod Steiger e James Coburn centrano due performance intense e convincenti, rendendo con i loro sguardi e le loro movenze le diverse sfaccettature dei loro personaggi e i loro progressivi mutamenti umani e ideologici. La colonna sonora di Ennio Morricone accompagna ed enfatizza i momenti migliori del film, mentre la fotografia di Giuseppe Ruzzolini ben dipinge il contesto storico e sociale all’interno del quale si muovono i protagonisti.

A dominare su tutto la maestria dietro alla macchina da presa di Sergio Leone, che regala meno virtuosismi registici rispetto al solito per concentrarsi sul realismo, pur senza abbandonare i suoi caratteristici e strettissimi primi piani.

Giù la testa mette dolorosamente in scena l’illusorietà di una vera e profonda rivoluzione

Giù la testa

In un’epoca di degrado, di differenze sociali, di terrorismo e di crescente paura del diverso, Giù la testa è un film ancora oggi più attuale che mai, che mette dolorosamente in scena l’illusorietà di una vera e profonda rivoluzione e l’inevitabile ricaduta sui più deboli di qualsiasi tentativo di cambiamento politico e sociale. Un’opera da molti ingiustamente considerata minore, che testimonia invece tutta la sensibilità e l’umanità di una leggenda del cinema di nome Sergio Leone.

La rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo; non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia. La rivoluzione è un atto di violenza.
Mao Tze Tung

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4.5
Emozione - 4

4.3