Gli idoli delle donne: recensione della commedia di e con Lillo e Greg
L'opera, che vede alla regia il noto duo insieme ad Eros Puglielli, è una simpatica avventura romantica imperlata di citazionismo con un'ilarità che gratta solo la superficie.
Gli idoli delle donne rappresenta due grandi ritorni del cinema italiano: da un lato il noto duo comico Lillo e Greg si cimenta di nuovo alla regia dopo D.N.A. – Decisamente non adatti (2020), dall’altro Eros Puglielli, famoso film-maker, si appropria nuovamente della cinepresa per supportare la coppia. Un progetto insolito che sembra reggersi in modo molto precario, d’altronde abbiamo una tripletta disfunzionale composta da due comici (abituati prevalentemente a regie teatrali) e un autore cinematografico (che ha una visione più centrata ed efficace di un lungometraggio). È molto lunga la tradizione cinematografica italiana che vede maestri di risate al timone di pellicole, basti pensare a Checco Zalone e a Ficarra e Picone, tutti campioni d’incassi.
Ma è sbagliato pensare a Gli idoli delle donne come un film dai soldi facili, perché, seppur con tutti i difetti del caso, il lungometraggio ricerca una raffinatezza stilistica e contenutistica che tenta in tutti i modi di andare oltre il solito schema irriverente italiano, per far sorridere appellandosi ad un citazionismo elegante, che talune volte rimane un po’ fine a sé stesso. Per quanto l’idea alla base del progetto sia efficace, il maggiore problema del titolo è che è troppo denso di materiale e che non sempre riesce a funzionare sinergicamente in modo adeguato. La pellicola, distribuita da Lucky Red, arriva nelle sale italiane il 14 aprile 2022 con la produzione della stessa Lucky Red insieme a Vision Distribution.
Gli idoli delle donne: una coppia che funziona efficacemente
Gli idoli delle donne ha come protagonista il gigolò Filippo (Francesco Arca), tra i più ricercati ed apprezzati della Capitale. Dopo un’incidente, però, a causa di un’allergia al cortisone, il suo corpo si gonfia e cambiando aspetto (qui entra in scena Lillo), il suo sex appeal decade ai minimi storici. Riuscirà il suo mentore Max (interpretato da Greg) a guidarlo sulla sacra via della seduzione e farlo tornare in pista ancora meglio di prima? La storia del lungometraggio, per quanto si appoggia a classici stilemi della commedia, diverte nella sua costruzione irriverente, volta ad un gioco narrativo che vede scontrarsi, nell’amore, l’estetica alla forma, la bellezza contro il savoir-faire.
Il vero punto di forza del progetto, non a caso, è proprio l’alchimia tra Lillo e Greg, che incarnano due differenti tipi di fascinazione ed è proprio nei continui conflitti tra i personaggi che si racchiude il divertimento più istintivo e naturale possibile. Partendo da una scrittura efficace dei due comprimari, Filippo e Max fanno ridere in quanto archetipi millenari di due aspetti dell’amore che, in realtà, non sono da vedere come nettamente divisi e separati, perché funzionano meglio quando si uniscono. Certo, è pur vero che tale soluzione è una via facile e immediata all’irriverenza, ma probabilmente se non ci fossero stati Lillo e Greg il risultato poteva essere diverso e non per certo buono allo stesso modo.
La coppia riesce ad esprimere il suo massimo potenziale in maniera particolare quando ripropone secolari schemi comici che abbiamo visto usati più e più volte all’interno del genere e nei loro spettacoli (uno su tutti, i suggerimenti nell’auricolare, ma non andiamo oltre per non rovinare la visione) ma che, effettivamente, regala sempre grandi emozioni in contesti diversi e alternativi rispetto al solito. Anche nei momenti più innovativi del film, in realtà, la scrittura dei due personaggi principali reagisce bene alle novità e anche i due, con una buona dose di improvvisazione, riescono agilmente ad adattarsi in ogni situazione, dimostrandosi due abili artisti a teatro, così come nel cinema.
Andando più a fondo a descrivere la sceneggiatura, però, ci si accorge che, oltre alla caratterizzazione dei protagonisti, tutto quello che va al di là della loro relazione su schermo non brilla allo stesso modo. Ovvio che il copione è stato concepito in particolar per vedere interagire Lillo e Greg, ma è altrettanto vero che la pellicola è comunque ricca di altri elementi esterni che purtroppo non funzionano come dovrebbero e anzi, vanno a creare pesantezza ad una storia che probabilmente avrebbe funzionato meglio se più lineare e diretta in tutte le sue componenti.
Gli idoli delle donne: una storyline secondaria e un citazionismo che minano in parte l’anima irriverente del progetto
Andando nel dettaglio, la storyline che coinvolge Corrado Guzzanti e Ilaria Spada, rispettivamente nei ruoli di marito e consorte di una famiglia mafiosa colombiana, non riesce ad avere il peso adeguato all’interno della storia. In altre parole, nonostante regala qualche piccolo spunto comico, non va oltre il semplice contorno e accompagnamento, non risultando mai importante ai sensi dello sviluppo della trama principale. È però giusto sottolineare che sia Guzzanti che la Spada sono perfettamente in parte e dipingono in modo rocambolesco e affiatatissimo una coppia della malavita elettrizzante e moderna.
Passando a parlare della regia di Puglielli coadiuvata dall’apporto di Lillo e Greg, la sua arma principale è da rintracciare nell’utilizzo di un raffinato e bilanciato citazionismo che aggiunge alla solita direzione comica anche derivazioni dal mondo degli spy movie (le riprese della dimora di Max che evocano L’uomo dalla pistola d’oro di bondiana memoria, ma anche i piani rocamboleschi dei due protagonisti) con un pizzico di misticismo e crime che ci stanno sempre bene come accompagnamento. Se questa precisa intenzione di ibridare il progetto con tanti spunti diversi può risultare divertente ad un primo sguardo, mano a mano che la commedia va avanti, si vanno a sovrapporre troppi livelli stilistici che ostacolano lo spirito più puro del film.
In generale, però, quello che stupisce è che, nonostante siamo in presenza di tre voci diverse che hanno messo mano alla cinepresa, ciò che rimane, alla fine, è un’organicità di fondo che, come anticipavamo prima, va fuori dai soliti canoni mainstream, ma che comunque, per una serie di limitazioni, non risulta centrata al massimo. È apprezzabile il tentativo di sperimentalismo tentato a più riprese dal lungometraggio, ma non è sufficiente a rendere il progetto superiore rispetto alla media, anche se le premesse c’erano effettivamente tutte.
Gli idoli delle donne è una commedia che ha tanti buoni spunti, un cast eccezionale e alcune idee davvero brillanti, ma che alla fine sa comunque di già visto. Il paradosso più grande del prodotto è che risulta più efficace e preciso quando coinvolge gli stilemi più classici e usati del genere, che per tutta la durata del film vengono messi più volte in discussione. Lillo e Greg, mattatori per eccellenza del lungometraggio, trionfano su una sceneggiatura che inutilmente fa uso di storyline secondarie non all’altezza (anche se Corrado Guzzanti e Ilaria Spada sono da manuale), con una regia che rimane incastrata in un citazionismo divertente e scanzonato, fin troppo fine a sé stesso che fornisce ben pochi elementi risolutivi.