Gli Indesiderabili: recensione del film di Ladj Ly
La seconda prova da regista di Ladj Ly è ancor più feroce, rabbiosa e attuale della precedente. Sul potere che fa la guerra al popolo e la violenza cieca e incontrollata che ne consegue. Un cinema che molto deve ad Elio Petri e Michael Mann. Ottime le prove di Alexis Manenti, Anta Diaw e Aristote Luyindula. In sala dall’11 giugno
A cinque anni di distanza da I Miserabili, folgorante e adrenalinico esordio al lungometraggio, Ladj Ly è tornato, restando fedele ad un’idea di cinema estremamente personale, politica, feroce e attuale. Interessandosi a tutta quella fascia sociale che molto raramente ci è possibile osservare, tanto attraverso gli schermi cinematografici, quanto attraverso gli schermi televisivi, Ly con Gli Indesiderabili, allontanandosi maggiormente dalla matrice d’assalto propria dell’esordio I Miserabili, si avvicina sempre più al polar e in qualche modo, perfino al falso documentario. Gli Indesiderabili è in sala a partire da giovedì 11 luglio 2024, distribuzione a cura di Lucky Red.
Quando il sindaco fa la guerra ai cittadini. Un cinema feroce e attuale
La scena d’apertura di Gli Indesiderabili è già di per sé paradigmatica rispetto a ciò che in seguito verrà. Un sindaco che di fronte ai suoi cittadini fa crollare un palazzo, perdendo la vita nel corso dell’evento. C’è polvere ovunque, caos e così la fine e poi l’inizio di un’era, un cambio di passo destinato a mutare ogni logica. Non sono dunque casuali gli sguardi di sospetto e forse perfino di timore, che si ripetono più e più volte tra il vice Roger Roche (Steve Tientcheu) e Pierre (Alexis Manenti), giovane e futuro sindaco del malandato Bâtiment 5.
La tensione è palpabile fin dai primissimi minuti, nonostante lo spettatore non riesca ancora ad avere le idee chiare rispetto a quale possa essere realmente la fonte generatrice di terrore e rabbia all’interno del Bâtiment. Molto presto però, Ladj Ly svela le carte che strutturano la narrazione di Gli Indesiderabili, il suo film probabilmente più pacato, ma non per questo privo di rabbia, violenza e disordine. Questo perché a differenza del lungometraggio d’esordio, Gli Indesiderabili si muove sempre più in direzione del thriller e del polar, pur sempre calati alla medesima maniera nei linguaggi e nelle dinamiche proprie della politica e degli eccessi del potere.
In una prima parte focalizzata sulle nuove elezioni, conseguenti al decesso del sindaco nel corso del crollo del palazzo, Ladj Ly confonde più volte lo spettatore, impedendogli di comprendere a fondo la violenza fin da subito celata negli ingranaggi che Pierre (la prova di Manenti è ancora una volta estremamente solida e forse ancor più meritevole di quella vista nel meraviglioso I Miserabili), poiché lungimirante e affamato di potere, non smette di manipolare e modellare a seconda dei propri istinti e corrotte volontà.
Qualcuno però ha già osservato e compreso il male che verrà. Si tratta della giovane attivista Haby Keita (che grande prova quella di Anta Diaw, così colma di sconforto, ma mai di sottomissione), colei che in compagnia di un manipolo di giovani coraggiosi, tenterà in ogni modo di fare la guerra, pur sempre civilmente e poggiandosi sulle proposte e gli ideali, al giovane sindaco Pierre, nient’affatto interessato al dibattito, piuttosto all’azione, quella più cupa, privativa, sorda e dittatoriale.
Gli Indesiderabili: valutazione e conclusione
Un polar dunque che inevitabilmente dialoga con i tempi confusi e sempre più conflittuali e cupi che ci ritroviamo a vivere. Niente più droni, niente più schermi, né tantomeno azioni di polizia. Tutto si concentra sulla rabbia e lo sconforto dei cittadini, che se in un primo momento resta sopito, poco dopo viene alimentato dalle volontà belligeranti, fasciste e ostili di chi invece dovrebbe essere al servizio, di chi invece dovrebbe comprendere, ascoltare e proporre.
Nonostante la guerra, la rabbia e la fame di potere però, sopravvivono all’odio, alla mancanza di empatia e al profondo cinismo del conflitto, destinato a sconvolgere gli equilibri del Bâtiment 5, l’amicizia, la solidarietà e l’amore che pur mossi e confusi dalla rabbia e dalla privazione, restano saldi, permettendo di scorgere l’orizzonte, oltre le fiamme, oltre la banalità della morte e del male.
Gli Indesiderabili è forte di una lunga serie di interpretazioni solidissime e realmente efficaci, proprio perché estremamente calate in un contesto narrativo e linguistico ai limiti del cinema documentaristico. Così come di un notevole script firmato da Ladj Ly e Giordano Gederlini, che molto deve ad Alan J. Pakula, Elio Petri, Michael Mann e Ken Loach. Ciascuno dei quali viene riletto dagli autori di I Miserabili e Gli Indesiderabili, attraverso i codici della rabbia incontrollata e del male, che perfino l’amore può non riuscire a controllare più, convincendo e conquistando lo spettatore, che si ritrova ad osservare qui un cinema d’immagini, suoni, sguardi e parole d’insospettabile realismo ed efficacia.
Gli Indesiderabili è una bomba. Parla di noi. Parla dell’oggi e di ciò che incautamente stiamo alimentando ed osservando.