Gli Indifferenti: recensione del film con Edoardo Pesce e Valeria Bruni Tedeschi
Tratto liberamente dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia il film di Leonardo Guerra Seràgnoli si rivela un’opera rigorosa, elegante e attuale.
Una lieve scossa di assestamento che raggiunge la Capitale per un terremoto in centro Italia sembra scuotere finalmente dal loro torpore anche una ricca famiglia della borghesia romana ormai in declino. Leonardo Guerra Seràgnoli racconta la famiglia degli Ardengo nel film Gli Indifferenti con protagonisti Valeria Bruni Tedeschi, Edoardo Pesce, Vincenzo Crea, Beatrice Grannò e Giovanna Mezzogiorno. Una produzione Indiana Production e Vision Distribution dal 24 novembre disponibile on demand Su Sky Primafila, Apple Tv, Google Play, Chili, Rakuten, Tim Vision, Infinity, Miocinema, Iorestoinsala, Cg Digital, The Film Club.
Mariagrazia dopo la morte del marito vive grazie ai prestiti che da tre anni le fa Leo Merumeci, manager tuttofare e suo amante, che le permette in questo modo di continuare a fare la vita agiata e mondana alla quale è sempre stata abituata. I figli della donna, Carla e Michele, considerano ormai Leo uno di famiglia grazie al quale la prima può coltivare la sua aspirazione di diventare una gamer professionista e il secondo studiare all’estero. Ma proprio al suo ritorno a Roma Michele intuisce che Leo si sta approfittando di sua madre per ottenere a poco prezzo l’unico bene che è rimasto alla sua famiglia: un bellissimo attico. Ma Mariagrazia è troppo innamorata e superficiale per vedere la realtà e soprattutto accorgersi delle morbose attenzioni di Leo nei confronti di Carla. Sarà proprio la ragazza a tentare di far aprire finalmente gli occhi alla madre.
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Gli Indifferenti – Una decadenza morale senza tempo
Leonardo Guerra Seràgnoli si ispira liberamente al capolavoro di Alberto Moravia Gli Indifferenti traducendo il vuoto interiore e l’indifferenza alla vita e alle emozioni in dei personaggi inseriti nella contemporaneità ma che conservano la meschinità e l’ipocrisia della borghesia raccontata nel romanzo pubblicato nel 1929 senza per questo apparire anacronistici. Una decadenza morale, quindi, che non ha tempo, rappresentata in particolar modo da Mariagrazia e Leo: una preoccupata solo delle apparenze, che paragona i suoi frivoli bisogni a quelli della domestica che chiede di avere lo stipendio arretrato per pagare l’affitto, l’altro viscido e meschino che usa le difficoltà altrui per raggiungere i suoi obiettivi, come “sedurre” la giovane Carla sapendo benissimo che non potrà ribellarsi perché ha bisogno dei suoi soldi per vivere. Così la ragazza si “concede” all’uomo con freddezza, immobile, perdendo in un solo momento quella luce negli occhi che gli altri personaggi non hanno sin dall’inizio del film.
Sono degli sguardi spenti, incapaci di provare interesse verso qualcosa o qualcuno o di sentire delle vere emozioni: degli sguardi persi nel vuoto anche durante l’atto sessuale che non ha nessuna valenza erotica o sensuale, come quello di Carla con Leo, un vero e proprio abuso, quello di Mariagrazia che tenta inutilmente di provare anche piacere fisico e quello senza passione di Michele con la matura Lisa. Così l’eleganza della messa in scena, in ambienti ricercati e sontuosi, curati nei minimi particolari, contrasta con quei corpi che si muovono da una stanza all’altra quasi svuotati di un’anima, indifferenti all’amore, alla pietà, alla dignità, alla gioia. Nemmeno un terremoto emotivo riesce a cambiarli e anche la stessa Carla, quella che sembrava essere il motore di una rivoluzione familiare, si adegua a quel vivere senza sentire in un finale scioccante pur nel suo garbo formale.
Gli Indifferenti – Interpretazioni impeccabili e vere
Il regista rimane fedele allo spirito del romanzo di Alberto Moravia dirigendo i protagonisti in maniera impeccabile, i quali appaiono tutti perfettamente inseriti nelle loro parti consegnando delle interpretazioni profonde e vere: Edoardo Pesce nel ruolo di Leo è perfetto in ogni movenza, in ogni sguardo riflessivo e calcolatore e nel comunicare tutto lo squallore delle sue intenzioni; Valeria Bruni Tedeschi sembra nata per interpretare Mariagrazia Ardengo riuscendo a esprimere tutta la vacuità del suo personaggio che balla in maniera ridicola ed elemosina soldi e calore umano e quando il mondo dovrebbe crollarle addosso si preoccupa solo delle convenzioni sociali e di un ballo in maschera; mentre Vincenzo Crea, dal profilo aristocratico, e Beatrice Grannò, l’unica per quale si prova un po’ di empatia, sono i perfetti figli di una borghesia falsa e anaffettiva. Infine Giovanna Mezzogiorno anche in una piccola parte si rivela sempre rigorosa e autentica.
Due menzioni speciali anche per la colonna sonora del compositore Matteo Franceschini che commenta con coerenza le vicende degli Ardengo attraverso delle musiche elettroniche che esprimono tutta la freddezza del loro essere e alla scenografia opulenta e bellissima di Giada Calabria.