Gli Stati Uniti contro Billie Holiday: recensione del film di Lee Daniels
Gli Stati Uniti contro Billie Holiday è il ritratto di una donna tanto bella quanto fragile, schiaffeggiata e ferita da chi le giurava amore.
Gli Stati Uniti contro Billie Holiday, il biopic drama diretto da Lee Daniels e in uscita in Italia dal 5 maggio 2022 grazie a BIM Distribution, è l’adattamento cinematografico del libro Chasing the Scream scritto da Johann Hari, che vede l’attrice Andra May nel ruolo dell’icona della musica jazz, Billie Holiday; un debutto che le ha procurato anche la nomination all’Oscar.
Nell’arco di 130 minuti Gli Stati Uniti contro Billie Holiday scava nella sofferenza di una cantante mulatta la cui vita fu compressa tra il razzismo e il proibizionismo americano degli anni ‘40. Il film è un lavoro di ricerca ed esplorazione verso una denuncia chiara e ruvida di un racconto biografico reso attuale, attualissimo, immergendosi in varie e alterne emozioni, dalla oppressione di un diritto umano sino alla libertà omaggiate da una scenografia ben eseguita tra elementi visivi ed elementi sonori.
La storia narrata nel lungometraggio si apre con una delle ultime interviste della cantante jazz e riporta l’episodio sul quale si basa tutto il racconto, la canzone Strange fruit, una poesia di protesta, eseguita per la prima volta nel nightclub Café Society di New York nel 1939, che condannò la donna per tutta la vita.
Billie Holiday, coraggiosa e impegnata sostenitrice dei diritti umani, voce leggendaria e unica nella storia del Jazz, fu quasi ossessivamente perseguitata dal governo americano che non gradiva i testi delle sue canzoni né il suo successo e ricercava pretesti per interrompere le sue esibizioni. Più volte allontanata violentemente dai palchi, condannata per l’uso di stupefacenti.
Il film è ricerca ed evoluzione tecnica di linguaggio e immagine rese racconto di un capolavoro, dal quale emerge tutta la verità di una storia struggente e gli eventi tragici che sin dalla nascita hanno accompagnato la breve esistenza di Billie Holiday.
Un’esistenza “maledetta”, fatta di abusi e dipendenze, prostituzione e violenze, abbandoni e fallimenti. Nata da un rapporto occasionale tra un musicista jazz e la madre appena tredicenne, Billie Holiday, abbandonata e costretta a subire maltrattamenti, finì persino in un riformatorio fino a quando, casualmente, venne notata da alcuni agenti, i quali compresero che la voce di Billie era, da sola, un’orchestra il cui suono interpretava pienamente le mille sfumature della vita. La sua voce libera e strozzata, inconfondibile e unica, squarciava gli animi più duri e regalava una differente visione sul mondo.
Gli Stati Uniti contro Billie Holiday: la Lady Day del jazz perseguitata e condannata dallo stato americano
La Lady Day del jazz, così denominata, seminava emozioni e non solo nel mondo della musica. Gli Stati Uniti contro Billie Holiday non risparmia nulla; un film che non maschera la crudezza di una vita apparentemente sotto i riflettori, solcata da profonde inquietudini, dai fallimenti dei suoi matrimoni, dalle continue accuse di uso di narcotici, dalle persecuzioni dello Stato americano, dalle truffe subite dagli uomini che le stavano accanto: una donna tanto bella quanto fragile, schiaffeggiata e ferita da chi le giurava amore. Eppure, Billie Holiday riuscì ad essere circondata da buoni amici e nel film emerge il rapporto con un agente di polizia, Jimmy Fletcher, un ragazzo nero che si innamorò di lei, disubbidendo agli ordini di “doverla rovinare” impartiti dai superiori “bianchi”.
Ma la sua vita compromessa dall’uso di sostanze stupefacenti e amori sbagliati, la vita di una tossica, è fatta di ricadute, e Billie ogni volta cedeva a finzioni e adulatorie attenzioni, macchinazioni di chi voleva vederla dietro le sbarre, impedendo che la sua voce desse respiro alla libertà. Un’America oscurantista e reazionaria, ipocritamente perbenista tramava contro di lei, donna di colore; le vibrazioni della sua voce agitavano e animavano gli animi di chi cercava riscatto e uguaglianza. La sua voce, la sua musica, “Strange fruit”, canzone alla quale Billie Holiday ha legato la sua anima, dava fastidio.
Billie Holiday muore il 17 luglio del 1959, a 44 anni, ammanettata al letto di un ospedale. Il film è una chiara e coraggiosa denuncia verso quella parte di America dove ancora oggi batte un cuore razzista; ma, ancora oggi le note di “Strange fruit”, vengono cantate, campionate, riproposte in tutta la loro forza. Strange fruit è stata inserita nella classifica dei Grammy e il Time l’ha proclamata la canzone più bella del secolo scorso.
Lee Daniels, con Gli Stati Uniti contro Billie Holiday omaggia la straordinaria “vita maledetta” di una grande artista; svela la verità che ha ucciso una delle voci più belle di sempre. Il regista offre una fotografia dai colori lividi, usando la macchina da presa magistralmente senza veli, senza sovrastrutture romanzate ma con l’immediatezza di raccontare tutta la contemporaneità della storia di una donna vissuta negli anni ’40, investigando sui “non detti” in un’epoca che ancora oggi ricorda i suoi danni. La lady del blues rivive attraverso la regia esplicita e straordinaria di Lee Daniels. Dal 5 Maggio in tutti i cinema un lavoro, un film, una storia emozionante.