Goliath: recensione in anteprima della serie Amazon Prime Video

“Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia di Gat. Era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza di piastre (…)”. (1Samuele 17, 4-5). Dalla Bibbia, il best-seller più famoso del mondo, nascono i presupposti di Goliath, la nuova serie televisiva di Amazon Prime Video. I novelli Davide e Golia non combattono con lancia e fionda ma a colpi di oratoria in tribunale. Gli otto episodi saranno disponibili da venerdì 17 febbraio.

Protagonista indiscusso della serie è Billy McBride, avvocato in rovina interpretato da un ottimo Billy Bob Thornton. Insieme a lui William Hurt che interpreta Donald Cooperman, nemico agguerrito a capo del mastodontico studio Cooperman&McBride. Nel cast Maria Bello (Michelle McBride), Olivia Thirlby (Lucy Kittridge), Nina Arianda (Patty Solis-Papagian), Molly Parker (Callie Senate) e Tania Raymonde (Brittany Gold).

I presupposti di Goliath, la nuova serie televisiva di Amazon Prime Video, nascono direttamente dalla Bibbia

Nina Arianda interpreta Patty Solis-Papagian

I personaggi di Davide e Golia rappresentano bene lo scontro del piccolo contro il grande, dell’avvocato spiantato ma brillante contro il ciclopico studio legale che sembra impossibile da abbattere. Il campo di battaglia di Goliath è dato dal caso del suicidio di un uomo che si sarebbe fatto saltare in aria su una barca in mezzo al mare. L’ipotesi non convince e la sorella della vittima che si rivolge a McBride.

Billy Bob Thornton è la cosa più interessante della serie (non per niente ha già vinto un Golden Globe per il ruolo). Il personaggio che si muove sullo schermo è un uomo svuotato, senza lavoro, senza moglie, con un rapporto difficile con la figlia. Un personaggio logorato ma allo stesso tempo lucido, che nonostante le apparenze si mantiene a distanza dall’autodistruzione totale. Billy McBride domina anche la sigla di Goliath, che è una delle parti migliori della serie. Il testo di Bartholomew dei Silent Comedy è azzeccato e la musica coinvolgente (già alla terza puntata la saprete a memoria e non potrete fare a meno di tenere il tempo).

Il caso che gli viene affidato suscita in lui la voglia di riscattarsi ma anche di vendicarsi di Donald Cooperman. Qui arriva uno dei punti più critici della serie che mette in scena un odio assoluto tra i due avvocati ma senza motivarlo. Un elemento che non intralcia trama ma che lascia dei nodi irrisolti, domande per le quali si sente l’esigenza di una risposta. Inoltre, il cattivo della storia lascia un po’ perplessi.

Billy McBride è un uomo svuotato, senza lavoro, senza moglie, con un rapporto difficile con la figlia. Logorato ma lucido, non giunge mai alla totale autodistruzione.

William Hurt tratteggia un uomo che, sfigurato in volto, vive come un eremita. Nemmeno gli avvocati del suo studio lo conoscono tanto che dubitano della sua esistenza, testimoniata solo da due o tre eletti che hanno accesso al suo studio. Nonostante la reclusione Donad Cooperman controlla la città: grazie a telecamere installate ovunque controlla i suoi dipendenti, ascolta i loro discorsi, assiste ai processi in tribunale. In più ha potere e mezzi per organizzare rappresaglie di ogni tipo contro tutti coloro che sono contro di lui. Spesso non ha neanche bisogno di parlare per gestire una conversazione: è sufficiente il suo clicker che usa in modo compulsivo. Sembra di trovarsi di fronte al Grande Fratello di George Orwell. 

William Hurt tratteggia un uomo che, sfigurato in volto, vive come un eremita: un incrocio tra il Grande Fratello di Orwell e Due Facce/Harvey Dent riuscito solo in parte

William Hurt/Donald Cooperman nel suo ufficio dove vive come un recluso

Grande attenzione è stata dedicata agli ambienti. Billy McBride si muove tra l’Ocean Lodge, un motel sulla costa, e Chez Jay, il bar sotto casa dove si sbronza. Sono luoghi che riflettono la sua condizione: sono poveri, squallidi, ridotti in rovina come lui. L’ufficio di Donald Cooperman è lo specchio della sua anima: buio, misterioso con la luce rossastra degli schermi su cui passano le riprese delle varie telecamere. Il suo volto sfigurato a metà ricorda quello di Due Facce/Harvey Dent dellUniverso DC (che, manco a farlo apposta, era un avvocato).

Goliath è una serie tv che non riesce a convincere fino in fondo nonostante la cura con cui è realizzata

Maria Bello è un’ottima Michelle McBride, ex moglie di McBride e dipendente di Cooperman

Degna di nota è la sceneggiatura, ritmata dalle parole “fuck” “shit”, “fuck off”, “bitch” ecc. usati come intercalari. Detta così può sembrare un eccesso ma in realtà ha una funzione ben precisa: il tipo di linguaggio è una delle poche cose che tutti i personaggi condividono. Pur distinti dalla condizione economica, dai luoghi in cui vivono e dagli ambienti che frequentano appartengono tutti al genere umano. E come molte altre serie tv e film ci hanno raccontato il genere umano non è esattamente tra i migliori che ci siano, moralmente parlando.

Il risultato che vediamo sullo schermo è una serie tv che non riesce a convincere fino in fondo nonostante la cura con cui è realizzata. Gli interpreti ci regalano tutti delle buone (alcuni ottime) performance su cui la serie si regge. Billy Bob Thornton compie un miracolo con Billy McBride: un interpretazione quasi mai sopra le righe ma che tuttavia riesce a dominare la scena. A dispetto di questo, non si può fare a meno di avvertire un po’ noia nel corso delle otto puntate di Goliath. Anche i colpi di scena sono pochi e fulminei.  Il finale vorrebbe essere un colpo di scena ma resta poco credibile. Negli otto episodi è evidente un gran cura dei dettagli: sarebbe stato meglio forse curare di più la trama e le storie dietro ai personaggi. Una serie godibile ma che non riesce del tutto a decollare.

Regia - 3
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 2

3.4