RomaFF12 – Guarda in Alto: recensione
Guarda in Alto è il film di Fulvio Risuleo con Giacomo Ferrara nel cast. Il viaggio dall'underground all'upperground presentato ad Alice nella Città 2017.
Giovani senza futuro, in cerca di un posto del mondo, spaventati dal precariato, disorientati, non riescono a costruire, né a demolire, il più delle volte sono fermi a guardare. Ma cosa guardano? Guardano in basso, come se il suolo potesse crollare da un momento all’altro, facendoli sprofondare.
Per poter far qualcosa, per esprimere le loro idee, nuove, imperfette, in lavorazione, gli viene concesso uno spazio che prende il nome di Underground. Lo spazio per il teatro off, per la musica sperimentale, per il cinema indipendente. Un nome che a pensarci bene ha del pessimismo intrinseco; in superficie tutto deve essere regolato dalle medesime regole, cristallizzano in un’apparente stabilità. Così loro devono stare nascosti nel sottosuolo, arrivando agli altri come un’eco lontano, che raramente tuona.
Fulvio Risuleo, regista di Guarda in Alto non vuole stare a queste regole, ribalta la concezione di cultura del sottobosco da sopra a sotto, dal buio alla luce, non si è più nascosti, ma alla luce del sole: sopra i tetti delle case.
Guarda in Alto è l’avventura di un apprendista fornaio, Teco (Giacomo Ferrara), che fugge dal lavoro verso l’ignoto, come i migliori protagonisti del genere. Con fedele aderenza alle regole del viaggio dell’eroe, Teco esplora l’upperground e step by step entra in relazione con diversi nuclei sociali.
Guarda in Alto: viaggio dall’underground all’upperground nel film di Fulvio Risuleo
Ci sono i bambini, diversi per provenienza e cultura, che stanno lavorando a un progetto, raccontato con lo sguardo di chi vede una strada nell’impossibile, di chi combatte per il proprio obiettivo anche se la scienza direbbe che non si può. Teco è sedotto dal loro spirito, lui che fa un lavoro che non gli piace, che quando torna a casa pensa a dormire, che sogna di scappare. Un po’ come tutti lì sopra, però la prospettiva non è quella di abbandonare la propria città, ma di avventurarsi nella meraviglia, un viaggio gulliveriano.
La seconda tappa del percorso è l’incontro con un anziano che si è ritagliato nella Roma urbana un pezzo di campagna, con tanto di vegetazione e api. Poi ci saranno dei francesi in giro in mongolfiera e per finire uno squarcio sociale di quelli che a Roma sono definiti artisti, anarchici, hipster e che lì sono semplicemente i residenti. Tutto è come lo conosciamo, ma diverso, perché viene eliminato il giudizio, eliminate le regole che li vogliono ingabbiati nella società e questa libertà di essere se stessi li rende felici, ma non solo. Permette loro di fare il volo del calabrone, di osare e credere in una comunità rispettosa e collaborativa.
La magia di Fulvio Risuleo è di adottare degli escamotage espressivi per tradurre una fantasia applicata, per rendere possibile il ribaltamento della prospettiva.
Si diventa adulti prima ancora di essere ragazzi e questa disillusione non ci permetterà mai di avanzare, la fantasia serve per abituare la mente a vedere oltre, perché per arrivare sulla luna bisogna puntare al sole.
La fuga non è la soluzione, lo è il viaggio all’interno della propria città, attraverso gli altri, le loro idee, le loro culture, le loro follie.
La narrazione segue la giornata di Teco dalla mattina alla sera, si parte e si torna allo stesso punto, attraverso una trasformazione. Seppure succedono molte cose, il tempo scorre piano, come per dare la possibilità di soffermarsi sui dettagli, espressi da una fotografia vivida, le immagini restituiscono verità, nitide, trasparenti. Non ci sono troppi movimenti della macchina da presa, vengono creati piuttosto dei quadri in cui un gesto, uno sguardo o un’interazione diventano rivelazione.
C’è inoltre un equilibrio estatico del suono, i dialoghi sono sceltissimi e la musica di Sun Araw appare come il respiro di questo universo, come il traffico rispetto alla città. Ci sono strumenti a fiato e a percussione: suoni tribali della nuova comunità che sta nascendo.
Ci sono cose che non hanno nessun senso, ma sono molto importanti. C’è bisogno di meraviglia.
Viene detto al protagonista alla fine del suo viaggio e questa non è forse la regola della vita? Dovremmo tenerla ben a mente, sopra tutto, in alto, per fare grandi passi.