Guardiani della Galassia: Volume 3 – recensione del film di James Gunn

Guardiani della Galassia: Volume 3 è l'ultimo, attesissimo capitolo delle avventure degli eroi Marvel. Nelle sale italiane il 3 maggio 2023, dirige James Gunn, interpretano Chris Pratt, Zoe Saldaña, Dave Bautista e tanti altri.

Allacciate le cinture, che gli anni ’90 sono arrivati. Nessuno si azzardi a mettere in discussione la centralità della musica nell’architettura tematica, narrativa e sentimentale della trilogia; il fatto che Guardiani della Galassia: Volume 3 – scritto e diretto da James Gunn e nelle sale italiane il 3 maggio 2023 per The Walt Disney Company Italia – cominci con una versione acustica del pezzo più famoso dei Radiohead, è del 1992 e si chiama Creep, ci dimostra quanto il baricentro emotivo del film si sia progressivamente spostato verso territori più maturi e introspettivi. In effetti le cose, per tutti quelli coinvolti nel progetto, il super cast comprende Chris Pratt, Zoe Saldaña, Dave Bautista, Karen Gillan, Pom Klementieff, Sean Gunn, Chukwudi Iwuji, Syvester Stallone, Elizabeth Debicki, Will Poulter e finisce qui solo per non sovraccaricare gli archivi mnemonici di chi legge, non vanno proprio alla grandissima. Vale anche per gli addetti al doppiaggio, cioè Bradley Cooper, Vin Diesel e Maria Bakalova. Rock alternativo è una bella parola, ma non bisogna scordare che questo è un film della Marvel e c’è un limite oltre il quale non ci si può spingere, quando si va a caccia di sofisticatezza. A meno che non ti chiami James Gunn.

Guardiani della Galassia: Volume 3 cinematographe.it recensione

Spiegare il film per mezzo dei Radiohead. Il quasi grunge di Creep è un simbolo della controcultura degli anni ’90, certo, ma i Radiohead non sono mai stati una band qualsiasi, piuttosto i Beatles del rock alternativo, così come il successo della canzone non è mai stato questione di nicchia e di pochi fortunati. Thom Yorke ha evitato di cantarla per anni, stordito da una popolarità che temeva potesse portarlo fuori strada. Fortunamente ha cambiato idea, ma è proprio nella natura contraddittoria del pezzo, commerciale e ai margini, che si riflette l’ambizione di Guardiani della Galassia: Volume 3. Complicare le cose, appesantire le personalità, approfondire le relazioni, senza dimenticarsi del colore, del sentimento e dell’umorismo. Lo sdoppiamento della personalità: mainstream e alternativi (ancora, nei limiti dell’universo Marvel) nello stesso momento. A conti fatti funziona, cosa di cui la Marvel deve preoccuparsi un po’. Perché come lo fa James Gunn, il cinecomic, ce ne sono pochi. Lui, ormai, lavora per la concorrenza, così che il film si carica di un ulteriore livello di malinconia. Il lungo addio di un regista, di un team di eroi, di un immaginario. Sarà davvero così?

Guardiani della Galassia – Volume 3: è l’ora di Rocket, mentre i Guardiani passano un brutto quarto d’ora

Guardiani della Galassia: Volume 3 cinematographe.it recensione

Non chiedete di cosa parla Guardiani della Galassia: Volume 3, perché il tema è praticamente lo stesso di ogni film commerciale girato negli ultimi 130 anni. La famiglia. Il punto è che la trilogia e il singolo capitolo funzionano decentemente sull’argomento, meglio di tanti altri, perché James Gunn sa trattarlo nel modo giusto. Prima di tutto, ha scelto una famiglia acquisita, non costruita sul sangue e l’imponderabile arbitrio delle circostanze; i Guardiani sono la famiglia che ti scegli, non quella che hai ereditato anche se con quest’ultima, inevitabilmente, bisogna farci i conti lo stesso. In secondo luogo ha capito che sì, è vero, una famiglia riuscita è quella che sa armonizzare le differenze. Differenza è la parola chiave. I Guardiani sono un gruppetto molto eterogeneo, hanno storie, personalità e capacità differenti ed è ridicolo pensare di farne una cosa sola. Armonia qui non significa diluire l’originalità dei personaggi, né di esaltare la differenza per amor di differenza. La magia, l’armonia di una famiglia al lavoro, è l’intreccio casuale, provvidenziale, di tanti battiti diversi in una volontà e un sentimento comune. Per ironia della sorte, questo capita già all’inizio del film. Per una volta, i Guardiani sono sin da subito sulla stessa lunghezza d’onda. Depressi.

Star-Lord, per i terrestri Peter Quill (Chris Pratt,) beve perché Gamora (Zoe Saldaña) è tornata ma non si ricorda di lui, non prova più niente e niente vuole averci a che fare. Gamora è una Ravager insieme a Stakar Ogord (Sylvester Stallone) e non fa più comunella con i Guardiani. Nebula (Karen Gillan) ha il solito carateraccio, Groot (in originale Vin Diesel) affina le sue capacità oratorie con ovvi risultati. Mantis (Pom Klementieff) cerca di tenere insieme il team ma fatica, specialmente con una testa dura come quella di Drax il Distruttore (Dave Bautista). Kraglin (Sean Gunn) litiga con la cagnetta, che si chiama (la voce originale è di Maria Bakalova). Il posto in cui si sono arenati i personaggi si chiama Knowhere ed è tutto un programma. Un brutto quarto d’ora per tutti, specialmente per il vero protagonista del film. Rocket (Bradley Cooper).

Rocket non si sente tanto bene. Letteralmente, vittima del brutale agguato ordito ai suoi danni da Adam Warlock (Will Poulter) – benvenuto nell’universo Marvel – reato da “mamma” Ayesha (Elizabeth Debicki) per conto dell’Alto Evoluzionario (Chukwudi Iwuji), svalvolato fascista intergalattico che attraverso una sconsiderata opera di manipolazione genetica insegue il sogno di una società perfetta, lontana anni luce dal caos, dalla corruzione e dall’imperfezione. L’ha chiamata Controterra, la sua fantasia delirante e difettosa. Rocket la conosce bene perché è cresciuto a fianco dell’Evoluzionario. Una buona parte di Guardiani della Galassia: Volume 3  è dedicata alla ricostruzione della traumatica (eufemismo) infanzia del procione parlante. Per svelarne traumi, rimpianti, dolori lancinanti. E gettar luce sul perché di un carattere adorabile ma ispido, non sempre accogliente. Rocket è l’ago della bilancia del film. Salvarlo, proteggerlo dalle mire fosche dell’Alto Evoluzionario, ricostruire un senso forte di famiglia anche in faccia alla morte, al dolore e al trauma dell’abbandono, è il cuore della storia. L’importante è trovare il modo di farsi una risata anche nell’ora più buia. Fortunatamente, James Gunn non ha dimenticato che il suo cinecomic viaggia su vibrazioni colorate e positive. Anche su tanta bella musica.

Il senso per il cinecomic di James Gunn

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La sensazione è davvero quella di dire addio a una band che hai amato sul serio; malinconia, calore e insieme l’impressione che il discorso si sia interrotto al momento giusto. I Guardiani sono quintessenza Marvel Cinematic Universe, per molte ragioni. Perchè la loro natura laterale, non mainstream, ne faceva dei personaggi perfetti per sperimentare un approccio diverso allo storytelling fumettistico: eroi popolari, certo, ma Spider-Man è un’altra cosa. Il che garantiva un margine di manovra più ampio rispetto a eroi e percorsi narrativi schiacciati dal peso di aspettative ingombranti. La cosa che colpisce di più, di Guardiani della Galassia: Volume 3, è la naturalezza con cui il film rende adulte e mature le dinamiche e le relazioni più importanti, senza sacrificare un appeal consolidato fatto di risate, azione e tanto sentimento. Una famiglia allargata e squilibratissima combatte ancora una volta per ciò in cui crede, con un eroismo imperfetto che agevola l’identificazione dello spettatore. Stavolta la più grande prova d’amore è lasciar andare le persone che ami, per quanto male possa fare, perché è giusto così. La fine si avvicina.

James Gunn sembra credere sul serio nelle possibilità e nelle ricompense del genere. Rispetto alle visioni più prestigiose degli ultimi anni, non solo in ambito Marvel, da Sam Raimi a Ryan Coogler, da Christopher Nolan a James Mangold, la sua forza singolare è una sconfinata devozione nei confronti del genere. Vale a dire che James Gunn, diversamente da tanti illustri colleghi, non riversa la sua poetica sul cinema di supereroi interpretandolo come una tappa di passaggio all’interno di un percorso più ampio e che abbraccia mille storie diverse, no, lui del genere si fa viva incarnazione. Il primo, autentico, autore di cinecomic della storia del cinema americano. L’unico, per ora, ad aver decodificato le regole del gioco a un livello di approssimazione molto alto. Una scelta coraggiosa e che nel complesso paga, in questo terzo capitolo, è aver deviato le aspettative generali da quello che sarebbe stato il corso d’azione più ovvio, il problematico rapporto tra Gamora e Star-Lord, preferendo concentrarsi sull’oscuro, oscuro retroterra di Rocket.

Ovviamente non c’è visione autoriale o temperamento artistico che tenga, o quantomeno possa ovviare agli inconvenienti strutturali del prodotto Marvel, sarebbe a dire una generale impressione di gradevolezza che impedisce di scalfire la superficie delle cose. In più, l’inusuale densità della trama impedisce una soddisfazione totale e garantita alla fine della corsa; vale a dire che non tutto è trattato con la stessa attenzione e risulta dello stesso grado di efficacia. Appunti marginali, nel quadro di un’avventura spaziale che gioca con il passato e il presente della saga senza contraddirsi, alimentando più di un punto interrogativo sul futuro dei personaggi ma senza mai dimenticarsi di intrattenere, in maniera calorosa e spontanea. Raramente, a questi livelli, un film ha così tanto cuore.

Guardiani della Galassia – Volume 3: conclusione valutazione

Do You Realize??, sono i The Flaming Lips e la canzone è del 2002, costituisce un altro momento ineludibile nell’architettura emotiva di Guardiani della Glassia: Volume 3. Perché il pezzo va dritto al punto, perché parla del problema che sta al cuore del film e della trilogia. La paura del distacco, la fine dell’amore e insieme la sua celebrazione. La fine che si avvicina è un orizzonte non auspicabile cui i protagonisti rispondono con un doppio eroismo; esteriore e intimo, dei sentimenti. Colpisce la naturalezza con cui Chris Pratt, Zoe Saldaña, Dave Bautista e gli altri giocano con la personalità dei loro eroi, imperfetti perché veri e viceversa. L’impressione è che siano riusciti a trovare, a 9 anni di distanza dal primo film, ancora qualcosa di autentico a raccontare. Non il miglior film della Marvel in assoluto, certo il migliore degli ultimi anni.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.3