Hanno clonato Tyrone: recensione del film con Jamie Foxx
Hanno clonato Tyrone funziona per ritmo e procede con convinzione per tutte le due ore di durata, ammiccando a tutto il mondo della blaxpoitation e di Spike Lee.
Cinema politico e commedia si mescolano in Hanno clonato Tyrone film primo lungometraggio diretto da Juel Taylor, adesso disponibile su Netflix. Fontaine è uno spacciatore di piccolo calibro, amico di Slick, un magnaccia che continua a vivere nei ricordi di vecchi fasti passati e che ha arruolato tra le sue ragazze la celebre Yo-Yo: questi tre personaggi diventano loro malgrado i prodi protagonisti della liberazione del loro quartiere di neri da misteriose forze governative che stanno svolgendo esperimenti sulla popolazione locale. Tutto nasce quando Fontaine viene colpito da un proiettile e chiude gli occhi ma, anziché farlo per sempre, il ragazzo si sveglia nel suo letto. Insieme ai compagni di strada arriva in un appartamento dove scopre un ascensore grazie a cui accedere a un laboratorio segreto dove agenti governativi (rigorosamente bianchi per la quasi totalità) tengono sotto stretta sorveglianza gli abitanti del quartiere e conducono esperimenti medici e sociali: lo stesso Fontaine è stato clonato e, cosí rinato, è sottoposto eventualmente agli ordini incondizionati di un potere politico superiore.
Hanno clonato Tyrone funziona per ritmo e procede con convinzione per tutte le due ore di durata, ammiccando a tutto il mondo della blaxpoitation e di Spike Lee, da cui la regia e la sceneggiatura di Juel Taylor (scritta a quattro mani con Tony Rettenmaier) hanno saputo cogliere la stessa vena comica, con la quale irradiano tutta la narrazione di tre personaggi pronti a diventare eroici paladini della giustizia e dell’uguaglianza. Esteticamente Hanno clonato Tyrone non si lascia sfuggire niente e si immerge completamente nell’ambientazione dei decenni passati, unendo anche una buona dose di azione e sequenze iconiche in cui i protagonisti diventano dei veri supereroi, pur senza tutine colorate o sguardi mascherati. Alle loro spalle continua la vita quotidiana di quello che pare essere un ghetto, in cui le abitudini hanno reso strutturale una divisione sociale quanto mai netta. Il messaggio che Taylor sceglie di trasmettere è chiaro fin da subito e decide di farlo utilizzando un immaginario quanto più vicino possibile quello a cui appartengono gli stessi protagonisti del film. Da Arancia meccanica a Spike Lee, i riferimenti sono tanti e distribuiti nei dettagli per tutta la durata del film, creando un discorso politico pur senza lasciarsi andare a reali digressioni didascaliche, descrivendo insomma un mondo distopico molto aderente alla nostra contemporaneità.
Hanno clonato Tyrone: conclusione e valutazione
Juel Taylor alla guida sia della regia che della sceneggiatura di Hanno clonato Tyrone dimostra di avere le idee molto chiare e di non tirarsi indietro con scelte stilistiche e poetiche molto nette, in funzione del messaggio politico e sociale che ha deciso di portare avanti nel suo film. Al suo fianco il comparto degli attori sa dare vita a una serie di personaggi perfettamente in linea con la storia narrata, in cui i tre protagonisti Fontaine (John Boyega), Slick (Jamie Foxx) e Yo-Yo (Teyonah Parris) svettano per come riescono a rendere realistici delle figure caratteriali che guardano invece in maniera netta al mondo manicheo di certi fumetti. A fare da complemento a questa composizione ci sono anche una colonna sonora e alcune scelte scenografiche che sanno creare un’atmosfera omogenea e organica, in cui tutti gli elementi di Hanno clonato Tyrone dialogano tra loro senza creare cortocircuiti e che, anzi, sanno dare corpo e veridicità a tutta la narrazione del film.