Hard Feelings: recensione del film Netflix di Granz Henman
Da non confondersi con il ben più riuscito ed esilarante No hard feelings, tradotto in Italia come Una fidanzata in affitto, su Netflix è disponibile dal 24 maggio un piccolo film tedesco che tornando sulle tracce dell’ottima Sex Education riflette con discreta irriverenza, demenzialità e leggerezza sugli effetti e le conseguenze della pubertà, tra peni e vagine parlanti ed estremizzazione della sessualità in ambiente liceale
Certamente sulla tematica della pubertà come esperienza universalmente condivisa, nevralgica, caotica, inspiegabile, disastrosa e in qualche modo perfino leggendaria, il cinema, così come la serialità degli ultimi anni ha dimostrato di saper dare il suo meglio, passando per i registri della demenzialità, del grottesco, del dramma e perfino dell’horror.
Basti pensare ad un titolo cardine di quello che a tutti gli effetti è il filone – o genere – adolescenziale, o post adolescenziale, che prima di qualsiasi altro è stato capace di riflettere sui traumi concreti della pubertà, lavorando sulla materia principale di questo discorso, ossia il corpo e ancor più i genitali.
Un film indipendente, scandalistico, orrorifico eppure profondamente centrato sulle conseguenze emotive di un cambiamento fisico e psicologico importantissimo e travolgente capace di imprimere nella memoria – e poi sul corpo – di ciascuno di noi, veri e propri segni, cicatrici, e ricordi, ossia, Denti.
È il 2007 e l’esordiente Mitchell Lichtenstein forte di una vetrina come il Sundance Film Festival presenta al pubblico internazionale uno dei primissimi casi cinematografici di racconto adolescenziale – perciò di scoperta sessuale e identitaria – filtrato dai toni dell’horror e del grottesco.
A metà strada tra il cinema di David Cronenberg per questioni di body horror, la lettura di Stephen King per tutto ciò che è trauma familiare e male celato nella provincia americana, considerata la traccia dell’incesto e la presenza di fabbrica appena alle spalle della città, così come immaginario Lovecraftiano, partendo dalla creatura intracorporea, Denti racconta metaforicamente i turbamenti della pubertà attraverso l’incubo vissuto dalla giovane e bella Dawn O’Keefe (Jess Weixler), la quale si ritrova inaspettatamente a non poter vivere in alcun modo tutto ciò che è sessualità per paura che la sua vagina dentata possa far del male, oppure uccidere gli sfortunati – o coraggiosi – esploratori – del suo corpo.
Laddove il dialogo introspettivo e silenzioso tra Dawn e la propria vagina si relazionava alla morte e più in generale al dolore, al sangue e al male, quello tra Charly (Tobias Schäfer) ed il proprio pene, così come quello tra Paula (Cosima Henman) e la propria vagina, non può che relazionarsi invece al piacere, o comunque alle primissime esplorazioni di un aspetto carnale ed emotivo mai considerato fino ad allora.
Tu parli con il tuo pene? Io parlo con la mia vagina…
È la seconda volta che il regista tedesco Granz Henman si interessa al dialogo tra genitali e individuo. Accade nel 2022 con Porky College: Un duro per amico e si ripete nel 2023 con Hard Feelings.
È cambiato molto poco da allora, se non una maggior possibilità di andare a fondo rispetto a provocazioni sregolate e immorali, così come esplorazione sdoganata di una sessualità giovane estremamente sciocca, libera, gratuita e orfana di quel linguaggio certamente più intelligente, poiché eternamente suggerito e mai realmente esplicito di titoli come Maial College, La rivincita dei nerds, Superbad, National Lampoon’s e American Pie.
Se è vero che negli ultimi anni di cinema e serialità la libertà creativa e autoriale rispetto alla tematica sessuale ha raggiunto e abbattuto limiti e confini in termini di sfrontatezza assolutamente – e fortunatamente – oltre ogni aspettativa, è altrettanto vero che non sempre abusarne risulta essere la scelta più giusta.
Sembra saperlo bene Granz Henman, o al contrario non saperlo affatto, considerato che del suo cinema non ricordiamo nemmeno un titolo, se non costretti ad approfondirne il contenuto per questioni critiche.
Questo perché la traccia narrativa del suo cinema non soltanto sembra non aver impresso alcun segno nella memoria cinematografica internazionale, ma anche perché non risulta essere presente nessuna particolare strategia, acutezza, sensibilità o elemento d’interesse nella sua ricerca, ormai definibile con queste parole: Tu parli con il tuo pene? Io parlo con la mia vagina…
Torna il passaggio infanzia, adolescenza, torna il trauma del nuovo mondo liceale e con esso i turbamenti adolescenziali, i conflitti generazionali, le folli esplosioni ormonali e la scarsa consapevolezza di sé con conseguente sentimento di non appartenenza e inadeguatezza rispetto ad un ambiente caotico e difficoltoso che pullula di leader, bulli e giovani oggetti del desiderio molto spesso contesi tra uno o più individui, desiderosi di sfida oppure di gratuità malignità.
Eppure, nessuna di queste tracce, potenzialmente interessanti se osservate con maturità e ironia, sembra appartenere a ciò che di fatto è Hard Feelings, un film estremamente dimenticabile e superficiale che risponde ad un’idea di cinema piuttosto sciocca e infantile il cui unico strumento sembra essere quello della sfrontatezza.
Poiché risulta inevitabile avvisare, il film non offre niente più di un dialogo a tu per tu, che non è affatto demenziale, soltanto estremizzato e ridicolo tra due amici adolescenti, Charlie e Paula ed i rispettivi genitali.
Improvvisamente risvegliati dal bombardamento ormonale tipico della pubertà, l’unica sfida che i due si ritrovano a dover fronteggiare è infatti quella dell’esplorazione sessuale, più del loro stesso corpo che di altri, a partire dalla masturbazione, fino alla possibilità di abbattere i confini e i limiti della loro stessa amicizia, dandosi piacere l’un l’altra attraverso il sesso che come un ospite indesiderato ha finalmente bussato alle rispettive porte.
Hard Feelings: valutazione e conclusione
Non è mai presente un reale racconto e approfondimento di amicizia nevralgica che il sesso può distruggere – e avrebbe dovuto! – così come non risulta affatto esserci alcuna originalità e provocazione nel dialogo tra uomo-pene e donna-vagina, o ancora nello sfrenato e instancabile abuso di tematiche come la depilazione genitale, l’uso di sex toys e la necessità di ricorrere al dibattito politico del no shaming, e avrebbe potuto.
Basti pensare a titoli come Sex Education e Pam & Tommy, estremamente differenti tra loro, eppure decisamente più convincenti, coraggiosi e ben più feroci e funzionali rispetto ad una volontà provocatoria retta da basi e strumenti di gran lunga più maturi e adulti se confrontati a quelli di Hard Feelings, che tra erezioni improvvise e demenzialità mal riuscita risulta essere soltanto una commedia a metà, estremamente dimenticabile e forse, perfino fortunatamente.
Hard Feelings è disponibile sul catalogo Netflix a partire dal 24 maggio 2023.