Venezia 76 – Hava, Maryam, Ayesha: recensione
Recensione di Hava, Maryam, Ayesha, un film afghano su tre donne, presentato nella sezione Orizzonti del Festival del cinema di Venezia 2019.
Mentre ancora Usa e Afghanistan cercano di contrattare la pace della guerra iniziata nel 2001, a Venezia 76 nella sezione Orizzonti è stato presentato il film Hava, Maryam, Ayesha ambientato proprio nella capitale dello stato, ma Kabul è semplicemente una cornice. Il tema principale è infatti la donna come madre: le tre protagoniste i cui nomi formano il titolo del film sono di diversa estrazione sociale, ma tutte sono accomunate dall’essere incinta. Il loro destino si incrocerà a causa della loro condizione fisica e del loro rapporto con l’amore e con gli uomini. La pellicola diretta dalla regista afghana Sahraa Karimi, che alle spalle ha già il documentario Afghan Women behind the Wheel sempre sul tema dei diritti delle donne arabe, mette la lente di ingrandimento sulla maternità in terra afgana e tutte le problematiche principalmente morali che le donne afgane sono costrette ad affrontare
Hava, Maryam, Ayesha: storia di donne e di essere madre a Kabul
La regia di Hava, Maryam, Ayesha è distaccata; nonostante si tratti di fiction lo stile presenta le tre storie con freddezza, quasi a voler riprendere un’oggettività documentaristica.
Hava è una donna in gravidanza avanzata, il suo pancione ci comunica che il bambino è quasi al termine della gestazione. Nonostante la condizione fisica, la difficoltà a muoversi, la donna è costretta a stare in casa ad accudire i genitori del compagno (il cui padre si rivolge a lei in modo aggressivo), oltre a provvedere per il sostentamento della famiglia e alla gestione della casa. La sua unica gioia è parlare al suo piccolo in grembo, mentre il padre organizza feste in casa e la tratta come una schiava.
Maryam è una conduttrice del telegiornale locale, è di certo una donna affermata e istruita, ma nonostante questa posizione il capo della televisione le propone degradanti lavori da modella. Presto scopriremo che la donna è incinta, ma dopo aver scoperto che il suo compagno la tradiva ha deciso di terminare la relazione amorosa.
Ayesha è giovane, ha trovato il vero amore, non quello combinato, ma se lei ha avuto coraggio e ha tentato di far prevalere i sentimenti ai matrimoni combinati, il suo lui si è tirato indietro. La ragazza si trova in una posizione scomoda: ha un figlio in grembo ed è costretta a sposare suo cugino, che non ama. Ha urgenza di aggiustare questa situazione, così mette via gioielli e soldi per un aborto clandestino che provvederà anche a ricostruirle l’imene e, contemporaneamente, l’onore agli occhi della sua famiglia.
Hava, Maryam, Ayesha: i temi del film sono i diritti delle donne e il loro rapporto con gli uomini
La trama di Hava, Maryam, Ayesha racconta le storie di tre donne che cercano in tutti i modi di combattere con estrema difficoltà la struttura patriarcale afghana e l’idea di una vita predeterminata da accettare senza proteste. La mostra d’arte cinematografica di Venezia non è nuova a queste tematiche e un esempio è il film in concorso The Perfect Candidate, che mostra la storia di un medico donna che nonostante la sua posizione si trova a scontrarsi con una mentalità retrograda.
Il film è completamente afghano ed è di certo un grande esempio per la battaglia per i diritti delle donne: è prodotto dalla stessa regista, ed è interpretato da tre attrici che vivono a Kabul: Arezoo Ariapoor, Fereshta Afshar e Hasiba Ebrahimi. A ogni modo sarebbe bello se, oltre alla fondamentale tematica femminile, la cinematografia del posto potesse virare e raccontare con più attenzione anche gli scenari che riguardano le storie di persone comuni che sono costrette a vivere (e a convivere) con una guerra da ben 19 anni.