Hereditary – Le radici del male: recensione
Dal 25 luglio al cinema Hereditary - Le radici del male, il film horror di Ari Aster di cui non ci dimenticheremo molto facilmente.
La famiglia Graham, composta da Annie (Tony Collette), suo marito Steve (Gabriel Byrne) e i due figli Peter (Alex Wolff) e Charlie (Milly Shapiro), affronta il lutto per la morte della nonna Ellen, strano personaggio dai molti segreti che prima di morire si era occupata di spiritismo. Annie, che viene da una famiglia di stampo matriarcale tutt’altro che estranea ai disturbi psichici, imputa alla madre una serie di colpe, tra cui la crescente tensione che aleggia costantemente tra i membri della sua famiglia. Una sera ha la pessima idea di costringere Peter a portare con sé Charlie, che sembra refrattaria a qualunque stimolo sociale, a una festa con gli amici. La situazione, però, improvvisamente precipita, e forse proprio la defunta progenitrice è l’origine di tutto.
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In un periodo cinematografico piuttosto saturo di film horror, Hereditary – Le radici del male di Ari Aster ha il grande pregio di non farsi dimenticare troppo facilmente. Ci troviamo di fronte a un horror che rivitalizza un genere che viene troppo spesso considerato di serie B o di nicchia, appannaggio di pochi appassionati. Hereditary esce dal pantano dei film horror di serie B per ritagliarsi un posto tra i migliori film dell’orrore degli ultimi dieci anni.
Hereditary – Le radici del male: un horror che rivitalizza il genere
La differenza sta tutta nella struttura, solidissima, della storia: si capisce che Ari Aster padroneggia il genere e sa come usare il tema del film (lo spiritisimo e il satanismo), senza tuttavia cadere nelle trappole della facile inquietudine da jumpscare. Hereditary è benissimo scritto, al punto da prendersi la rivincita dell’inatteso: raramente accade che, guardando un horror, non si riesca a prevedere cosa succede di volta in volta. Qui invece non sappiamo cosa succederà poi: l’inaspettato la fa da padrone. Inoltre, la sceneggiatura ha solide fondamenta, come raramente accade nella maggior parte degli horror da box office, le cui storie spesso sono così esili da dover essere riempite di espedienti per far saltare lo spettatore sulla poltrona. Invece, la storia di Hereditary è talmente tanto robusta che la prima parte parrebbe addirittura troppo lenta e troppo poco ritmata. Il tono horror si accentua (e conseguentemente il ritmo aumenta) nella seconda metà film, quando s’inizia a far sul serio e ci sono scene che possono essere disturbanti anche per gli amanti del genere, con una serie di cene splatter mai fini a se stesse aggiungono inquietudine ad inquietudine.
Hereditary: un film sapiente e originale, di cui fra qualche anno ancora ci ricorderemo
A tutto questo si aggiunga una cura nella messinscena che raramente si denota nel genere dell’orrore. Questo doppio piano del reale e della riproduzione in miniatura, non semplice orpello ma elemento costitutivo e strutturante della storia, è un sintomo importante di questo, così come lo è il sapiente utilizzo delle luci. Al contrario dei soliti horror, dove l’ansia di mettere paura allo spettatore fa spesso tralasciare la cura della scenografia e dei costumi e fa sì che tutto sembri un po’ posticcio, Hereditary non lascia nulla al caso e ha anzi la capacità, davvero rara, di far credere allo spettatore di avere a che fare con una storia vera, aumentandone in tal modo il realismo (e quindi la capacità empatica di chi lo guarda). Tutto questo ci regala un film sapiente e originale, di cui fra qualche anno ancora ci ricorderemo. Gli appassionati godranno fino in fondo per un film che finalmente è capace di uscire dalle secche del genere. Tutti gli altri sappiano che ci vuole un certo stomaco.