His Master’s Voice: recensione del film Cinematographe.it
Un film intimo e spaventoso, che indaga su un'umanità poco allettante ma molto genuina, servendosi di un genere non definito e di un interprete perfetto.
Per Peter (Csaba Polgàr) l’arrivo negli Stati Uniti assieme alla fidanzata Dora (Diana Magdolna Kiss) è apparentemente un’ottima occasione per cercare una seconda vita, una seconda possibilità, per prendersi una pausa dalla vita familiare che lo vede costretto bene o male a prendersi cura del fratello affetto da SLA e da una vita che odia.
Ma nella realtà, sia lui che il fratello hanno in progetto di cercare in tutti i modi di ritrovare il padre, ex scienziato di punta dell’Europa dell’est, rifugiatosi negli Stati Uniti al tempo della guerra fredda e poi scomparso senza lasciare traccia.
Apparentemente His Master’s Voice è un road movie, ma nella realtà a poco a poco lo spettatore viene guidato dentro un universo narrativo ellittico, dove realtà, finzione, sogni, fantasia e ragione si intrecciano senza che allo spettatore sia dato un punto di riferimento iniziale. Ma nonostante questo, anzi forse proprio per questo, His Master’s Voice affascina, rapisce, coinvolge, tiene incollati alla sedia in modo unico, rivendicando un’originalità creativa e una visione di assoluta genuinità.
His Master’s Voice: un film che sa tenere incollati alla poltrona e custodisce in sé l’anima di più generi
Diretto con mano assolutamente impeccabile da György Pálfi, frutto di un enorme lavoro di scrittura a otto mani di Nagy V. Gergö, Stanislaw Lem, György Pálfi e Zsófia Ruttkay, His Master’s Voice unisce a livello di iter narrativo elementi che potrebbero appartenere ad X-Files come a Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, al Kubrick più visionario e filosofico così come all’inquietante mondo di paradossi e verità intangibili di David Lynch.
Pensate sia esagerato? Andate a vederlo e poi ne riparliamo. Prima però dovrete dirci quale altro film di genere (ma esiste un genere per quest’opera?) abbia tanta e tale capacità di colpire l’inconscio, di turbare, di far capire tutto senza però dire fino in fondo niente, di essere ad un tempo immediato ed inaccessibile. Cosa vede Peter? Perché? È tutto vero o solo frutto della sua immaginazione?
His Master’s Voice: un bravissimo Csaba Polgar nei panni del protagonista
Tuttavia non si può negare che in His Master’s Voice, anche grazie ad un’ottima fotografia di Gergely Pohárnok e al montaggio puntuale di Réka Lemhényi, assomigli spesso a un giallo, un’indagine da incubo, dove il protagonista non dona mai certezze allo spettatore.
Un protagonista che ha l’algido ma spiritato e talvolta odioso volto di un bravissimo Csaba Polgar, sensazionale nel donarci il ritratto di un uomo fanatico, ossessionato dal proprio passato, animato da un rabbia che tiene a stento sotto controllo.
Il tema del padre perduto, della ricerca della verità, dell’identità, si mischia sapientemente con un giallo dove i misteri della Guerra Fredda, il complottismo, si uniscono alla fantascienza, alla natura psichedelica pura, al tema del multiverso e dell’intelligenza artificiale. Non secondario poi, il tema della migrazione, dell’altro, del diverso, di come sovente la paura e non la ragione ci guidi nel capire chi e cosa abbiamo di fronte.
His Master’s Voice: un’umanità poco allettante ma genuina e vera
Intimo, a volte commovente, altre volte spaventoso per come racconta lo stato psicologico di chi parte cercando un padre e si trova a che fare con una scoperta scioccante, la più abusata dal tema della fantascienza, ma che riesce comunque a colpire come un pugno allo stomaco lo spettatore.
Siamo davvero soli nell’universo? E se in realtà lo fossimo sulla Terra da sempre? Anche in mezzo agli altri? Quanti dei nostri sogni sono legittimi? Quanti sono solo egoismo inespresso? Il ritratto dell’umanità che His Master’s Voice ci propone è poco allettante ma sincero, genuino, vero.
Un po’ come la visione della realtà, della vita, di queste piccole formiche legate le une alle altre, connesse ad un tutto che gli sfugge e che invano cercano di comprendere ed inquadrare. Un film visionario e non sempre puntuale, ma un film di enorme potenza emotiva.