Venezia 80 – Hoard: recensione del film
Uno strano e intenso legame tra una madre e una figlia è il soggetto del travolgente film di esordio di Luna Carmoon
Madre e figlia sono un’alchimia perfetta di confidenza e amore in Hoard, film drammatico scritto e diretto dalla sceneggiatrice – regista autodidatta Luna Carmoon, che sarà presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia il 2 settembre 2023. I lavori di Carmoon, che ha precedentemente diretto i corti Nosebleed e Shagbands, sono sempre impreziositi di esperienze vissute con forti rimandi al cinema inglese degli anni ’60 – ’70. Anche in questo suo primo lungometraggio disseziona l’assurdo con l’ordinario, radicato nella mitologia delle sue memorie, evocando la stranezza – a tratti inquietante – del familiare. Hoard è stato prodotto da Loran Dunn, Helen Simmons e Andrew Starke; nel cast invece, accanto a Saura Lightfoot Leon nel ruolo della protagonista, ci sono Joseph Quinn, Hayley Squires, Lily-Beau Leach e Deba Hekmat.
Gli oggetti luccicanti raccolti per strada sono il mondo amorevole in cui vivono Maria e sua madre
Love Makes the World Go Round è uno dei brani che compongono la colonna sonora di Hoard. Perché il film presenta al pubblico la storia di un legame singolare e intenso tra una madre e una figlia che, malgrado tutto, riesce a far girare un mondo intero. La storia inizia nelle strade di Londra, nel 1984. La piccola Maria, di 7 anni, e sua madre vivono nel mondo amorevole costruito sullo smistamento dei cassonetti e sulla raccolta di rifiuti luccicanti: il loro salotto di casa ospita una discarica. “Vivono in una costante sensazione di brividi che corrono lungo la schiena, ogni giorno è Natale nel loro piccolo nido d’amore“. Ma una notte la loro fluttuante serenità svanisce. E il film ci sposta nel 1994 e ci fa conoscere una giovane Maria che vive con la madre adottiva. Al rientro dal suo ultimo giorno di scuola, in cima alle scale, la protagonista trova due piedi scalzi ad attenderla: un uomo dall’aspetto insolito che ha l’odore familiare di un trauma – un dolore d’infanzia. Il suo nome è Michael (Joseph Quinn), lo sconosciuto entra nella nuova casa di Maria, riaprendo la porta a traumi passati. E a magia e follia.
Accumulo come massimo atto di amore
Luna Carmoon scrive in fondo una storia di guarigione: del trauma che diventa rifugio; e trova spazio per toccare anche il tema del bullismo in quest’opera che vede la protagonista attraversare “il dolore di esistere”, aggrappandosi agli assalti impetuosi dell’amore che hanno deciso la sua personalità. Gli oggetti raccolti e accumulati con la sua mamma simboleggiano un estremo atto d’amore mentre questo sentimento è vissuto da Maria in maniera stramba e sconcertante: come una grande festa accompagnata dall’allegria carnevalesca con le maschere e le sue filastrocche, in cui però non manca “l’affollarsi di demoni giunti da ogni girone infernale”…
Hoard: valutazione e conclusione
Travolge il soggetto del film in concorso per il Regno Unito alla 38esima edizione della Settimana della Critica. L’entità spiazzante che è Hoard, con il suo realismo magico e i suoi personaggi che utilizzano le cose per “travestire” il dolore, con le sue atmosfere e tonalità emotive e la meticolosità nella costruzione delle inquadrature conquisterà il pubblico e la critica. Sulle note di Let Me Be Your Fantasy il lungometraggio si muove tra destino e speranza; come nel finale, quando la protagonista torna nel suo ambiente familiare in cui ha il controllo (illusorio) di ciò che la circonda – inchiodata per sempre agli oggetti scartati/gettati via dagli altri che nella sua esistenza rievocano invece un legame sacro. E significano amore.