RomaFF12 – Hostages: recensione del film di Rezo Gigineishvili
Hostages è un film presentato durante la 12 edizione della Festa del Cinema di Roma, diretto da Rezo Gigineishvili, con Tina Dalakishvili, Irakli Kvirikadze
Hostages è un film presentato durante la 12 edizione della Festa del Cinema di Roma, diretto da Rezo Gigineishvili, interpretato da Tina Dalakishvili, Irakli Kvirikadze, Giga Datiashvili, Giorgi Grdzelidze e George Tabidze.
Hostages riempie il vuoto di una vicenda drammatica taciuta per tanto tempo, accaduta nel 1983 in Georgia. Un gruppo di ragazzi georgiani desidera da tempo varcare i confini nazionali per poter viaggiare oltre il loro paese, ma ciò era impedito da rigide regole sovietiche che impedivano ad ogni cittadino di espatriare, anche solo per visitare gli stessi paesi dell’URSS. Nika e Anna, desiderosi di sposarsi, organizzano una gita al mare con i loro amici per potersi preparare ad affrontare un fuga in Turchia.
La libertà e la forte urgenza di indipendenza li porteranno su un volo per Batoumi, in prossimità della frontiera turca, ma un imprevisto costringe l’aereo ad atterrare senza varcare i confini della Georgia. Allora questi ragazzi, pur di sfuggire dal regime, dirottano l’aereo sperando che questo li porti a varcare la cortina di ferro e finalmente raggiungere il mondo libero.
Hostages riempie il vuoto di una vicenda drammatica accaduta nel 1983 in Georgia
Hostages è un thriller cupo, in cui il tempo sembra sospeso, serrato nei paradigmi sovietici che la nuova generazione, quella dei jeans, dei Beatles, della ribellione, sente di doversi scrollare di dosso. I ragazzi georgiani non hanno alcun interesse reale nel matrimonio, nei loro vantaggi borghesi, sentono l’esigenza di dover scoprire cose esiste oltre il loro mondo, anche solo attraverso il fumo di una sigaretta. E sarà un desiderio, un bisogno di conoscenza di oltrepassare le soglie consentite a farli compiere questo folle volo, un viaggio dantesco oltre le colonne d’Ercole, il cui esito sarà altrettanto drammatico.
Hostages dipinge una pagina nera della storia georgiana, una vicenda che da pura gioia di vivere si trasforma in una tragedia nazionale. Purtroppo il piano di superare i limiti nazionali fallisce e la disperazione porta i ragazzi ad usare la violenza, implacabile, ingiustificabile. Il compito del regista resta quello di mostrare, di esprimere ciò che imperversava nelle menti dei giovani, che pur appartenenti ad una realtà elitaria, sentono di non avere tutto, sentono la mancanza di una vera opportunità, di un’alternativa.
Hostages è un thriller cupo in cui il tempo sembra sospeso
Ciò che viene realizzato è un’analisi profonda che contrappone generazioni differenti, tra coloro che sono nati e cresciuti tra le imposizioni, i controlli, con l’assenza di libertà di espressione o di proprietà, e tra coloro che in queste regole non si rivedono, trovando assurda l’impossibilità di viaggiare. C’era da un lato un’assuefazione al regime, una comprensione apatica che rendeva i cittadini georgiani immutabili e inadatti al cambiamento, mentre le nuove generazioni erano percorse da un anelito di libertà che, in seguito alla tragedia, fu condannata aspramente dall’opinione pubblica. Condanna che si palesa quando il popolo realizza le dimensioni del dramma, che furono enormi, considerato che il dirottamento portò alla morte di alcuni membri dell’equipaggio, oltre che anche degli stessi dirottatori e di ignari passeggeri.
Rezo Gigineishvili, da georgiano, ha raccontato ed ha analizzato con grande realismo un dramma che ha attraversato un intero popolo, che ha incontrato i dissapori e la contrarietà di molti, ma che il regista ha narrato con neutralità e grande compassione, anche mediante l’uso di una fotografia molto dedita ai chiaroscuri, che ha un grande impatto visivo sullo spettatore.
La genesi della tragedia non fu compresa, quel che si sa è che le conseguenze furono rigide e terribili; il regista è abile nel non rendere i toni oltre modo accusatori nei confronti dei ragazzi, perché sente che nessuno è un carnefice e chiunque abbia vissuto e subito quella realtà è una vittima. Non ci sono moralismi o troppe bulimie politiche, ciò che rende Hostages doloroso e necessario è la descrizione profonda delle anime trafitte dei ragazzi, che non vanno né trattati come eroi né come dei criminali, essendo una precisa conseguenza di un’oppressione costante, avvilente, che li ha portati a compiere qualcosa di estremo.