Venezia 74 – Human Flow: recensione del documentario di Ai Weiwei
Ai Weiwei racconta la realtà dell'immigrazione di massa nel nostro tempo attraverso il film Human Flow, presentato al 74° Festival di Venezia.
Chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dal suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornare.
(Convenzione Onu sui rifugiati – 1951).
Sono milioni i rifugiati. Gente che fugge, che spera, che rimarrà probabilmente alle soglie di un confine spinato, invalicabile. I rifugiati vengono da diverse parti, ma perseguono tutti la medesima aspirazione. Una casa, dei documenti, del cibo sano. Sperano di non dover più bere acqua sporca. I rifugiati sono i protagonisti di Human Flow, il film del regista, artista e attivista cinese Ai Weiwei, che dona con amarezza alla 74ª edizione del Festival di Venezia un prezioso reportage cinematografico sul grande periodo di immigrazione del nostro tempo.
Human Flow – Confini invalicabili e filo spinato nel film denuncia di Ai Weiwei
Accolto su vari suoli, entrato in contatto con centinaia di persone pronte alla fuga e munito di una piccola troupe con cui riprendere il loro viaggio della comprensione, Ai Weiwei assembla un quadro a trecentosessanta gradi sulla disperata situazione dei Paesi Mediorientali e dei suoi sofferenti abitanti, toccando concretamente con mano le condizioni al limite della tolleranza civile, mentre volti sempre più scavati dall’attesa di una nuova vita rimangono impressi sulla piccola telecamera al loro passaggio.
Giungendo a livelli elevatissimi riguardo al numero in costante crescita di persone che tentano miseramente di lasciarsi indietro una guerra che continua a portare soltanto morte e cenere, il regista cinese stila un documento storico che senza finti pietismi, ma con la fredda verità che solo una cinepresa può immortalare, restituisce al pubblico le esperienze fino ai confini non attraversabili verso la democrazia di famiglie disgregate, madri vagabonde e giovani disillusi. Un progetto ambizioso che si concede una lunghezza di due ore e venti minuti per non tralasciare il ben che minimo dettaglio sul più grande fenomeno di migrazione della storia, il quale ha superato oramai il ricordo delle ingenti masse della Seconda Guerra Mondiale.
Human Flow – I diritti umani e il diritto di sapere
Human Flow oltrepassa la superficie che oggigiorno sappiamo di trovare su qualsiasi tipo di notizia, grattando via la parte della convenzionalità giornalistica e mostrando le dinamiche dannose e temibili che nella maggior parte dei casi vengono vergognosamente eclissate: la necessità di dover scappare da una terra insanguinata, le lacrime che racchiudono il desiderio di poter un domani tornare a coltivare la propria terra, il bisogno di uomini e donne di tornare a vivere, a lavorare, a respirare. Ed è esattamente dal momento della partenza che rimangono come immobili. Si muovono su sentieri che conducono ad un confine consapevoli di non poterlo passare. Un limbo dalle esatte caratteristiche dantesche, un’attesa infinita che presenta il rischio di non venir mai ripagata.
Diritti umani è una delle parole chiave che spronano l’artista asiatico Ai Weiwei a girare il mondo, a stringere per mano la fame, ad asciugare il pianto dei ragazzi; non a insegnare, ma semplicemente a mostrare senza eccedere nella facile commozione che non siamo soltanto persone fortunate, ma individui con determinati diritti di cui nessun altro essere al mondo uguale a noi dovrebbe fare a meno. Le immagini, per rendere omogenea e formativa l’opera, integrano le inquadrature con stralci di quotidiani, articoli delle convenzioni Onu e l’apertura su azzurre distese d’acqua, un progetto ambizioso che porta ineluttabilmente alla discussione confidando in un dialogo costruttivo. Il diritto di sapere cosa sta succedendo al nostro mondo e a milioni e milioni di persone.