Hysteria: recensione del film con Devrim Lingnau dalla Berlinale 2025
Presentato alla Berlinale 2025, Hysteria è un film di Büyükatalay, con Devrim Lingnau, sulla manipolazione mediatica e il razzismo in Europa.
Presentato al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2025, Hysteria indaga le sfumature tra verità e menzogna in quello che è un contesto di crescente tensione sia sociale che religiosa. “Come se la polizia credesse a qualcuno di voi…”, queste sono le parole di Lilith (Nicolette Krebitz) riferendosi ad alcuni musulmani immigrati in Germania. Thriller psicologico diretto, scritto e prodotto da Mehmet Akif Büyükatalay, questo prende il via quando, durante le riprese di un film, viene bruciato il Corano.
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La trama ruota, infatti, attorno alla realizzazione di un film provocatorio girato da un regista turco-tedesco, che parla degli incendi a sfondo razzista che colpirono alcune abitazioni e in cui morirono diversi migranti negli anni Novanta. Già vincitore del premio per la Miglior Opera alla Berlinale 2019 con Oray, anche questa volta Büyükatalay parla della vita musulmana in Germania e lo fa con la sua solita maestria. Hysteria è stato presentato, in anteprima, il 15 febbraio alla Berlinale 2025.
Hysteria: la riflessione sulla rappresentazione dei musulmani in Europa
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Quando al Corano viene dato fuoco durante le riprese del film, le comparse arabe si indignano dando il via a tensioni che non fanno che crescere minuto dopo minuto. A restare intrappolata in questo vortice è la giovane stagista di produzione Elif, interpretata dalla bravissima Devrim Lingnau (L’Imperatrice). Senza volerlo, la ragazza si trova sempre più coinvolta in quello che diventa un vortice di sospetti. Al centro, ci sono la riflessione sulla rappresentazione dei musulmani in Europa e il razzismo, oltre alle difficoltà che possono sorgere nell’approccio a questioni politicamente ed emotivamente particolarmente sentite.
La pellicola cerca di esplorare alcuni aspetti della vita tedesca di alcuni membri delle comunità arabe e tedesche, così come di tedeschi di origine turca. Il Corano bruciato è vissuto come un affronto alla religione e alla propria cultura da Majid (Nazmi Kırık), Mustafa (Aziz Çapkurt) e Said (Mehdi Meskar). Per loro è – senza alcun dubbio – un chiaro segnale dell’arroganza occidentale verso culture diverse. Questo gesto di Yigit (Serkan Kaya), nel suo film, viene visto come segno di odio verso l’Islam – Yigit viene definito nazista – ma anche, in un certo senso, di libertà di espressione.
Manipolazione mediatica, fede, identità e la sfida alle convenzioni culturali e religiose
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Si evince, chiaramente, che quasi tutti i personaggi immigrati di Hysteria vivono in Germania da non oltre una generazione. Si considerano, però, anche tedeschi con le loro paure, valori e desideri e, naturalmente, il modo diverso – gli uni dagli altri – di affrontare i conflitti. Come detto, l’atto di bruciare il Corano dà vita ad accuse, sospetti e un mistero che porta gli spettatori a domandarsi chi, effettivamente, sia stato. Il film riesce con facilità a esplorare temi come la fede, l’identità e la manipolazione mediatica, oltre alle conseguenze di una sfida alle convenzioni religiose e culturali.
Nel film, qualcuno dice a Elif che film come quello di Yigit sono realizzati “solo per permettere all’Europa di avere una coscienza pulita”. A ispirare Büyükatalay, ci sono registi come Rainer Werner Fassbinder e Pier Paolo Pasolini proprio per la rappresentazione di realtà sociali. Elif è al centro di tutto: lei che – a differenza del padre che si fida sempre di tutti – sa che, per i propri scopi, tutti potrebbero essere capaci di mentire, pugnalando il prossimo alle spalle.
Hysteria: valutazione e conclusione
Con Hysteria, Mehmet Akif Büyükatalay riesce a creare un’atmosfera claustrofobica – merito anche della fotografia spesso opprimente e buia – dove la paura e i conflitti morali sono protagonisti. La regia sa mantenere alta la tensione, mentre l’interpretazione di Devrim Lingnau – di particolare intensità – dà vita a un personaggio chiaramente impotente al centro di qualcosa più grande. Il film racconta quell’ipocrisia e razzismo velato che, spesso, caratterizzano il dibattito liberale su immigrati e culture straniere. È anche una riflessione sulla psiche umana: ogni personaggio ha la sua verità, la sua versione degli eventi. Non si sa chi dice la verità e chi mente. Ciò che è certo è che, alla fine, si litiga, si appartiene a culture diverse, si parlano lingue differenti ma, davanti alla fine, siamo tutti uguali.