I Famelici (Les affamés): recensione del film Netflix
I famelici è un apprezzabile zombie movie, non approfondito in maniera sufficiente a renderlo un cult
I Famelici (Les affamés il titolo originale) è un film canadese del 2017 diretto da Robin Aubert. Il film si presenta come un classico zombie movie, dall’approccio intimo ed esistenzialista ma con la presenza di diverse sequenze particolarmente violente e sanguinolente. Dopo le presentazioni al Toronto International Film Festival (dove ha conquistato il premio riservato al miglior film canadese) e al Torino Film Festival, I famelici è stato reso disponibile su Netflix a partire dal 2 marzo 2018.
A seguito di una terribile epidemia, la stragrande maggioranza degli abitanti di un piccolo centro rurale del Quebec si è trasformata in un’orda di zombie affamati di carne umana. I pochi sopravvissuti si aggirano per la natura canadese, armati di fucili per abbattere le temibili creature e alla disperata ricerca di cibo e altri superstiti a cui aggregarsi. A distinguersi sono Céline (Brigitte Poupart), decisa ad attirare e uccidere più zombie possibili, Bonin (Marc-André Grondin), in cerca di nuove leve con cui fronteggiare la minaccia, la collerica Tania (Monia Chokri), l’anziano contadino Réal (Luc Proulx) e la piccola orfana Zoé (Charlotte St-Martin). Con la minaccia sempre più pressante degli zombie, i destini dei protagonisti si intersecano indissolubilmente, in un crescente vortice di violenza e dolore.
I famelici: zombie assetati di sangue nelle foreste del Quebec
In un genere ormai saturo come quello dello zombie movie, I famelici tenta di introdurre spunti innovativi e originali, con una potenzialmente interessante commistione fra la brutalità tipica di questo filone e un approccio particolarmente intimo e compassato. Il risultato è una pellicola godibile e ben realizzata, che riesce a percorrere in maniera soddisfacente la naturale evoluzione del genere, partorendo atmosfere sospese e angoscianti e scavando nella particolare condizione interiore dei protagonisti della vicenda, senza rinunciare ad ampie dosi di doveroso splatter. Robin Aubert indugia efficacemente sulla componente naturale, ricorrendo a vetusti ma ben gestiti espedienti come la nebbia, le ombre e gli scricchiolii per generare tensione e inquietudine nello spettatore, per poi fare deflagrare improvvisamente e senza alcun filtro la più animalesca brutalità.
Prendendo liberamente spunto dalle seminali pellicole di George A. Romero e dalle loro derivazioni moderne come The Walking Dead e inserendo piccoli graditi richiami al capolavoro di Robin Hardy The Wicker Man, I famelici mette in scena degli zombie veloci ed estremamente rumorosi, forti di un primordiale concetto di branco e addirittura di una sorta di misterioso culto a cui sembrano aderire, protagonisti delle sequenze più riuscite della pellicola. Peccato che allontanandosi da questi iconici mostri, il film perda gran parte della propria intensità, non per la voluta ed esasperata apatia dei personaggi, perfetta per infondere il clima di sospensione ed eterna attesa cercato dal regista, ma soprattutto per dei dialoghi particolarmente superficiali e scarni e per dei personaggi non adeguatamente approfonditi e studiati, ulteriormente affossati da interpreti decisamente rigidi e inespressivi.
I famelici: un apprezzabile zombie movie, non approfondito in maniera sufficiente a renderlo un cult
Il risultato è una pellicola che procede a due velocità, giustificando ampiamente la sua esistenza nel filone degli zombie movie grazie a una solida regia e ad alcuni notevoli spunti narrativi ma impedendo allo spettatore di creare una reale e tangibile empatia con i protagonisti e con le loro vicende personali.
Tirando le conclusioni, I famelici è un apprezzabile esponente del filone dello zombie movie contemporaneo, capace di infondere sfumature originali ai morti viventi e di trarre il meglio dalle splendide location canadesi, ideali per generare il necessario legame fra l’ambiente e le vicende narrate. Le generose e impetuose ondate di gore fanno chiudere un occhio su una certa superficialità nella gestione dei personaggi e su diversi buchi narrativi, che impediscono però al film di candidarsi a cult del genere.