I racconti di Terramare: recensione del film di Gōro Miyazaki
La recensione de I racconti di Terramare, il film animato di Gōro Miyazaki in cui confluiscono riflessioni e storie care allo Studio Ghibli.
Dei marinai avvistano due draghi in lotta nel mare: vedere queste creature fuori dai loro luoghi deputati è un segno nefasto, che mette in allerta il sovrano del regno alle prese con continue epidemie e carestie. Arren, il figlio del re, in preda a un attacco uccide suo padre rubandogli la spada che, a causa di un incantesimo, può essere utilizzata solo dal sovrano legittimo. In fuga dal paese, Arren conosce Sparviere, con il quale inizia un viaggio fisico e di crescita durante il quale incontrano numerosi pericoli che portano Arren a scoprire la sua vera natura composta, come tutti, di una parte buona e una parte malvagia. Con l’aiuto di altri personaggi incontrati lungo il percorso, Arren trova finalmente redenzione dai suoi errori e torna nel suo regno, dove vede che gli elementi della natura sono riusciti a trovare un nuovo equilibrio, proprio come è riuscito a fare lui stesso. Pur non essendo diretto da Hayao in persona, I racconti di Terramare portano avanti riflessioni e storie legate ai temi cari all’intero Studio Ghibli. Già a partire dal titolo si uniscono gli elementi dell’ecosistema che solitamente si trovano agli antipodi, la terra e l’acqua, indicando come comunque nel processo delle cose si riesca a trovare un equilibrio tra le diverse forze.
I racconti di Terramare: il film animato in cui confluiscono riflessioni e storie care allo Studio Ghibli
I racconti di Terramare nasce nel 2006 (arrivando in Italia l’anno dopo) a partire dalla rielaborazione di alcuni capitoli della saga fantasy Earthsea scritta da Ursula Le Guin a cui già Hayao Miyazaki aveva chiesto l’autorizzazione di adattare alcuni estratti per il grande schermo. Dopo un iniziale rifiuto, la scrittrice autorizzò l’adattamento cinematografico non ottenendo però la diretta partecipazione del celeberrimo regista, sostituito dal figlio Gōro alla realizzazione dell’opera non riuscendo però a eguagliare la maestria del padre. Soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei personaggi, infatti, I racconti di Terramare non riesce a proporre figure iconiche e memorabili oltre ogni idea come succede negli altri capolavori del padre. Eppure gli elementi ci sono tutti, sia a livello tematico che di caratterizzazione dei personaggi: semplicemente il ritmo serrato degli eventi narrati prende il sopravvento. Se lo Studio Ghibli ci ha abituato a film dalle narrazioni complicate e dai continui sconvolgimenti, in questo caso il regista non vince sulla trama finendo un po’ travolto dagli stessi eventi rappresentati. I diversi filoni narrativi prendono il sopravvento sull’opera artistica, rendendo un universo variegato e multicolore, è vero, ma che viene mostrato solo nella prospettiva che coinvolge direttamente i protagonisti, lasciando solo intuire le sue altre molteplici sfaccettature.
I racconti di Terramare: nonostante i tanti aspetti positivi Gōro Miyazaki non riesce a eguagliare il padre
Arren e Sparviere si affermano come gli assoluti protagonisti di I racconti di Terramare ma sono di fatto circondati da diversi altri personaggi che li aiutano a vincere sui loro nemici e sulle loro stesse paure. La caratterizzazione di queste identità collaterali resta confusa, in un labirinto di nomi e personalità che si accavallano tra loro: basti pensare ai loro nomi (Tenar, Therru, Tehanu) per intuire quanto si possano prestare a confusione. I racconti di Terramare non eguaglia il trionfo di colori e fantasia delle altre opere di Miyazaki padre, pur rimanendo un racconto florido e rigoglioso di idee e di intenti. Rispetto al tripudio dei caleidoscopici universi rappresentati da Hayao, però, rimane piuttosto sottotono, con un ritmo che si allunga decisamente perdendo qualche passo e finendo sopraffatto dal susseguirsi delle avventure di Arren e Sparviere.