I viaggi di Gulliver (1939): recensione del secondo film d’animazione in 3D
Immagini dai contorni indefiniti e colori sbiaditi abbandonano come per magia I viaggi di Gulliver (Gulliver’s Travels), un film d’animazione del 1939 – prodotto da Max Fleischer e distribuito nelle sale americane dalla Paramount – che grazie a Sky 3D Vintage torna ad ammaliare bambini e adulti, figli di una generazione in cui il folto vortice della fantasia non soffre della mancanza di mezzi per portarla in auge.
I viaggi di Gulliver, tratto dall’omonimo libro di Jonathan Swift, è il secondo lungometraggio animato della storia del cinema e poterlo rivedere in tv è un piccolo miracolo; vedere affiorare i dettagli, nitidi sullo schermo tenuto in vita da innumerevoli fili elettrici, è un’emozione che non ha eguali e lascia emergere d’impatto la grandezza dell’ingegno e della bravura, la meraviglia che si nasconde dietro le sfumature volute, centellinate dalla penna e dai colori, massacrate dal tempo ma onorate dalla memoria.
Ciò che rende unico questo film d’animazione non è solamente la storia, che nel corso del tempo ha subito riedizioni e adattamenti in grado di farcela apprezzare da ogni angolatura possibile, bensì il modo in cui essa viene resa sulla grande tela della settima arte; tela in movimento perenne in cui i protagonisti partoriti dall’immaginazione si muovono con leggiadra purezza e comica goffaggine.
Ciò che innanzitutto risalta allo sguardo è l’inquadratura in 4:3, che tende a tagliare i contorni laterali riducendo il campo visivo. A questo seguono d’impatto i tratti di una matita minuziosa e impeccabile, la quale raggiunge il suo primo apice di splendore nell’avvicendarsi delle onde che conducono a riva il gigante. I riccioli definiti del mare richiamano (con le dovute proporzioni) le stampe del grande Katsushika Hokusai, che dell’imitazione della realtà fece il suo vezzo.
Sempre di stampo fumettistico sono i volti, le ombre e i colori ‘a macchia’ che ritroviamo in Gulliver, la principessa Gloria e il principe Davide. Questi tre personaggi mostrano una grafica più raffinata degli altri e un amalgama di colori più naturale e godibile, atta a far comprendere come questo trio sia, all’interno della storia, anche ideologicamente più elevato rispetto ai Lillipuziani e agli abitanti di Blefuscu.
Rotoscopio: l’antenato del 3D
Per realizzare questo effetto Fleischer si servì della tecnica del rotoscopio che consiste nell’uso di una doppia pellicola (in poche parole il disegnatore ricalca le scene da una pellicola filmata in precedenza, in modo da conferirgli un aspetto realistico). Questa escamotage, ideata dallo stesso Max Fleischer insieme al fratello Dave, fu impiegata anche in numerose altre opere, come i disneyani Biancaneve e i sette nani e Cenerentola o i video musicali dei Beatles, e fornisce un rudimentale effetto 3D.
Sapere che nessuna grafica computerizzata è intervenuta tra le grazie della fantasia animata, bensì le mani di 700 artisti – che per più di 18 mesi hanno dipinto a mano personaggi e ambientazioni – ci fa apprezzare ulteriormente i dettagli de I viaggi di Gulliver (1939).
Una menzione particolare va dedicata alla musica, composta in totale da 8 canzoni, atte a scandire i momenti della pellicola, secondo uno stile consono anche all’animazione odierna. Le differenti dimensioni tra il personaggio protagonista e i piccoli abitanti di Lilliput colmano con teneri e scherzosi riferimenti ogni angolo della nostra immaginazione e ciò che emerge dalle conversazioni, dalle abitazioni, dalla cura con la quale i Lillipuziani collaborano prima per immobilizzare Gulliver, poi per abbigliarlo, pulirlo e rendergli onore, è semplicemente fantastico.
I viaggi di Gulliver (1939) in 3D ci fa comprendere la bellezza delle piccole cose e, come una minuscola mentina mantecata in bocca alle prime luci del mattino, ci fa scorgere la freschezza di un’unione mai tentata prima.
Così, parallelamente al legame tra le canzoni Fedeltà e Per sempre e al trionfare dell’amore tra la principessa Gloria e il principe Davide, si concretizza il matrimonio tra passato e futuro, in un’abbraccio di tecniche, suoni, colori e magia che non teme il tempo.