Il cammino per Santiago: recensione del film con Martin Sheen

Martin Sheen ritrova se stesso lungo il cammino di Santiago. Un film dalle forti connotazioni religiose, ma capace di un approccio laico che coinvolge e inizia al viaggio.

The way. Nel suo titolo originale, il film di Emilio Estevez tradisce la laicità del progetto. Più universale, la via riguarda tutti e abbraccia la varietà umana che attraversa il cammino per Santiago, dove ogni anno si contano più di centomila pellegrini.  Numero in vertiginosa crescita e inversamente proporzionale a quello dei credenti in chiesa. Laici o praticanti, il cammino continua a emozionare. Ma mentre la letteratura sul percorso spazia dalla poesia al romanzo, al cinema si contano quasi solo documentari (e un bellissimo film di denuncia firmato Luis Bunuel). Capita allora che Martin Sheen, cattolico devoto, attraversi i Pirenei in compagnia del figlio Emilio, arrivi a Santiago e decida sia ora di un film sul cammino. Con i temi di altre pellicole sul trekking, ma nell’ambiguità spirituale di un percorso in cui la religione c’entra tutto, eppure “niente di niente”. Nel 2010 ne esce un film piacevole, parzialmente ispirato ai racconti di Jack Hitt, prodotto dalla Icon di Mel Gibson e votato alla bellezza dei paesaggi. Oltre che al loro inesorabile valore simbolico.

Al suo interno infatti i vezzi del racconto spirituale. In cerca della metafora assoluta, fa significare tutto e niente, affidando ai personaggi la pedanteria di spiegazioni non necessarie. Eppure, Il cammino per Santiago commuove, rifinisce l’idea di pellegrino e inizia al viaggio.

Il cammino per Santiago: un viaggio per cambiare

il cammino per Santiago, Cinematographe.it

Martin Sheen interpreta Tom, un oftalmologo californiano. Visita una paziente e scopre che ha memorizzato le lettere più piccole della tavola ottometrica. Non vuole accettare la cecità. Tom la riprende, ma nonostante il ruolo è il più cieco di tutti. Da subito il film transita nel conflitto. Quello che ci raccontiamo contro la cruda realtà. In mezzo la via da percorrere. “Volevo fare il torero, ma mio padre mi voleva avvocato: non ho fatto nemmeno quello” ammetterà a Tom un albergatore. Ognuno ha una scusa per la vita che vive e per ciò che non ha fatto.  “Da giovane ero troppo impegnata e da vecchia sono troppo stanca” chiosa con disincanto una signora. Tom capisce, è come loro. Ma alla morte del figlio, venuto a mancare in una tempesta lungo il cammino di Santiago, la sua vita cambia. In Francia decide di percorrere l’impervio itinerario che conduce in Galizia. Vuole spargere le ceneri nelle tappe mai raggiunte dal figlio. Senza allenamento si avvia sui Pirenei. “Lo faccio per lui”: il primo errore. Perché, capirà, “il cammino si fa per se stessi”.

il cammino per Santiago, Cinematographe.it

Il cammino per Santiago è un film semplice. Alterna lunghe contemplazioni a dialoghi a incastro. Ogni dubbio espresso ha la sua risposta, l’insolvibile è allontanato dallo schermo. Tom avanza da solo, ma vede il figlio ovunque. Trovata compagnia impara la solitudine. Perché lungo il tragitto si forma un gruppo: Yoost (Yorick van Wageningen) dall’Olanda, Sarah (Deborah Kara Unger) dal Canada e Jack (James Nesbitt) dall’Irlanda. Tom in testa, con il bastone guida il gregge. Le consonanze religiose si spargono. Perde lo zaino con le ceneri nel fiume, tentenna: si tuffa. Un battesimo. Il simbolo di un percorso a tappe. L’opposto dalla vita per buche che Tom attraversava sul comodo caddy da campo di golf.

La via oltre Santiago

il cammino per Santiago, Cinematographe.it

Le divergenze del gruppo animano la vicenda. Sono persone diverse, con ragioni opposte. Nei loro litigi si affacciano lunghi monologhi interiori. Stanno parlando a loro stessi. Ma per arrivare all’assoluto, Il cammino per Santiago gioca con lo stereotipo. L’olandese con l’erba, l’irlandese chiacchierone, rischiano di rammendare semplicità e faciloneria. Nella loro somma il film trova rimedio. L’intensità di alcune scene guidano lo spettatore, distraendolo dal grande spot che il film rappresenta per il Cammino. Messa da parte l’anima più promozionale, condotta con sentimento da Sheen, Il cammino per Santiago ci porta sul mare. Dove “la terra sfuma e sprofonda” il film si libera di molti pesi. Riduce le parole, torna al paesaggio e riconduce al titolo originale. Perché se la via non ha meta, il cammino non può essere (solo) per Santiago. E infatti: stacco, Tom in Marocco. Era cieco, ora vede, e ha attraversato le onde.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.3