Il Codice del Babbuino: recensione del film

Dopo La Rieducazione e Ad ogni costo, il duo registico composto da Davide Alfonsi e Denis Malagnino presentano un nuovo progetto cinematografico sulla periferia romana, ambientato nell’interland di Guidonia, Il Codice del Babbuino, nelle sale cinematografiche a partire dal 17 maggio.

I due registi romani Davide Alfonsi e Denis Malagnino, capisaldi del collettivo Amanda Flor, avevano fatto parlare di sé all’interno del contesto festivaliero della Mostra del Cinema di Venezia, grazie a La Rieducazione nel 2006, diventando un vero e proprio caso all’interno della Settimana Internazionale della Critica. Adesso tornano al cinema con un nuovo intimo progetto: Il Codice del Babbuino., la cui distribuzione è affidata a Distribuzione Indipendente, entusiasta di occuparsi di questo progetto indipendente prodotto dalla Donkey’s Movies, associazione culturale di promozione sociale che nasce dalle ceneri dell’esperienza dell’Amanda Flor.

La storia si dipana interamente attorno alle buie, deserte e abbandonate vie periferiche di Guidonia, dove Denis (Denis Magnino), uomo sulla quarantina, una sera, durante il suo vagabondare, si imbatte nel corpo quasi esanime di una donna la quale, rimasta vittima di uno stupro, è stata abbandonata nelle vicinanze di un campo room con brutalità e ferocia. L’uomo riconosce nel corpo della ragazza la fidanzata dell’amico Tiberio (Tiberio Suma), venticinquenne impulsivo e testardo che fin da subito si metterà alla ricerca di un colpevole, per vendicare la propria compagna. Così ha inizio un errante e disperato viaggio alla ricerca di un responsabile sul quale sfogare pienamente la propria ira.

Come possiamo intuire, i due registi hanno deciso di adottare per i protagonisti i nomi propri di persona degli stessi attori, al fine di creare una connessione tra la finzione e la realtà. Infatti, Alfonsi ritiene questo elemento utile all’impersonificazione con il ruolo assegnato, considerato che la maggioranza degli interpreti sono esordienti e non hanno le conoscenze necessarie nella costruzione di un personaggio; perciò questi attingono dalle loro esperienze individuali per dar vita ad un nuovo soggetto.

Il Codice del Babbuino: una sanguigna e carnale storia di violenza

il codice del babbuino cinematographe

Il Codice del Babbuino è un prodotto di cinema povero, molto materiale e funzionale alla narrazione di una sanguigna storia di vendetta personale; è ambientato quasi interamente all’interno di un’automobile. Fattore, quest’ultimo, che non deve essere affatto limitativo visto che anche altri film hanno ben dimostrato come si possa fare dell’abitacolo di una vettura il luogo ideale per una location, basti pensare a Locke di Steven Knight (2013) o l’italiano 2Night diretto da Ivan Silvestrini (2017), remake dell’omonimo film israeliano di Roi Werner del 2011.

La regia de Il Codice del Babbuino segue uno stile molto carnale, attraverso un uso della macchina da presa che aderisce al corpo dell’attore quasi a sentire tutta la forza oppressiva del mezzo cinematografico; infatti si fa un abbondante uso di campi ravvicinati e stretti. Tuttavia, le inquadrature sono molto sporche, andando spesso a tagliare i volti dei personaggi all’altezza del naso, escludendo in questo modo gli occhi e lo sguardo; così come i movimenti, imprecisi e insistenti, creano un malessere visivo nello spettatore.

Anche la fotografia, inoltre, risulta abbozzata e incoerente nel momento in cui da un passaggio di campo all’altro la luce cambia tonalità, passando da un aranciato ad un verdognolo che va a incidere brutalmente sui volti duri dei personaggi.

Attraverso Il Codice del Babbuino Alfonsi e Malagnino esprimono un grande coraggio negli intenti, creando un prodotto onesto e autentico, tuttavia la forma di realizzazione rispecchia canoni elementari che rischiano di non essere apprezzati dallo sguardo del pubblico.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2