Il consiglio studentesco: recensione del film diretto da Michaël Youn

Il film francese, distribuito in patria con il titolo BDE, è disponibile su Amazon Prime Video

L’evasione dal torrenziale caldo estivo arriva grazie ad Amazon Prime Video che, con Il consiglio studentesco, ci porta sulle nevi di Val Thorens, ambita meta sciistica francese, situata a circa 2.300 metri di altezza (considerata la più alta in tutta Europa). La pellicola diretta dallo stesso regista de Il club dei divorziati e Vive la France, Michaël Youn, da lui scritta assieme a Matthieu Le Naour e Alexandre Coquelle e da lui interpretata al fianco di Héléna Noguerra, Lucien Jean-Baptiste e Vincent Desagnat, è la nuova commedia di produzione franco-belga che, all’ombra dello scarto generazionale e al confronto con il passato, nasconde un’euforica smania per il festeggiamento e la sposta dalle spiagge e dalle case delle confraternite alla stazione climatica di sport invernali situata in Savoia.

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Trama de Il consiglio studentesco

Il consiglio studentesco cinematographe.it

Bob (Michaël Youn), Romane (Héléna Noguerra), Max (Lucien Jean-Baptiste) e Vinz (Vincent Desagnat) sono amici fin dall’adolescenza, fin da quando componevano il consiglio studentesco del NIB (Nantes Institute of Business); a 20 anni di distanza, la vita dei quattro, un tempo volta unicamente alla ricerca e alla soddisfazione degli eccessi e al godimento della propria condizione, pare essere ben più morigerata rispetto alla premesse. Bob in particolare, protagonista del film e leder riconosciuto del gruppo (soprannominato ‘presidente’ in relazione al proprio ruolo all’interno del consiglio), si trova a portare avanti un’esistenza priva d’interesse, priva d’emozione e dominata dal totale controllo su di lui esercitato da parte della moglie e, soprattutto, del suocero, anche titolare dell’agenzia immobiliare per cui egli lavora.

L’unico motivo di sfogo per Bob, contro le proprie frustrazioni, è rappresentato dall’annuale ritrovo organizzato con i 3 compagni, in occasione dello spring break, che questa volta egli decide di organizzare presso un esclusivo e lussuoso chalet, di proprietà del suocero stesso. In un susseguirsi di gag surreali, ai limiti del ridicolo, i 4 non più giovani amici si trovano ad affrontare un folto gruppo di studenti, intenti a replicare le loro vecchie celebrazioni e una serie di personaggi disegnati per rendere la situazione ancor più esilarante: dal losco gruppo di circensi alla burbera gestrice degli impianti sciistici, nonché sindaco della città.

Parodia di sé stesso

Michaël Youn cinematographe.it

Michaël Youn decide di esasperare all’inverosimile il proprio intento umoristico, fino a ritracciare Il consiglio studentesco come parodia di sé stesso. La situazione sempre al limite, sempre orientata verso la liberazione dei propri istinti e verso una più naturale forma di totale abbandono e libertà, sembra riprendere alcuni dei principali dettami dei film dedicati al mondo delle confraternite e all’universo collegiale; da Animal House ad American Pie, da Project X fino ad arrivare a Cattivi vicini, i modelli sono evidenti e ripresi nelle loro forme più estreme.

Dall’ultima delle pellicole citate, peraltro, vengono anche tratti i temi centrali del film: lo scarto generazionale e il complesso passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta. Le difficoltà che i 4 protagonisti vivono nell’affrontare la propria maturità li legano ancor più all’edonico ricordo di una spensieratezza ancorata unicamente al passato, proprio come nel caso dell’opera diretta da Nicholas Stoller, con protagonisti Zac Efron e Seth Rogen.

Il consiglio studentesco: valutazione e conclusione

Pur riconoscendo a Michaël Youn il merito di aver portato in Europa e in piattaforma un po’ di quella leggerezza tipica dei film statunitensi legati al mondo del college, e pur avendo riscontrato alcune situazioni sarcastiche in grado di suscitare il favore del pubblico, riscontriamo una regia ancora fin troppo acerba e direzionata unicamente all’intrattenimento, nonostante il lampante intento provocatorio rispetto allo scarto generazionale e al confronto tra i figli dei nostri tempi e quelli a loro precedenti. L’apporto fotografico e quello sonoro sono probabilmente tra le principali cause dello scarso rendimento del film, come sottolineato dai titoli di testa e dalla conclusione dell’opera, girate, forse appositamente, in maniera quasi grottesca per la propria esagerazione. L’aspetto più positivo del lungometraggio è, probabilmente, quello legato alle interpretazioni che, in alcuni casi, riescono a restituire un minimo di autenticità anche all’assurdo.

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Regia - 1.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 1.5
Emozione - 2

1.9