Il crimine non va in pensione: recensione del film di Fabio Fulco
Il crimine non va in pensione è il primo film da regista di Fabio Fulco e racconta la storia di una banda criminale di over 70. Qui la nostra recensione
Il grande fenomeno della cinematografia italiana degli ultimi anni è stato senza dubbio Smetto quando voglio di Sidney Sibilia: la banda di ricercatori capitanata da Edoardo Leo che, per sbarcare il lunario decide di darsi alla produzione di droga e allo spaccio. Il crimine non va in pensione di Fabio Fulco agisce sulla stessa linea narrativa ma sconvolge le carte in tavola trasformando in una banda criminale un colorito gruppo di over 70.
Il film trova come fulcro il centro anziani romano “La Serenissima”. Lì tra una partita a briscola e una a bocce, la vita prosegue tranquilla, finché la placida atmosfera non viene sconvolta dal ricovero in ospedale di Edda, ospite del centro che accusa un malore dopo aver perso i suoi risparmi scommettendo al Bingo per vincere dei soldi da dare alla figlia in difficoltà. Quando i compagni del centro lo vengono a sapere, decidono di improvvisarsi delinquenti e di derubare il Bingo per aiutare l’amica. L’obiettivo è uno solo: riscattare se stessi e Edda. In fondo non hanno davvero nulla da perdere.
Il crimine non va in pensione è l’opera prima dell’attore Fabio Fulco. Il film porta con sé un cast di vecchie glorie del cinema e del teatro italiano: Stefania Sandrelli, Ivano Marescotti, Gianfranco D’Angelo, Orso Maria Guerrini, Maurizio Mattioli, Salvatore Misticone, Giacomo Piperno, Rosario D’Urso, Silvana Bosi e Gisella Sofio, con la partecipazione straordinaria di Franco Nero. Il tema guida della pellicola – che guarda da una parte al cinema di Tarantino (con citazioni su citazioni) e dall’altra a quello di Totò, ispirazione fondamentale del regista – è la denuncia sociale fatta con la leggerezza della commedia all’italiana, per definizione dolce-amara. Fulco, insieme allo sceneggiatore Fabrizio Quadroli, decide di raccontare due problematiche estremamente moderne: la ludopatia e l’abbandono degli anziani.
Ma è davvero efficace il racconto di Il crimine non va in pensione?
Per l’intero scorrere della pellicola, rimaniamo confusi e indecisi se ciò che ci troviamo davanti sia, effettivamente, un buon prodotto. Il film mischia drammaticità e comicità, ricetta tipica della nostra cinematografia, ma lo fa senza tenere conto di alcune variabili fondamentali. Partendo dalla drammaticità, ci si rende conto che – soprattutto per quanto riguarda l’inizio della pellicola – l’intento è quello di commuovere, di colpire emotivamente lo spettatore, con meccanismi beceri che puntano al pietismo tipico delle pubblicità progresso. Il film sembra strillare in faccia allo spettatore momenti di tristezza in accumulo, senza in fondo un motivo in particolare. Quando si ha a che fare con personaggi anziani, è facile immaginare su quale tipo di emotività Fulco voglia puntare. Insomma, giusta la denuncia, ma nell’arte è indispensabile la giusta misura delle cose.
La stessa cosa vale per la comicità, fatta di caratteristi esagerati, citazioni troppo riconoscibili e momenti confezionati ad hoc per far ridere lo spettatore a crepapelle e che, irrimediabilmente, sortiscono l’effetto contrario. Il crimine non va in pensione è accompagnato sì da tutte le buone intenzioni, ma il risultato finale lascia davvero a desiderare. Fulco ha scelto dei protagonisti interessanti, nomi di spicco del cinema e del teatro italiano, ma ha fallito nel dargli una giusta posizione, un giusto personaggio da rappresentare. Tanto coraggio, tanta tenerezza e voglia di raccontare delicatamente e con impegno delle storie importanti, ma poca consapevolezza del proprio risultato creativo.
Leggi QUI la nostra intervista al regista e al cast di Il crimine non va in pensione.