BFI 2019 – Il Diritto di Opporsi (2019): recensione del film
La recensione di Il Diritto di Opporsi, titolo originale Just Mercy, film del 2019 che racconta una storia vera pregna di razzismo e ricerca di giustizia.
Al London Film Festival 2019 è stato presentato Just Mercy, il film di Destin Daniel Cretton che in Italia uscirà nel 2020 per Warner Bros. con il titolo Il Diritto di Opporsi.
Michael B. Jordan è Bryan Stevenson, un giovane avvocato laureato ad Harvard che decide di recarsi in Alabama per difendere i detenuti condannati ingiustamente. Eva Ansley, una giovane avvocatessa locale interpretata da Brie Larson, lo aiuta in questa sua avventura che si rivela una crociata contro il sistema quando tra i suoi clienti arriva Walter McMillian (Jamie Foxx), un lavoratore padre di famiglia che, nel 1987, viene arrestato per l’omicidio di una ragazza di 18 anni, nonostante la scarsità di prove a suo sfavore: un criminale è l’unico presunto testimone con un movente per mentire. Pertanto occorre ricostruire il caso, andare in giro a raccogliere ulteriori informazioni sull’accaduto, rispolverare materiale conservato in archivio, fino a scoprire nuove piste e nuove prove decisive per una sentenza diversa.
Il Diritto di Opporsi: una storia vera che riflette sul senso di giustizia
Il Diritto di Opporsi è un legal drama tradizionale che porta sul grande schermo una storia vera che spinge a riflettere sul senso di giustizia e sulle fragilità di un paese in un determinato periodo storico in cui il pregiudizio e l’ignoranza facevano perdere di vista la verità. Il giovane avvocato Stevenson è un idealista guidato dal buonsenso e da una sensibilità che a volte vacilla, ma non viene mai soffocata. Con grande dedizione egli incontra una serie di prigionieri per parlare con loro delle varie esperienze che li hanno portati a una vita tra quattro fredde mura, mettendo in secondo piano la sua vita privata. Anima e corpo sono impegnati in questo tentativo di cambiare la storia e salvare un uomo presumibilmente innocente.
I confronti verbali tra Jamie Foxx e Michael B. Jordan costituiscono il cuore del film che, tuttavia, non brilla per una regia coraggiosa e innovativa. Il Diritto di Opporsi, infatti, ricorda vagamente film come Dead Men Walking o Il Miglio Verde, ma si tiene lontano anni luce dalla forma e dal contenuto di questi suoi predecessori. La forza emotiva c’è, ma non è costante.
Una delle scene più coinvolgenti è l’esecuzione di uno dei compagni di prigione di McMillian, per la quale Destin Daniel Cretton sceglie una narrazione lenta e mistica, in cui le pause e i silenzi permettono allo spettatore di vivere in prima persona la discesa verso l’Inferno del povero protagonista. La musica qui, come nel resto del film, ha una funzione narrativa imponente, rivelandosi essenziale anche quando completamente assente. Sullo sfondo l’anima del Sud con la sua ospitalità, il cuore, un senso di condivisione, ma anche dei limiti nell’apertura verso il prossimo soprattutto se appartenente a una cultura diversa. Il razzismo è ben radicato in questa società in cui Stevenson deve cercare di risvegliare le coscienze e dimostrare che il suo cliente McMillian in realtà non deve passare il resto della sua vita dietro le sbarre.
Il Diritto di Opporsi, in un certo senso, è un film diviso in due tra l’interno e l’esterno della prigione. Un paio di scene di Foxx sono abbastanza trasfiguranti da far trattenere il respiro senza accorgersene. I grandi momenti in aula, al contrario, sembrano manifesto di un idealismo americano preconfezionato. Nonostante il magnetismo di Jordan, i discorsi non fanno grande questo film come spesso accade. Tuttavia Il Diritto di Opporsi è un film da vedere che non regala niente di nuovo al panorama cinematografico internazionale, ma permette di far conoscere una storia importante dal punto di vista umano, politico e sociale.