Il Filo Nascosto: recensione del film di Paul Thomas Anderson
Paul Thomas Anderson ricama mistero ed eleganza nel suo ultimo film, Il Filo Nascosto, al cinema dal 22 febbraio.
Il Filo Nascosto è un film misterioso, che cela nelle stoffe dei suoi magnifici abiti segreti che è bene lasciare velati. Il nuovo film del regista Paul Thomas Anderson (qui il trailer) è infatti un intreccio di tessuti e persone che, cucite accuratamente insieme, danno vita a un vestito che ricade perfettamente nella definizione di ciò che si intende per grande cinema. Dopotutto non ci si aspetta altro che questo quando ci si approccia al nome del cineasta, che fin dal primo fotogramma sa entusiasmarci con immagini sublimi ed enfatiche.
L’universo narrato ne Il Filo Nascosto è quello della moda, lo stesso in cui si trova totalmente immerso il prodigioso stilista Reynolds Woodcock (Daniel Day-Lewis), circondato da una schiera di ammiratrici e lavoratrici che ne assecondano ed esaltano il talento più che noto. Un genio nel suo mestiere, da cui trae alimento per la propria esistenza e le proprie ispirazioni, ben collaudate da una circolarità che si consuma sempre precisa, sempre uguale, assecondata dalla costanza ferrea della sorella Cyril (Leslie Manville). Sarà l’arrivo nella sua vita della giovane Alma (Vicky Krieps) a stravolgere le abitudini dell’invalicabile Reynolds Woodcock e ad instaurare un gioco di sentimento e lavoro che verrà continuamente posto sulla soglia del limite.
Il Filo Nascosto – Una fede che vacilla tra amore e morte
Ogni vita è composta da tanti piccoli rituali, cadenzati a seconda dei casi da avvenimenti o esigenze, i quali tuttavia tendono ad incastrarsi rigorosamente negli schemi predefiniti che vanno poi a comporre il quadro sempre ben meticoloso delle giornate, delle settimane, dei mesi. Un principio che Reynolds Woodstock ha imposto a se stesso e ancor di più al suo lavoro, un comporsi di riti che, eseguiti quotidianamente nelle loro tappe, fanno di un qualunque impiego una vera e propria religione. E la fede dello stilista verso la sua professione è quanto mai incrollabile, un muro di idiosincrasie che sono andate a fabbricare un abito su misura, quello di un uomo e il suo animo impenetrabile.
E pronta a scavare, ad arrampicarsi sulla fortezza innalzata dal personaggio di Daniel Day-Lewis, è la giovane protagonista Vicky Krieps, in una visione estrema e nefasta dei sentimenti, in cui il dividersi tra la rigidità dei propri modi e l’abbandonarsi all’apertura emotiva sfilano insieme rasentando il pericolo, mentre indossano vicendevolmente furia e desiderio di sensibilità. Soltanto la morte può considerarsi la condizione dell’amore ed è solamente attraverso la vulnerabilità che l’artista può vivere la possibilità di concedersi all’altro.
Con Il filo nascosto Paul Thomas Anderson tesse una storia fatta di relazioni aggrovigliate, inquadrando con eleganza il legame dei personaggi interpretati da Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Leslie Manville e tutto ciò che in questo silenziosamente si insinua. Inserendo gli attori nella Londra degli anni Cinquanta, in un atelier fatto di scale bianche e stanze in legno, il regista si concentra sugli attori per sottolineare lo svolgersi del film, ossia il restituire al pubblico la sottigliezza dei rapporti familiari e le sue diramazioni, dalla concezione di matrimonio fino al ricordo di chi fin dal passato ci ha segnato.
Il Filo Nascosto – Un Daniel Day-Lewis che tocca il divino
Al centro dell’amore delle due donne, Daniel Day-Lewis dà ulteriore prova che ci sono livelli in cui la recitazione è in grado di toccare il divino. Un attore che viene completamente avvolto dalla pelle del personaggio, fasciandolo, come i vestiti da sera che vanno a ricoprire i corpi delle clienti di Woodcock. Un protagonista che sa invadere lo schermo pur rimanendo nello spazio del proprio protagonista, non dimenticando mai davanti alla camera da presa di essere un uomo dall’esigenza ingestibile, controllato nelle maniere, indifferente, di un’arroganza circoscritta alle parole e allo sguardo.
Il filo nascosto è la magnificenza delle scenografie di Mark Tildesley e i costumi di Mark Bridges che fanno dell’ambientazione della pellicola un mondo di raffinatezza macchiata dall’implacabilità dei desideri, in cui nella fodera delle creazioni dello stilista si nasconde il malsano. Un film di dettagli, di piccole verità poste dietro la sfarzosità della classe. Un’opera da sei nomination ai Premi Oscar.